Nei primi quattro mesi dell’anno i mercati emergenti sembrano aver riconquistato la fiducia degli investitori. Un’inversione di tendenza, dopo un periodo difficile.
In questa prima fase dell’anno, i mercati emergenti stanno piano piano recuperando terreno. Dall’inizio del 2011 in poi, i mercati sviluppati hanno costantemente battuto gli emergenti. Ma in questi primi mesi dell’anno la musica sembra essere cambiata (l’indice MSCI Emerging Market guadagna il 15,4% da gennaio ad oggi).
Fino all’anno scorso, sui mercati emergenti pesavano negativamente tre fattori che stendevano uin velo di grande incertezza:
- il crollo delle materie prime, un freno alla crescita dei principali Paesi esportatori;
- la tenuta economica della Cina;
- il rialzo dei tassi da parte della FED.
Ora le materie prime hanno smesso di crollare, la Cina è ancora in piedi, non è esplosa nessuna crisi di debito societario di aziende dei Paesi Emergenti, e la Federal Reserve ha alzato i tassi (e continuerà a farlo) senza provocare particolari turbolenze sui mercati finanziari. Insomma, lo scenario di rischio è profondamente cambiato per i mercati emergenti.
Questione di fondamentali
Spesso, uscire dai confini nazionali espone gli investitori al rischio cambio e, considerando la volatilità dei cambi dei Paesi Emergenti, è più che legittimo domandarsi se e quanto valga la pena assumersi questo rischio. Attualmente, per la maggior parte degli strategist delle banche d’affari, le valute dei Paesi Emergenti sono considerate complessivamente a buon mercato, specialmente dopo il crollo del 2015. Tuttavia, scomponendo il rendimento total return (ovvero comprendendo i dividendi) dell’indice MSCI Emerging Market dal 2001 ad oggi, l’effetto valuta ha decisamente meno peso dei fondamentali. Traduzione: nel medio-lungo termine contano molto di più la crescita degli utili e il peso dei dividendi.
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Col venire meno del problema delle commodities le aziende hanno ricominciato a macinare utili e gli analisti hanno allo stesso tempo rivisto al rialzo le stime sugli utili per azione. Dato che il livello mondiale il ciclo economico è positivo, il trend di crescita degli utili è in condizioni di proseguire.
Quale impatto sui portafogli?
Nel commento mensile, quando parliamo dei mercati emergenti, abbiamo la tendenza ad identificare i “Paesi Emergenti” con i cosiddetti BRIC (che valgono circa il 50% della capitalizzazione totale degli Emergenti). In verità il panorama è ancora più vasto ed eterogeneo. Perciò, uscendo dai BRIC e allargando lo sguardo sull’insieme dell’indice MSCI Emerging Market, le valutazioni complessive sono leggermente migliori di quelle dei Paesi Sviluppati.
Attualmente la nostra esposizione azionaria verso i Paesi Emergenti si attesta intorno al 10% (variabile a seconda del tipo di portafoglio), perciò considerando che il peso complessivo dell’azionario oscilla tra il 20% e il 50% del totale: non è poco. Tra le riflessioni che faremo nella prossima riunione di asset allocation , ve lo anticipiamo, è inclusa quella volta a capire come e se ci sono le condizioni per incrementare la quota di Mercati Emergenti nei portafogli.