Dopo essere sceso al di sotto della parità con il dollaro lo scorso settembre, l’euro ha vissuto un intenso periodo di rimbalzo. Una risalita favorita dal calo dei prezzi dell’energia, da un ritrovato ottimismo degli investitori in Europa e da una Banca centrale europea sempre più falco rispetto alle esitazioni del passato.
In rialzo di oltre il 10% negli ultimi tre mesi e mezzo, l’ascesa dell’euro fino all’attuale livello è stata favorita anche da una generale discesa del biglietto verde.
Ma cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi? L’euro proseguirà la sua avanzata o il dollaro opporrà resistenza? Cerchiamo di fare il punto, partendo da quanto successo nel 2022 e dai trend di breve e lungo periodo.
Le mosse della Fed e il dominio del dollaro
Nel 2022 la Federal Reserve ha incrementato i tassi d’interesse di 4,25 punti percentuali, il maggior aumento annuale da quarant’anni a questa parte.
Il crescente divario tra i tassi americani e quelli delle altre economie ha attirato gli investitori verso gli Stati Uniti favorendo il dollaro, mentre l’impennata dei prezzi dell’energia, esacerbata dalla guerra in Ucraina, ha minacciato turbolenze economiche in Europa, intaccando l’euro.
Ora, tuttavia, entrambe le tendenze sembrano essersi invertite.
Il raffreddamento dell’inflazione complessiva negli Usa ha permesso alla Fed di rallentare il ritmo del rialzo dei tassi, con un aumento dello 0,5% a dicembre che ha interrotto quattro incrementi consecutivi dello 0,75%.
Nonostante la cautela espressa da numerosi funzionari della banca centrale americana, i mercati ora prevedono una Fed un po’ più morbida.
E un rallentamento della Fed sui tassi potrebbe essere un grande svantaggio per il dollaro, soprattutto considerando che secondo molti analisti la Bce potrebbe aumentare i tassi al 3,25% entro il terzo trimestre.
Soprattutto, il rendimento del dollaro è direttamente proporzionale all’instabilità globale: in un contesto meno caotico, il biglietto verde è destinato a scendere.
Che anno sarà per la moneta unica?
Tornando all’euro, nel Vecchio Continente le prospettive macroeconomiche sono migliorate. Aiutati dal clima mite, i prezzi del gas naturale in Europa sono crollati dalla fine di agosto ai livelli pre-invasione dell’Ucraina, attenuando i timori di una profonda recessione a livello continentale nel 2023.
A conferma di questo, i nuovi dati dell’indice dei responsabili degli acquisti – il famoso Pmi (Purchasing manager index) – di dicembre hanno mostrato che l’attività del settore privato nell’area euro ha ridotto il suo calo rispetto agli ultimi mesi, il che potrebbe suggerire che una recessione nell’UE sarebbe eventualmente meno grave.
Una maggiore divergenza tra la politica della Fed e l’aggressività della Bce potrebbe aiutare l’euro a salire oltre quota 1,10 dollari. Tuttavia, la persistente minaccia di un aumento dei prezzi dell’energia fa sì che gli analisti rimangano cauti nel prezzare un ulteriore rialzo dell’euro.
Secondo gli esperti, tuttavia, i mercati valutari nel 2023 conosceranno una maggiore volatilità.
Le previsioni son pur sempre previsioni e non fatti
Guardando al futuro, c’è per esempio Wallet Investor che vede la coppia euro/dollaro Usa in potenziale calo e scambiata a una media di 1,071 dollari entro dicembre. Con tutto quello che ci siamo sempre detti a proposito di previsioni: e cioè che sono interessanti da tenere in considerazione, ma non sempre si traducono in realtà. Aspettiamo, quindi, e stiamo a vedere.