I fatti salienti della settimana
Inflazione superiore alle attese. Negli Stati Uniti, a gennaio, l’inflazione è salita dello 0,5% rispetto a dicembre e del 6,4% in confronto a un anno fa: entrambi i dati superano le previsioni degli analisti e sono spinti dagli aumenti dei prezzi di alloggi, gas e carburante.
Quale recessione? Sempre a gennaio, i prezzi alla produzione sono aumentati dello 0,7% rispetto al mese precedente, ben più dello 0,4% atteso. Le vendite al dettaglio negli Usa sono schizzate a gennaio del 3% mese su mese, un dato che va ben oltre le attese dell’1,8% degli economisti.
Tutti numeri che sono stati preceduti da un solido rapporto sul mercato del lavoro. Insomma, i dati macro suggeriscono che l’economia guadagna slancio anziché perderlo. L’idea, ora, è tutto questo spinga la Fed a nuovi corposi incrementi dei tassi d’interesse.
Ulteriori aumenti dei tassi. E infatti, lato loro, i funzionari della Fed hanno sottolineato la necessità di ulteriori aumenti dei tassi per domare l’inflazione.
Il presidente della Fed di Richmond Thomas Barkin ha affermato che “se l’inflazione persiste a livelli ben superiori al nostro obiettivo, forse dovremo fare di più”. E il presidente della Fed di Philadelphia, Patrick Harker, ritiene che i responsabili politici dovranno alzare i tassi d’interesse al di sopra del 5% e possibilmente oltre, proprio per contrastare l’inflazione.
La presidente della Fed di Cleveland, Loretta Mester, ha sottolineato che i tassi dovranno salire oltre il 5% “e restarci per un lungo periodo di tempo”. Il numero uno della Fed di St. Louis, James Bullard, ha detto che considera possibile un aumento di mezzo punto percentuale alla prossima riunione di marzo. Quella contro l’inflazione, ha commentato, è una “lunga battaglia” e sarà “appropriato” alzare i tassi di interesse al 5,25%-5,50% dall’attuale 4,50%-4,75%.
Altra big della Fed al fianco di Biden. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha nominato la vicepresidente della Federal Reserve Lael Brainard come suo principale consigliere economico. L’economista sarà la nuova direttrice del Consiglio economico nazionale (Nec) e succederà a Brian Deese.
In questo modo, come fa notare Bloomberg, salgono a due gli ex funzionari Fed di alto profilo che ora sono nel team presidenziale in ruoli cruciali per la politica economica: l’altro è il segretario al Tesoro Janet Yellen.
Una scelta significativa in una situazione di lotta all’inflazione, e mentre Biden si prepara a una probabile campagna per la rielezione.
E in Europa come va? “Alla luce delle pressioni inflazionistiche sottostanti, intendiamo alzare i tassi di interesse di altri 50 punti base nella nostra prossima riunione di marzo”, ha dichiarato la presidente della Bce Christine Lagarde al Parlamento europeo in occasione della presentazione del rapporto annuale 2022.
E diversi funzionari della Bce hanno sottolineato che non sarà probabilmente l’ultimo rialzo di quello che è già il ciclo di restrizione monetaria più aggressivo nella storia dell’istituzione.
Una conferma della linea restrittiva è arrivata dal bollettino economico diffuso in settimana. Voce fuori dal coro il membro del consiglio direttivo dell’Eurotower Fabio Panetta, che ha invitato a incrementi più contenuti.
Attenti all’occupazione. Nell’ultimo trimestre del 2022, il Pil dell’eurozona è cresciuto dello 0,1% e l’occupazione dello 0,4%. Quest’ultimo dato, certamente positivo perché segnala una tenuta dell’area, rischia però di rappresentare un’ulteriore sfida per la Bce, in termini di contenimento dell’inflazione.
E chiudiamo il cerchio con la Commissione europea, che ha diffuso le previsioni economiche invernali. Per la zona euro è prevista una crescita dello 0,9% quest’anno e dell’1,5% nel 2024. Per l’Italia le stime indicano, rispettivamente, un +0,8% e un +1%. L’inflazione dell’intera Eurozona dovrebbe scendere al 5,6% nel 2023 e al 2,5% nel prossimo anno.
