Se agosto è stato caratterizzato da acquazzoni sui mercati, a settembre si è scatenata una vera e propria tempesta. La marcia delle banche centrali, con Fed e Bce in testa, ha deluso i listini azionari mondiali che speravano in un rallentamento sui rialzi ai tassi d’interesse. Ma, forse, quello che agita ancora di più gli investitori è non vedere un punto di approdo chiaro in questa politica, che rimane agganciata a dati sull’inflazione poco rassicuranti e alle vicende di una guerra in Ucraina (soprattutto se pensiamo all’Europa) contraddistinte da un’escalation continua delle minacce.
Intanto continua il processo di rafforzamento del dollaro e il mondo obbligazionario sta vedendo lievitare sempre di più i suoi rendimenti, causando non pochi dolori agli Stati più indebitati ma anche a tutti coloro che investivano abitualmente nei bond e sono stati colti di sorpresa dai rialzi fulminei dei tassi d’interesse. L’Europa, nel frattempo, non è riuscita a trovare un accordo significativo per contrastare il prezzo impazzito del gas e i Paesi faticano a trovare le risorse per dare respiro alle loro aziende.
Non va meglio nemmeno in Cina, dove Xi Jinping ha detto alla Russia di essere preoccupato per l’escalation del conflitto in Ucraina e di aspettarsi che le parti dialoghino quanto prima per trovare un accordo.
I fatti salienti del mese di settembre
Si diceva dell’attività delle banche centrali. La Fed, lo scorso 21 settembre, ha deciso per il terzo rialzo consecutivo dei tassi da 0,75% punti base, portandoli ai livelli più alti dal 2008 nella forchetta fra il 3 e il 3,25%. Ha fatto lo stesso la Banca centrale europea, con un ritocco da tre quarti di punto che ha portato i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali all’1,25%. Entrambe hanno confermato che continueranno nella normalizzazione della loro politica monetaria, con l’obiettivo di portare l’inflazione intorno al 2% anche a costo di causare una recessione.
Il mondo, intanto, sta rallentando vistosamente a livello economico: l’agenzia di rating Standard’s and Poor’s ha tagliato le previsioni di crescita dell’Eurozona nel 2023 dall’1,9% allo 0,3%. Per l’Italia è prevista una lieve recessione (-0,1%), con una robusta sforbiciata alla crescita che era prima prevista al 2,1%. Nel nostro Paese, intanto, il 25 settembre si è votato e l’esito del voto ha visto prevalere nettamente la coalizione di centrodestra, trainata dagli oltre 26% dei voti conquistati da Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni che è la candidata numero uno a succedere al premier Mario Draghi.
Intanto l’inflazione continua a mordere: in Europa a settembre era al 10% mentre in Italia è arrivata all’8,9% trainata da un carrello della spesa sempre più caro. Negli Usa, il dato del carovita di agosto ha segnato un +8,3%, peggiore delle aspettative che convergevano sull’8%. Questo ha provocato una forte caduta delle borse mondiali. Nessuna novità su price cap al gas e strategia comunitaria europea in tema di energia. Al contrario, ha fatto molto discutere l’iniziativa unilaterale della Germania, che ha varato un pacchetto da 200 miliardi per proteggere le sue aziende.
In Gran Bretagna, Liz Truss è diventata la nuova premier succedendo a Boris Johnson. Tra i primi atti, ha annunciato un maxi taglio delle tasse, soprattutto a beneficio dei più ricchi, che ha causato una tempesta sulle sterlina, costringendo la Bank of England a intervenire sul mercato comprando titoli di Stato. Perfino l’Fmi ha criticato in modo inusuale la misura, portando infine la Truss a fare retromarcia.
Sullo sfondo, continua intanto la guerra tra Ucraina e Russia. Mosca pare essere in difficoltà e sta perdendo territori e città dopo la controffensiva di Kiev. Nei giorni scorsi, però, Vladimir Putin ha risposto indicendo un referendum farsa, non riconosciuto dalla comunità internazionale, in quattro regioni occupate dell’Ucraina in Donbass. L’esito, scontato e favorevole all’annessione russa, è stato celebrato a Mosca, che si è detta pronta a difendere i nuovi territori anche con l’uso della bomba atomica.
Altro fatto saliente è l’attentato ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 in ben quattro punti, cosa che ha causato fuoriuscite di gas nel Mare del Nord. Sono ancora ignoti gli autori, ma di certo la cosa ha destabilizzato il mercato del gas, con il prezzo del metano che ha ripreso a salire.
Mentre lo scenario peggiora, le cose non vanno molto bene nemmeno in Cina: la Banca Mondiale ha tagliato le stime di crescita per il 2022 solo al 2,8%, un livello estremamente basso per gli standard cinesi. Intanto Pechino, in un vertice a Samarcanda, si è detta preoccupata per la guerra in Ucraina e ha chiesto di rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina e di trovare una soluzione negoziale al più presto.
Come si sono mossi i mercati
In Europa, i listini sono andati parecchio male a settembre. Il Ftse Mib in Italia ha chiuso il mese sotto i 21.000 punti (-4,22% da inizio mese), il Dax tedesco ha perso anche di più (-5,6%). In linea con il Cac 40 francese, che scende del 5,9%.
Negli Usa l’S&P 500 è sceso del 9,3%. Va però meglio del Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha visto una brusca correzione del 10,6% della sua capitalizzazione.
In Asia, il Ftse China A 50 ha visto una perdita del 4,9%. Ancora peggio l’Hang Seng a Hong Kong (-13,69%). In Giappone, il Nikkei ha perso il 7,67%.
Sul fronte obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è salito nel corso del mese fino a toccare quota 3,78% (dal 3,14%). In Europa, lo spread Btp/Bund è salito fino a 244 punti base. Ma sono saliti tutti rendimenti dell’Eurozona: il Btp rende il 4,5%, il Bund tedesco a 10 anni rende il 2,10% e l’Oat francese il 2,73%.
Per quanto riguarda le commodity, l’oro scende a 1633,9 dollari l’oncia. Il gas naturale europeo, invece, è sceso nel corso del mese e ora viene scambiato a 178 euro al megawatt/ora (a inizio settembre era a 265). Il petrolio cala a 88 dollari (da 96) al barile per il Brent. Poco più sotto, invece, il Wti a quota 83 (da 89 dollari).
Sul fronte valute, il cambio il dollaro è a quota 1,02 sull’euro.
Eventi da tenere d’occhio nel mese di ottobre
A ottobre da tenere d’occhio il prossimo meeting della Bce, che si terrà a Francoforte il 27 del mese. Gli analisti si attendono un altro corposo rialzo dello 0,75% ai tassi d’interesse.
Sul fronte banche centrali, l’attenzione rimane focalizzata sui dati dell’inflazione, che potrebbero determinare una maggiore o minore stretta monetaria.
Per quanto riguarda l’Europa, riflettori sulla nuova squadra di governo italiana che si dovrebbe insediare a metà ottobre, per poi iniziare a mettere mano alla manovra di bilancio. Importante il vertice dei capi di governo Ue di Praga del 7 e 8 ottobre dove è attesa, negli auspici, un’intesa per quanto riguarda la riforma del mercato energetico continentale per metterlo al riparo dalle dinamiche speculative.
L’attenzione rimane alta sull’Ucraina, con la controffensiva delle forze di Kiev che continua e la Russia che potrebbe decidere di difendere i territori occupati con le testate atomiche tattiche con il forte rischio di innescare una pericolosissima escalation.