Punti chiave
- Giro di boa per la Brexit
Tra meno di dodici mesi il divorzio tra l’Unione Europea e il Regno Unito sarà ufficiale. Politicamente parlando, oggi siamo ancora in alto mare.
Se a dicembre è stata conclusa la prima fase delle negoziazioni, con cui si è stabilito il conto – pari a 55 miliardi di euro – che dovrà versare Londra nelle casse di Bruxelles, la seconda fase inerente agli accordi commerciali è ancora in stallo: a tener banco troviamo l’irrisolta questione attorno al confine tra Irlanda del Nord e Irlanda.
Economicamente parlando invece, il Regno Unito inizia ad accusare qualche battuta di arresto. Il PIL britannico è l’unico in rallentamento tra i paesi del G7 nell’ultimo biennio, l’inflazione sale e i consumi privati diminuiscono.
Nel mentre si fa sempre più forte la voce di un secondo referendum in grado di sovvertire l’esito del giugno 2016. L’incertezza è grande.
- Dazi e sanzioni, la nuova Guerra Fredda
Il grande tormentone di questi ultimi mesi è destinato a proseguire, ancor più rinvigorito. Marzo si era chiuso con l’introduzione di dazi contro la Cina per un valore complessivo di 50 miliardi di dollari, ai quali nelle prime settimane di aprile si sono aggiunti altri 100 miliardi, in risposta alle contromosse di Pechino.
Un botta-risposta che riporta in auge lo spettro del protezionismo sul commercio mondiale: nel mirino degli Stati Uniti non c’è solo la Cina, anche la Russia di Putin è direttamente coinvolta. A causa della delicata questione in medio-oriente, dalla Siria all’appoggio all’Iran, il dipartimento del Commercio statunitense ha inflitto pesanti sanzioni all’industria dell’alluminio russa, la cui contromossa non si è fatta attendere.
In tutto ciò, dalle minute dell’ultima riunione della FED è emersa una chiara preoccupazione circa la recente escalation sui dazi e degli effetti depressivi sul commercio mondiale.
- L’economia c’è, ma non corre più
Il ritmo di crescita che l’economia mondiale sta vivendo oramai da dieci anni è destinato a proseguire anche per questo 2018. Tuttavia qualcosa sta cambiando.
La politica accomodante delle banche centrali sta lentamente venendo a mancare, i tassi tornano a salire e anche la volatilità è di nuovo presente sui mercati finanziari.
Ma non è tutto. Dal fronte macroeconomico gli ultimi dati relativi alla produzione industriale e alla fiducia delle imprese stanno rallentando, sia per i paesi Sviluppati che per i paesi Emergenti, con l’Eurozona a capo della maggior decelerazione.
Tutti segnali che fanno presagire che la fase di forte crescita dell’economia è passata. Tenendo in considerazione i presagi protezionistici degli ultimi mesi, l’attenzione ora è d’obbligo.
Grafico del mese
Si è parlato tanto di ritorno alla normalità per i mercati finanziari, con la volatilità nuovamente presente e la correlazione tra azioni e obbligazioni tornata in territorio negativo dopo alcuni anni. Le cause? La spinta delle banche centrali che sta venendo meno, tassi d’interesse in risalita, inflazione in lieve ripresa e utili ancora positivi.
Una controprova di questa nuova normalità la possiamo leggere anche in un indicatore utilizzato per lo più come metrica di rischio di un portafoglio, lo Sharpe ratio. Nel grafico abbiamo rappresentato l’andamento dell’indicatore relativo ad un portafoglio modello, composto al 60% da una componente legata all’azionario globale e la restante legata all’obbligazionario. Un sunto del mercato finanziario mondiale, insomma.
Gli ultimi mesi del 2017 hanno rappresentato un vero e proprio momento d’oro per i mercati finanziari: volatilità praticamente assente e crescita ininterrotta dei listini. Tuttavia, negli ultimi mesi il vento è cambiato: listini giù, volatilità su e Sharpe ratio che torna sui valori più vicini alla sua media storica. Niente panico quindi, è (di nuovo) tutto nella norma.
