Punti chiave
- L’Italia alla prova del Def. La manovra è stata accolta dei mercati con un certo scetticismo – ma senza drammi – per via dell’aumento dell’indebitamento e per le previsioni di crescita poco credibili.
- La Fed alza i tassi. Come previsto, la Federal Reserve ha alzato i tassi per la terza volta in questo ciclo di politica monetaria portandoli al 2-2,25%. C’è spazio per un altro rialzo prima della fine del 2018, al quale dovrebbero seguirne tre nel 2019.
- La battaglia sui dazi continua. Lunedì 17 settembre Donald Trump ha annunciato nuovi dazi a carico della Cina per circa 200 miliardi, con aliquote del 10%, che saliranno al 25% da gennaio. Dopo più di un mese di trattative, Stati Uniti e Canada sono giunti ad un accordo, dopo quello siglato a fine agosto con il Messico: NAFTA pensionato, ora spazio all’USMCA.
Grafico del mese
Finanziari in difficoltà. Nell’ultimo mese la curva dei titoli di Stato del nostro Paese è aumentata in media di circa 20 punti base: i timori di una manovra oltre i confini stabiliti dall’Europa e utili a non aggravare la nostra (già fragile) situazione finanziaria, si sono riflessi sul nostro mercato obbligazionario.
Qual è il soggetto maggiormente sensibile a questo movimento? Come riportano i dati della BCE, il nostro sistema bancario dalla scorsa primavera è stato il maggior acquirente del debito italiano, in risposta alle massicce vendite di privati e istituzionali stranieri. Con la risalita dei rendimenti che stiamo vivendo in queste settimane, a soffrire quindi sono proprio le banche che si ritrovano ora più ricche di titoli di Stato, con conseguenze negative sugli indici di bilancio e i ratio patrimoniali. In un contesto già fragile (caso NPL), questa ulteriore fonte di incertezza può indebolire il sistema del credito del nostro Paese.
Commento generale
Il mese di settembre si è chiuso con una boccata d’ossigeno per gli Emergenti e per l’Italia, dopo un’estate difficile. Poi, è arrivato il balletto sul Def a riaccendere gli animi degli operatori. Il punto è che lo spread intorno ai 300 punti base e il deficit programmatico al 2,4% per il 2019 non sono di per sé la fine del mondo. Ma, come vi abbiamo detto lo scorso mese, la battaglia in Europa e sui mercati è tutta questione di credibilità. E la credibilità la fanno i numeri ed i progetti. Che non sono oggettivamente un granché.
Dal nostro punto di vista il rischio più grande che nel breve corre l’Italia e la zona euro nel suo insieme è il verificarsi dello scenario da noi ribattezzato (non siamo molto originali) “Tempesta Perfetta” e che consta essenzialmente di:
- Def non convincente;
- acceso scontro politico in sede europea;
- downgrade sul rating del debito sovrano
Non bisogna dimenticarsi che gli scambi sui mercati finanziari sono dominati per la maggioranza da trading algoritmici e, nel momento in cui (per varie ragioni) parte un grosso ordine di vendita, si può generare l’effetto ”palla di neve” che travolge tutto.
Nel complesso, i numeri del Def ci sembrano assai poco credibili, soprattutto sul fonte della crescita economica. Al momento di stesura di questa nota, i mercati non hanno risposto in modo scomposto e la situazione appare ragionevolmente sotto controllo. Ora però la palla passa all’Europa. Per il momento confermiamo quanto detto l’ultima volta: soppesando i vari elementi a nostra disposizione, attribuiamo una probabilità positiva, ma piuttosto bassa, allo scenario da “Tempesta Perfetta”.
Negli USA, le Borse hanno toccato dei nuovi massimi, l’economia cresce – spinta anche dall’effetto della riforma fiscale di Trump – e non ci sono segnali di raffreddamento in vista. Sul fronte della guerra commerciale, le tensioni tra Cina e USA non si sono ancora risolte, ma i danni fino ad ora sono contenuti. Risolta invece la questione relativa al NAFTA. Nell’ultimo giorno disponibile, Stati Uniti e Canada hanno siglato l’accordo già firmato dal Messico: l’USMCA (United States, Mexico and Canada Agreement) dopo 13 mesi di negoziati è realtà. Introduzione di un salario minimo per gli operati del settore automobilistico, quota di produzione di vetture negli Stati Uniti aumentata e esportazioni di latticini più alte. Questi i punti principali del nuovo accordo: un punto a favore del presidente Trump in vista delle prossime elezioni di Novembre.
