Punti chiave
Il Trono di spade europeo. Superate le elezioni europee, l’attenzione sul Vecchio Continente si è spostata su un altro tema: Commissione europea e BCE. A prendere il posto di Jean-Claude Junker alla Commissione sarà la tedesca Ursula von der Leyen, membro della CDU di Angela Merkel. I suoi obiettivi? Su tutti formare gli “Stati Uniti d’Europa” e un Green Deal per la salvaguardia dell’ambiente. A ottobre invece sarà il turno di Christine Lagarde che prenderà il posto di Mario Draghi alla BCE. Una nomina “a sorpresa”, ma che paradossalmente non dovrebbe destare sorprese in termini operativi: la scelta dell’ex-direttore del FMI è stata fatta all’insegna della continuità con l’operato dell’attuale Presidente.
Banche centrali sotto i riflettori. Sono le protagoniste indiscusse dei mercati da oramai un decennio, e anche questa estate rimangono al centro dell’attenzione. Le tensioni e le incertezze sulla Trade war, Brexit e una sfuggente inflazione hanno richiamato all’ordine BCE e FED, in primis. Da Francoforte, Mario Draghi ha annunciato un possibile prossimo taglio dei tassi, visto l’outlook negativo per il Vecchio Continente e un’inflazione lontana dal target del 2%. Discorso analogo per la FED, prossima ad un taglio del tasso principale in risposta ad un outlook sempre più incerto.
Trade war e Brexit sempre presenti. Le telenovelas su Trade war e Brexit proseguono. Tra USA e Cina proseguono i botta-risposta, con Pechino accusata da Trump di voler attendere fino alle elezioni del 2020 per proseguire con decisioni i negoziati. Sul fronte Brexit, come ampiamente atteso, Boris Johnson è il nuovo Primo Ministro e i timori di una Hard Brexit sono aumentati, benché resti uno scenario di difficile realizzazione: per passare un simile scoglio è necessario il voto del Parlamento, che al momento risulta poco incline ad una tale soluzione.
Grafico del mese
Nella conferenza stampa tenutasi a Francoforte lo scorso 25 luglio, Mario Draghi è stato chiaro: “l’outlook economico dell’Eurozona non fa che peggiorare, soprattutto per i Paesi in cui pesa il settore manifatturiero”. Questo è particolarmente vero soprattutto per la Germania. Come si evince dal grafico sottostante, l’ultimo valore dell’IFO – l’indice della fiducia delle imprese tedesche – ha toccato il minimo degli ultimi dieci anni. Questo è un trend in corso già da qualche mese, ma ora il rallentamento si sta ampliando: a calare non è più solo il settore manifatturiero, ma anche quello dei servizi. A preoccupare è anche l’andamento del mercato del lavoro, che nelle ultime rilevazioni segnala una contrazione.
Commento generale
Il mondo economico/finanziario è finito in una sorta di “sottosopra”, di realtà parallela?
Ci chiediamo questo perché negli ultimi mesi abbiamo assistito a mosse e contromosse sui mercati che non lasciano vedere una chiarezza di fondo. Si naviga a vista.
Pensate, solo lo scorso dicembre la FED operava un rialzo dei tassi e ne annunciava almeno altri due nel corso del 2019. Allo stesso tempo la BCE concludeva gli acquisti del QE e l’inflazione sembrava avvicinarsi sempre più al target del 2% ricercato. E ora, poco più di sette mesi dopo, la realtà è decisamente cambiata.
La FED si appresta a tagliare i tassi per la prima volta dal 2008, la BCE ha annunciato che alla prossima riunione del 12 settembre molto probabilmente assisteremo ad una riduzione dei tassi d’interesse, visto che l’inflazione (un po’ ovunque) latita. Le aspettative a cinque anni vengono corrette al ribasso da inizio anno su entrambe le sponde dell’Atlantico.
L’economia come sta invece? Bene, ma non benissimo. Non a caso il Fondo Monetario Internazionale nelle sue ultime stime di metà luglio ha corretto, nuovamente al ribasso, le stime di crescita. “La crescita globale resta modesta”, con una crescita attesa del 3,2% per l’anno in corso, lo 0,1% in meno della stima di aprile. Soliti fattori di debolezza: Trade war e Brexit con l’aggiunta delle pressioni deflazionistiche, dichiara il Fondo. La crescita rimane, parlare di recessione (come abbiamo già detto) ci pare eccessivo, tuttavia qualche segnale di rallentamento si intravede.
Sui mercati finanziari il quadro rimane positivo. I risultati delle trimestrali fino ad oggi pubblicate segnalano che la crescita degli utili prosegue, e le stime degli analisti vengono battute da risultati migliori delle attese. Inoltre, il ritorno di una politica monetaria più accomodante da parte delle banche centrali è un fattore di supporto per questa asset class. La volatilità rimane sotto controllo e l’obbligazionario non ha registrato particolari scossoni.
Una realtà ricca di chiaroscuri insomma e occhi puntati sugli appuntamenti del prossimo autunno.
Valutazione per asset class
Come accennato in precedenza, sui mercati finanziari non ci sono grandi novità rispetto agli ultimi mesi: l’azionario cresce, l’obbligazionario beneficia dell’ormai ufficiale “ritorno delle banche centrali”, e le materie prime viaggiano a velocità sostenuta: bene i metalli preziosi e gli energetici, in testa il petrolio, rinvigoriti dalle immancabili tensioni geopolitiche.
Sull’azionario, le valutazioni migliori le troviamo nel Vecchio Continente e nell’Asia-Pacifico, con Giappone e Australia a presentare i migliori valori. Positiva anche la dinamica degli Emergenti, guidati dalla Russia, che oggi si conferma il miglior mercato sia per valutazioni fondamentali che per momentum. La spinta del petrolio, arrivata dall’OPEC prima e dalle tensioni con l’Iran, ha dato nuova benzina al Paese, la cui banca centrale ha tagliato il tasso d’interesse principale di 25 punti base (ora a quota 7,25%) come mossa di stimolo all’economia.
Sull’obbligazionario si fa sentire la mano delle decisioni delle banche centrali, con i rendimenti in calo pressoché ovunque, e questa nuova realtà non presenta molte sorprese. Bene i governativi statunitensi ed Emergenti, rispetto a quelli dell’Eurozona; analogo discorso sul fronte corporate, dove il mercato USA presenta migliori valutazioni, soprattutto nel segmento a più alta qualità, l’investment grade.
I portafogli
La corsa del mercato alimenta anche le performance delle nostre soluzioni d’investimento, tutte ampiamente positive da inizio anno, con una crescita media dell’11%.
I risultati migliori li troviamo principalmente nelle soluzioni più a carattere azionario, maggiormente in grado di cogliere il recente momentum del mercato. Meno “slanciata” la performance delle soluzioni più difensive, dove la parte obbligazionaria, soprattutto corporate, risulta un po’ indebolita nell’ultimo periodo, riflettendo le preoccupazioni sul rallentamento dell’industria.
Complessivamente, non abbiamo ritenuto necessario effettuare modifiche a livello strategico delle nostro soluzioni: le attuali composizioni permettono ad ogni portafoglio di rimanere allineato con i rispettivi obiettivi d’investimento. In chiave tattica, nelle soluzioni a più alto rischio dei portafogli “Tattici”, abbiamo chiuso positivamente l’esposizione sulla Germania, rimpiazzata dalla Russia, che al momento risulta uno dei mercati dalle migliori prospettive.
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