Commento generale
Con l’arrivo della primavera è tornato anche il bel tempo sui mercati finanziari. Le questioni politiche e (soprattutto) geopolitiche per ora sembrano essere un tema caro ai salotti politici e dei media, più che alla finanza.
I timori di una vera e propria guerra commerciale sono ancora contenuti: i numeri in gioco sono piccolissimi in confronto alle economie dei paesi coinvolti.
Dal fronte occidentale la voce grossa del Presidente Trump, da quello orientale la lotta per la posizione di Putin, nel mezzo troviamo una Cina sempre più globalizzata (è di questo mese la notizia che il limite del 50% imposto alle partecipate estere è stato annullato) e una Corea del Nord sempre più aperta al dialogo con la Corea del Sud e a breve anche con gli Stati Uniti.
Se dal punto di vista geopolitico il cielo sempre decisamente più terso, da quello economico è presente qualche annuvolamento in più che merita la nostra attenzione. Senza tuttavia eccessivi allarmismi, almeno nel breve termine.
L’economia infatti è in piena fase di maturazione. Negli ultimi anni la crescita è stata sempre più omogenea e diffusa: sia i paesi Sviluppati che gli Emergenti hanno corso, approfittando anche dei bassi tassi applicati dalle banche centrali, le imprese si sono ricapitalizzate e i risparmiatori hanno giovato di rendimenti importanti sia sul segmento azionario che obbligazionario.
Inoltre anche gli ultimi valori delle trimestrali descrivono una realtà positiva, con gli utili in crescita su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico.
Ma non mancano alcune fonti di preoccupazione:
- gli indicatori di fiducia delle principali economie mondiali sono saldamente al di sotto del valore mediano degli ultimi 12 mesi;
- i Surprise Index, utili a valutare le l’effetto sorpresa di dati macroeconomici migliori del previsto, negli ultimi mesi hanno virato in territorio negativo, in particolare per l’Eurozona dove ha raggiunto livelli precedentemente visti solo nel 2012;
- l’impatto della politica fiscale degli Stati Uniti la possiamo considerare double-face: se nel breve termine è valutata positivamente, dato che fornisce nuova benzina all’economia, le perplessità emergono nelle valutazioni di lungo termine.
Era proprio necessaria una così massiccia riforma fiscale in un momento in cui l’economia (comunque) cresce? Quali armi potranno utilizzare gli Stati Uniti in occasione della prossima crisi se utilizzano ora le “munizioni” fiscali?
- Capitolo banche centrali: la BCE si è appena dichiarata “attendista”, confermando la crescita ma anche il ritmo più moderato; la FED invece si trova in bilico sul confine di un inflazione più alta del previsto, che preluderebbe a rialzi dei tassi più repentini; la BoE messa all’angolo dalla Brexit e la BoJ sempre più monopolista del mercato azionario e obbligazionario nipponico.
Per adesso non ci resta che restare attenti osservatori, come il Sig. Jefferis del celebre film di Hitchcock “La finestra sul cortile”.
Valutazione per asset class
Se a marzo avevamo assistito ad un tipico movimento risk off, con vendite sull’azionario e acquisti sull’obbligazionario, ad aprile il ritmo si inverte. Il mercato azionario riprende quota, grazie alla positiva ripresa del fattore momentum e alle migliori valutazioni, migliorate a seguito della correzione degli ultimi mesi.
Sul fronte obbligazionario, il costo del denaro sta risalendo senza strappi e a farne le spese è il mercato obbligazionario internazionale. Le tensioni geopolitiche e commerciali hanno fatto bene alle materie prime, dove il fattore momentum migliora sensibilmente rispetto all’ultimo mese.
