Ne hanno parlato politici, giornali, blog… e alla fine, lo avrete sentito, è arrivata: la Tobin Tax. Alla fine, con la Legge di Stabilità, ne è stata approvata una versione riveduta e corretta. Malamente riveduta e corretta, secondo me.
Ecco, molto sinteticamente, i fatti:
- la Tobin Tax entra in vigore dal 1° marzo 2013 su scambi di azioni, il 1° luglio 2013 sui derivati;
- a pagare è “il soggetto in favore del quale avviene il trasferimento”, cioè l’acquirente;
- vi sono due diverse aliquote: 0,12% per i mercati regolamentati (ma 0,1% dal 2014) e 0,22% per quelli non regolamentati (0,2% dal 2014);
- sono escluse dall’applicazione della tassa la finanza etica e i titoli azionari italiani con capitalizzazione inferiore ai € 500 milioni nel mese di novembre 2012 (saranno colpite quindi circa 70 delle 272 azioni attualmente trattate su Borsa Italiana);
- per i derivati invece l’imposta è calcolata in funzione della tipologia e del valore nazionale del contratto, con un tetto massimo di 200 euro.
Con tali caratteristiche la tassa serve a poco, anzi, è dannosa all’Italia. Per capire perché, semplifichiamo un po’ il problema ed usiamo uno schema che riprende alcuni concetti davvero terra terra di Teoria dei Giochi.
Consideriamo il generico Paese A (può essere l’Italia) e il Resto del Mondo (RdM).
Vediamo cosa capita nel Gioco della Tobin Tax in funzione della decisione di applicare o meno la tassa.
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Emerge con chiarezza che nel gioco della Tobin Tax (per i “geek”, direi che si tratta di un gioco ad informazione completa di tipo semi-cooperativo), si possono avere risultati molto diversi.
La situazione migliore per tutti, la cosidetta “win-win situation”, è rappresentata dal caso in alto a sinistra: quello in cui tutti applicano la Tobin Tax.
Il caso peggiore è invece quello (in basso a sinistra) del Paese A che decide di applicare la Tobin Tax quando invece gli altri Paesi NON la applicano: proprio quanto sta accadendo all’Italia. Sì, perché o questa Tobin Tax viene applicata uniformemente ovunque, oppure non ha senso: tassando i capitali, mobilissimi nel terzo millennio, se ne provoca soltanto lo spostamento (High Frequency Trading incluso) su altre Piazze finanziarie. Londra in testa. Qual è la prima conseguenza dello spostamento dei capitali? Una riduzione del gettito fiscale della tassa, effetto opposto quindi all’obiettivo della Tobin Tax secondo il Governo. Questo lo si impara dall’esperienza della Francia, che ha introdotto la Tobin Tax qualche mese prima dell’Italia e ha visto, appunto, volumi di scambi in calo e scarse entrate nelle casse statali.
Insomma, si creano distorsioni sui mercati finanziari e si penalizza la Borsa Italiana e tutto l’indotto ad essa legato per avere, verosimilmente, un magrissimo gettito fiscale: non un grande risultato, direi. Riprendendo la Teoria dei Giochi, l’Italia ha optato per una soluzione non razionale.
E voi che ne pensate? Commentate il post, la redazione del blog di Advise Only risponderà con piacere.
asca / Gennaio 3, 2013
premesso che questo governo non mi sta simpatico e che condivido in linea teorica le conclusioni dell’ articolo bisogna pero’ considerare che forse vi sono delle distorsioni che redono meno inutile la manovra: per i trader evoluti la manovra non avra’ effetto perche gia’ operano moto su piazze estere, per quelli pigri non avra’ effetto perche’ non fanno speculazioni, quindi effetto netto sara’ quello di frenare le speculazioni sui titoli italiani e affiancare un secondo paese alla Francia con sta tassa e chissa che non ne segua un terzo e cosi via….
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Raffaele Zenti / Gennaio 4, 2013
Speriamo sia come dici tu…
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Walter / Gennaio 4, 2013
Ma vale solo per le azioni italiane o per qualsiasi azione
che ne so quelle USA?
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Raffaele Zenti / Gennaio 4, 2013
Walter, si applica alle azioni italiane “large cap”, cioè oltre una soglia di capitalizzazione (500 milioni di € medi a novembre).
Più precisamente, l’imposta si applicherà, indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti, alle transazioni concluse dal 1 marzo ed aventi ad oggetto azioni emesse da società residenti in Italia (e strumenti partecipativi analoghi). L’imposta non si applica alle azioni e strumenti finanziari emessi da società non residenti in Italia.