Le condizioni finanziarie rimangono abbondantemente accomodanti nonostante le banche centrali a livello globale stiano tirando il freno. Il rafforzamento del dollaro USA tiene sotto pressione i Paesi Emergenti, ma il peggio sembra passato.
Valutazione per asset class
Complessivamente, le valutazioni dei mercati azionari si confermano in linea con la media storica. Dal momento che il contesto di crescita rimane favorevole e la crescita degli utili (passati e attesi) è solida, ci sono buone probabilità che il mercato azionario possa continuare a crescere, in assenza di shock legati alla situazione geo-politica.
A livello geografico, gli Stati Uniti stanno diventando sempre più cari, ma il momentum è talmente forte che occorrerebbe uno shock per arrestarlo. Le valutazioni sono più interessanti in Giappone e in Europa, anche se su quest’ultima pesano diversi fattori d’incertezza (Brexit e Italia). Gli Emergenti hanno sicuramente valutazioni fondamentali più interessanti dei Paesi Sviluppati, ma il momentum è fortemente negativo – tra i pochi mercati ad avere multipli attraenti e momentum positivo spiccano Russia e Messico.
Sui mercati obbligazionari pesa, ovviamente, il vento contrario delle banche centrali. Strutturalmente c’è poco valore e il momentum non è dei migliori. In relativo, le obbligazioni governative USA offrono le prospettive migliori: meglio il segmento Investment Grade rispetto a quello High Yield.
Le commodities rimangono l’asset class con le valutazioni migliori, l’energia spicca con un momentum stellare e dei valori fondamentali migliori della media di lungo periodo.
L’euro rispetto al dollaro non ci sembra eccessivamente sottovalutato.
I portafogli
La diversificazione internazionale paga, c’è poco da fare, e in un momento piuttosto difficile tiene in piedi i portafogli, sicché si continua su questa strada.
La combinazione tra valutazioni e rischio sono tali da indurci a restare investiti in azioni sui livelli attuali. Gli indici USA sono ai massimi storici su tutti i fronti (Dow Jones, S&P500, Nasdaq) e lo sono per delle buone ragioni. Nonostante l’Europa abbia dei multipli più interessanti, il “vecchio continente” è il primo fattore di rischio. E non vogliamo assumerci del rischio in più.
Sul segmento obbligazionario, abbiamo deciso di aumentare la qualità sui titoli corporate eliminando la quota di quelli High Yield e puntando maggiormente sull’Investment Grade. Per quanto riguarda le commodities, nonostante le buone valutazioni puntuali, valutazioni più alte, a livello macro, ci inducono a non modificare la posizione: il ciclo economico è solido, ma in fase di rallentamento e questo non è favorevole alle commodities.
[accordion title=”Portafogli Tematici”] Non abbiamo fatto cambi di asset allocation. [/accordion] [accordion title=”Portafogli Tattici”]Abbiamo eliminato l’esposizione all’ETF SPDR BARCL 0-5Y US HI YLD BOND UCITS ETF (IE00B99FL386) per aumentare quella sull’Investment Grade dell’ ETF BARCLAYS GLOBAL AGGREGATE CORPORATE BOND TR (IE00B7J7TB45).
Sul fronte azionario, la tecnologia ha un momentum davvero forte e restiamo quindi fermi sul posizionamento. Per quanto riguarda la Grecia e l’Italia, le valutazioni sono buone, e noi attribuiamo una bassa probabilità all’evento “Tempesta Perfetta”: nel medio-lungo termine hanno ottime probabilità di rivelarsi un ottimo investimento.
[/accordion] [accordion title=”Portafogli Obiettivo”]Non abbiamo fatto cambi di asset allocation.
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