Il fantasma di una doppia recessione si aggira per l’Europa già da alcuni mesi. La prima grande recessione è quella del 2008-2009, a partire dal fallimento della Lehman Brothers. Poi c’è stata la ripresa. Dal 2010 però l’andamento del PIL dell’area euro ha registrato una decrescita fino ad assumere valori negativi nella seconda metà del 2012.
La caduta del PIL ha aggravato ulteriormente il peso del deficit di bilancio dei paesi della moneta unica (l’ammontare del deficit pubblico deve essere rapportato al PIL per avere un’idea del deficit corrente di un paese rispetto allo stato dell’economia).
Come già paventato da molti economisti quando le misure di austerity premature furono intraprese, le economie più deboli della zona euro si avviarono in una spirale recessiva – deflazionistica che avrebbe alimentato ulteriori e più pesanti misure restrittive per rientrare dal debito pubblico. L’effetto indesiderato, ma prevedibile, è stato di generare recessione, stime al ribasso del tasso di crescita del PIL anche nel 2013 e la paura di ricadere nella situazione del biennio 2008-2009.
Quali sono le problematiche sottostanti a quest’ analisi che vede l’economia dell’area euro muoversi verso una doppia recessione?
Come mette bene in evidenza De Grauwe in un suo documento dal titolo “How to avoid a double-dip recession in the eurozone”, è importante guardare al comportamento asimmetrico adottato dai Paesi della zona euro per ristabilire gli equilibri. Come viene dimostrato nell’analisi, infatti, gli aggiustamenti della crisi sono a carico principalmente dei Paesi più deboli.
Cerchiamo di spiegare tali asimmetrie facendo riferimento ai dati. Analizziamo l’andamento della competitività tra le diverse economie a partire dal 2000, basando il confronto tra la crescita dei costi del lavoro per unità di prodotto.
Innanzitutto, come già detto in questo blog, all’interno dell’area euro possiamo distinguere due diversi equilibri in cui versano i Paesi:
- Periferia: alti tassi d’interesse, dure politiche di austerity, valori della bilancia delle partite correnti negativi
- Core: storici bassi tassi d’interesse e surplus della bilancia delle partite correnti.
Le politiche di austerità richieste dalla Commissione Europea ai Paesi “periferici” e di mantenimento del bilancio in pareggio ai Paesi “core”, hanno avviato un processo di aggiustamento asimmetrico sostenuto principalmente dai paesi deboli.
L’analisi di questa asimmetria vede le svalutazioni reali interne* messe in atto nei Paesi periferici non compensate da politiche di rivalutazioni reali interne** da parte dei Paesi del nucleo.
I dati della Commissione Europea, infatti, mostrano che mentre i Paesi periferici sono stati “forzati” a ridurre i salari e i prezzi rispetto ai Paesi loro creditori (il nucleo), questi ultimi invece non hanno compensato tale riduzione con un aumento degli stessi. Naturalmente, questa compressione dei salari è avvenuta a scapito dei lavoratori in termini di aumento del tasso di disoccupazione (perdita dei posti di lavoro) e riduzione del PIL. In alcuni Paesi tale processo di svalutazione interna (ad esempio l’Irlanda) non è ancora stato completato, per cui le stime parlano di un ulteriore riduzione dei posti di lavoro e del PIL.
Il grafico che segue mostra com’è variata la competitività di due paesi: Germania ed Italia, rispetto agli altri paesi dell’area euro a partire dal 2000. Notate che quando l’indice del costo del lavoro per unità di prodotto relativo aumenta, significa che il Paese perde competitività rispetto agli altri paesi.
La divergenza come si vede è notevole! La Germania ha sistematicamente guadagnato competitività mentre l’Italia (come Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda) mostra una perdita di competitività. Il risultato per questi paesi è la perdita di quote di mercato estero dove piazzare i propri prodotti e aumento del tasso di disoccupazione.
In conclusione, l’analisi mostra come l’aggiustamento stia avvenendo in maniera asimmetrica con effetti di avvitamento ulteriori all’interno di una spirale depressiva e deflattiva che rischia di riportare l’economia dell’eurozona ad una seconda profonda recessione.
*Reali poiché la svalutazione avviene incidendo sui salari e quindi sui prezzi
**In generale in un’ area valutaria comune in presenza di shock avversi (ad esempio di un crollo della domanda interna) che colpiscono un’ economia dell’area ( immaginiamo che l’area sia costituita da due soli paesi, il ragionamento può essere esteso a più Paesi), l’aggiustamento richiede riduzione dei salari e dei prezzi in un Paese ed un loro aumento nell’altro