Sono inoltre escluse le partecipazioni non azionarie (quote di società a resp. limitata e di società di persone), gli altri strumenti finanziari contemplati dagli artt.2349 e 2447 C.C. e le obbligazioni non convertibili (mentre le convertibili sono contemplate fra i derivati, a quanto abbiamo capito).
Quindi: tranquillo sulle azioni USA…
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Ruggero Rugged / Gennaio 5, 2013
La situazione migliore per tutti, la cosidetta “win-win situation”, NON è rappresentata dal caso in cui tutti applichino la Tobin .
Chi scrive questo articolo omette di raccontare che esistono piazze finanziarie elettroniche interbancarie come la Turquoise o la Chi-X Delta, che non soggette ai vincoli di nessuno Stato. Ed è ovvio che gli scambi si dirotterebbero verso queste Dark pool. Quindi la soluzione dell’equilibrio di Nash del caso in questione è il caso in cui nessuno applichi la Tobin .
Nell’articolo viene omesso anche un particolare molto importante, e cioè che l’Intraday non viene colpita dalla tassa. Perchè si omette? Ancora dimenticanza?
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Raffaele Zenti / Gennaio 7, 2013
Se tutte le principali piazze adottassero la Tobin Tax, la coesione e la comunione d’intenti nella direzione di creare una piccola frizione ai trade (questo è lo spirito originario della tassa) sarebbe tale che i “regulators”, di concerto, interverrebbero sulle cosiddette Dark Pool.
Sinceramente, non mi sono dilungato sull’impatto dell’intraday perché il fatto non aggiunge nulla che non sia stato detto: l’High Frequency Trading esce praticamente intonso dall’applicazione della tassa e chi ne paga più le conseguenze sono gli operatori dell’indotto del trading di taglio “retail” e coloro che continueranno ad operare con discreti volumi sulla piazza italiana.
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Michela Ortiz / Gennaio 9, 2013
Vi segnalo che sul Sole 24 Ore leggo “Le «dark pool» tornano nel mirino dell’authority Usa di autoregolamentazione dei broker”
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Tiziano Carlo Bellemo / Gennaio 7, 2013
La confusione e la strumentalizzazione sulla TT è davvero molta. Sentivo un commento sabato mattina su Rainews 24, testata generalmente molto equilibrata, su questo argomento e l’ho trovato pessimo. Il commento era improntato a concetti che sono quasi slogan, del tipo “far pagare alla finanza e agli speculatori i danni da loro causati”.
Va peraltro detto che era stata già la CE e presentare la Financial Transaction Tax in modo altrettanto bizzarro: “Through the FTT, the financial sector will properly participate in the cost of re-building Europe’s economies and bolstering public finances.” Consiglio la lettura di tutto il testo che accompagna la proposta di FTT.
http://ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/other_taxes/financial_sector/index_en.htm
Condivido l’idea di una tassa che così com’è non va. Per vederne il vero funzionamento, occorrerà aspettare l’introduzione della FTT da parte degli 11 paesi della EU che hanno deciso di applicarla ai regolamenti nazionali.
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Pasquale Rossi / Gennaio 9, 2013
Un punto su cui vorrei attirare l’attenzione riguarda il contributo che tale tassa può dare al processo di riforma del sistema finanziario (di cui è forte il bisogno) volto a ridefinire i rapporti tra finanza ed economia reale su basi eque. Il motivo è legato all’esistenza di due aspetti che rendono di fatti nullo tale contributo: 1) la conflittualità tra gli obiettivi che si vogliono perseguire con la tassa, 2) il comportamento dei responsabili politici europei e nazionali la cui attenzione è rivolta al gettito che la tassa potrà dare e non alla riforma strutturale della finanza che essa potrebbe contribuire a realizzare. Partiamo dal primo aspetto. Innanzitutto questa tassa non diversamente da altre tasse potrebbe (in base a come viene congegnata) avere almeno tre obiettivi: a)far affluire entrate nelle casse dello Stato;b) alterare i comportamenti degli operatori per indurli a rinunciare a quelli dannosi; c) redistribuire reddito e ricchezza. Tuttavia (come accennavo) questi tre obiettivi sono tra loro incompatibili e possono entrare in conflitto. In particolare, relativamente agli obiettivi a) e b): se la tassa fosse congegnata in modo da avere l’effetto di cambiare radicalmente il comportamento degli operatori (cioè frenare la speculazione destabilizzante) il gettito tenderebbe ad annullarsi. Riguardo al secondo aspetto ne sono prove le recenti dichiarazioni dei responsabili politici attenti più a stimare il probabile gettito fiscale. In conclusione, bisogna ancora aspettare, purtroppo, per una tassa in grado di ricondurre il potere finanziario verso la piena compatibilità con un capitalismo ben funzionante e con la “buona società” che la finanza potrebbe contribuire a creare così come auspicava Robert Shiller.
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