Nuovo capo per la BoJ. Sarà Kazuo Ueda il nuovo governatore della Bank of Japan: è il primo accademico a ricoprire il ruolo in epoca post-bellica e ora ci si chiede se modificherà la politica monetaria ultra-accomodante mantenuta finora dalla terza economia del pianeta.
Sullo sfondo, i prezzi al consumo giapponesi, saliti del 4% a dicembre: il doppio della previsione della banca centrale.
Prestiti alla cantonese. La spinta del presidente Xi Jinping per una ripresa economica guidata dai consumatori cinesi ha incontrato un nuovo ostacolo: i consumatori cinesi.
Dopo che le banche, su sollecitazione di Pechino, hanno iniziato a inondare il mercato con una varietà di prodotti creditizi a basso costo, alcuni debitori ne hanno approfittato per prendere prestiti da destinare non all’acquisto di beni e servizi ma all’estinzione anticipata di mutui o addirittura agli investimenti azionari.
Ciò rischia di compromettere i tentativi di Pechino di costruire una ripresa economica legata ai consumi, mentre peraltro la nazione cerca di rimettersi in piedi dopo tre anni di severe politiche zero Covid.
Come si sono mossi i mercati
I falchi Fed fanno paura. I mercati azionari, sostenuti finora dal miglioramento delle prospettive di crescita e degli utili, hanno risentito della spinta in avanti delle banche centrali, che ha pesato sull’appetito per gli asset di rischio. Avvio in calo per le Borse europee nell’ultima seduta della settimana, in scia alla frenata registrata a Wall Street.
Spread Btp-Bund in rialzo. Sempre venerdì, a inizio seduta, il differenziale di rendimento tra il Btp decennale e il pari scadenza tedesco era a 192 punti base, dai 185 punti base della chiusura di giovedì. Su anche il rendimento, al 4,47% dal 4,33%.
Il recupero del dollaro Usa. Il percorso di rialzi dei tassi prospettato dalla Fed ha contribuito al risollevamento del dollaro, dopo una flessione del 10% registrata nei quattro mesi precedenti: la valuta ha recuperato le perdite del mese di gennaio e adesso è in prossimità dei livelli visti a fine 2022.
Il petrolio è sceso. Le preoccupazioni per il rallentamento della crescita globale, a valle della linea restrittiva delle banche centrali, hanno compensato quelle suscitate dal piano della Russia, che conta di ridurre l’offerta di petrolio in risposta alle sanzioni occidentali.
Il Wti è sceso così sotto i 76 dollari al barile, dopo l’impennata della scorsa settimana. Brent sugli 82 dollari.
Indici azionari | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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FTSE MIB | 1.27% | 8.03% |
MSCI Europe | 0.77% | 2.44% |
S&P 500 | 1.14% | 3.91% |
Nikkei | -1.23% | 4.20% |
Shanghai Composite CSI 300 | -1.11% | -1.46% |
Indici obbligazionari | Performance settimanale | Performance da inizio anno |
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10-yr yield on Italian Bond (BTP) | 4.35% | – |
10-yr yield on US Treasuries | 3.84% | – |
10-yr yield on German Bund | 2.49% | – |
10-yr yield on Eurozone bonds | 2.49% | – |
Spread Btp-Bund | 183.62 punti | 13.20% |
Materie prime | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Oro | 55.14 eur/gr (-0.67%) | -2.77% |
Petrolio Wti | 75.63 usd/barile (0.46%) | -1.24% |
Valute | Performance settimanale | Performance da inizio mese |
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Cambio Eur/Usd | 1,0669 (-0.83%) | -1.41% |
Cambio Eur/Gbp | 0,8881 (0,49%) | 0.19% |
Indici di mercato. Dati aggiornati ore 17.00 del 17/02/23.
I market movers della prossima settimana
Attenzione, in Cina, alle nuove comunicazioni sui tassi. In Europa, fari puntati sull’indice dei direttori degli acquisti del manifatturiero, sulla rilevazione Zew del sentiment sull’economia tedesca, sull’indice Ifo in Germania e sui nuovi dati sull’indice dei prezzi al consumo. Pmi protagonisti nel Regno Unito.
Negli Stati Uniti sarà la volta dell’aggiornamento sul Prodotto interno lordo trimestrale (dato del quarto trimestre dello scorso anno). Focus anche sull’indice dei prezzi per le spese personali principali e sulle vendite di abitazioni nuove ed esistenti.