Entrando maggiormente nel dettaglio delle singole asset class, sul mercato azionario migliorano le valutazioni dei paesi Sviluppati rispetto agli Emergenti, spinti dalla positiva dinamica del mercato dell’Asia-Pacifico e da alcuni paesi dell’Eurozona (Italia e Grecia su tutti). Sull’obbligazionario le opportunità rilevanti le segnaliamo ancora sul segmento corporate che gode di valutazioni migliori rispetto al governativo, grazie anche al contesto economico/finanziario ancora positivo.
A livello settoriale il tecnologico rimane il leader del mercato: la recente correzione legata allo scandalo Datagate non ha indebolito il settore che, nell’ultimo appuntamento con le trimestrali, ha (ancora una volta) sorpreso positivamente il mercato. Bene anche il settore legato alla sanità e ai beni di consumo.
Persiste la polarizzazione dei settori ciclici e difensivi, con i primi che presentano valutazioni sopra la media e buona spinta di mercato, al contrario dei difensivi dove invece le valutazioni sono più interessanti (a sconto), a discapito però di un momentum più debole.
Per le materie prime, poco è cambiato rispetto allo scorso mese: rilevante rimane il contributo del settore energetico (petrolio in primis), in rialzo a seguito delle recenti tensioni geopolitiche: dalle possibili sanzioni all’Iran all’OPEC – che dovrebbe annunciare ufficialmente la proroga del periodo di produzione a ritmi ridotti per tutto il resto del 2018 – è arrivata la spinta al rialzo per l’oro nero.
[accordion title=” Come si legge il grafico?”] Con l’analisi multicriteria sintetizziamo in un’unica matrice gli indicatori quantitativi che ci permettono di fare una prima scrematura sulle opportunità di mercato offerte dalle varie asset class: azioni, obbligazioni e materie prime; ognuna analizzata in base a quattro criteri:- rapporto prezzi/fondamentali (criteri Value);
- momentum a breve e medio termine;
- analisi del rischio sistemico;
- contesto economico.
In base al punteggio finale ricevuto, le asset class vengono classificate dalla più interessante alla meno interessante. L’analisi multicriteria è solo uno dei tanti strumenti di analisi che utilizziamo per leggere i mercati.
Le scelte finali d’investimento vengono ponderate con l’analisi dello scenario di rischio prospettico e con un’overlay qualitativa (cioè ampie considerazioni non desumibili direttamente e semplicemente dai dati).
[/accordion]
I portafogli
Il positivo momentum vissuto dai mercati finanziari nel mese di Aprile ha portato nuovo ossigeno anche alle nostre soluzioni d’investimento. Le performance degli ultimi 30 giorni risultano infatti tutte in territorio positivo, con le soluzioni maggiormente a carattere azionario (chiaramente) a registrare i migliori risultati.
Grazie al buon livello di diversificazione, i cali sul segmento obbligazionario non hanno intaccato eccessivamente le performance complessive, e anzi, anche per le soluzioni maggiormente a carattere obbligazionario i risultati sono stati comunque positivi.
La diversificazione tra la parte governativa e corporate – sia dei paesi Sviluppati che per gli Emergenti – ha pagato. Da segnalare il contribuito positivo del dollaro, che nelle ultime settimane si è rafforzato sull’euro, assecondando la ripresa delle asset class esposte alla valuta.
Tra i risultati degli strumenti presenti nelle soluzioni maggiormente degni di nota, segnaliamo la performance positiva degli strumenti esposti all’andamento del petrolio e al segmento obbligazionario legato all’inflazione.
Le perdite da inizio anno si stanno lentamente assottigliando, e alla fine del mese di aprile si attestavano al 1,67% medio tra tutti i portafogli, un risultato in linea con la performance media del mercato.
[accordion title=”Portafogli Obiettivo”]Non abbiamo fatto cambi di asset allocation.
[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tematici”]Non abbiamo fatto cambi di asset allocation.
[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tattici”]Non abbiamo fatto cambi di asset allocation.
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