Lo spettro del default aleggia sul Cremlino, mentre il Paese è alle prese con l’invasione militare della vicina Ucraina e con le sanzioni comminate da Usa e Unione Europea in risposta al conflitto.
Ecco, dunque, che inizia a delinearsi il costo economico dell’operazione militare lanciata dal presidente russo Vladimir Putin lo scorso febbraio: il primo default internazionale – quindi sul debito in valuta estera – dai tempi della rivoluzione bolscevica del 1917 (nel 1998 invece, la Russia aveva fatto default sul debito denominato in rubli a seguito di una crisi valutaria). Anche se, almeno per il momento, lo scenario peggiore sembra essere scampato.
Default evitato?
Lo scorso il 16 marzo 2022 scadeva il termine per il pagamento di 117 milioni di dollari di interessi su due obbligazioni sovrane in valuta statunitense. Mosca ha fatto sapere di aver pagato il debito in dollari. Ma non è ancora chiaro se il pagamento sia andato a buon fine e se verrà accettato dagli Stati Uniti.
Il motivo? I fondi utilizzati da Mosca arrivano dalle riserve “congelate” all’estero per effetto delle sanzioni messe in piedi dai Paesi occidentali – Usa e Ue in testa – in risposta all’invasione russa in Ucraina. “La possibilità o l’impossibilità di adempiere ai nostri obblighi in valuta estera non dipende da noi, abbiamo i soldi, abbiamo effettuato il pagamento, ora la palla è nel campo americano”, ha dichiarato il ministro delle finanze, Anton Siluanov.
Le sanzioni statunitensi in realtà, scrive Bloomberg citando un portavoce del Tesoro Usa, non vietano a Mosca di rimborsare il debito in dollari, almeno fino al 25 maggio. Il punto è che cosa accadrà dopo.
Quello di mercoledì infatti era solo il primo di una serie di pagamenti in scadenza: la Russia dovrebbe pagare altri 615 milioni di dollari entro la fine di marzo e, soprattutto, c’è il rimborso finale di un bond per ben 2 miliardi di dollari in calendario per il 4 aprile.
Ora, proprio a causa delle sanzioni, per la Russia potrebbe risultare difficile onorare i suoi debiti, visto che le centinaia di miliardi di dollari di riserve valutarie del Paese sono attualmente congelate all’estero, mentre per molti investitori occidentali è in vigore il divieto di effettuare transazioni finanziarie con il governo di Putin.
Tra l’altro, anche se la Russia dovesse decidere di pagare in rubli – opzione suggerita nei giorni scorsi dal ministero delle finanze – la mossa violerebbe i termini legali delle obbligazioni e farebbe scattare in ogni caso il default. Anche perché la valuta russa in questo momento non se la passa benissimo: nel corso dell’ultimo mese ha perso oltre il 47% sul dollaro arrivando a valere, nel momento in cui scriviamo, meno di un centesimo di dollaro (0,0093 dollari, per la precisione).
Per sapere cosa succederà, comunque, bisognerà aspettare ancora un po’. Sul rimborso dei debiti – sotto i riflettori del mondo come non si vedeva dai tempi del default della Grecia – scatterebbe un “periodo di grazia” di 30 giorni, se la Russia non dovesse pagare entro la scadenza. Un mese in cui, vista la situazione, potrebbe succedere veramente di tutto.
Una situazione impensabile fino a un mese fa
Certo, fa specie pensare che un Paese come la Russia si trovi sull’orlo del default tecnico. Fino a prima dell’invasione dell’Ucraina, avvenuta tra il 23 e il 24 febbraio scorsi, Mosca era agli occhi di tutti un buon investimento (con qualche rischio geopolitico, questo sì).
Il Paese poteva infatti contare su quasi 650 miliardi di dollari di riserve valutarie – che ci sono ancora, ma non sono utilizzabili a causa delle sanzioni – vantava una sfilza di valutazioni di credito investment grade e rastrellava centinaia di milioni di dollari al giorno vendendo il suo petrolio e il suo gas a prezzi vertiginosi.
Poi è successo l’impensabile. I carri armati hanno invaso l’Ucraina e gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati occidentali hanno risposto con sanzioni senza precedenti, congelando due terzi delle riserve della Russia detenute all’estero. Scatenando una pioggia di downgrade da parte delle agenzie S&P Global, Moody’s e Fitch – che hanno declassato il rating del Paese a livello “junk” – e spingendo i titoli governativi russi a passare di mano a circa il 10-20% del loro valore nominale.
(Grafico preso dall’articolo di Reuters: https://www.reuters.com/business/finance/sanctions-savaged-russia-teeters-brink-historic-default-2022-03-16/)
In realtà – va detto – i soldi per onorare il debito Mosca li avrebbe eccome, se non fosse per le sanzioni. E infatti il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha accusato i paesi occidentali di cercare di spingere il Paese verso un “default artificiale“.
Tre scenari per il default
Come accennato, è ancora presto per sapere come andrà a finire. Nell’attesa, gli esperti ipotizzano tre scenari (che valgono per tutti i pagamenti in scadenza):
- La Russia onora il debito in dollari, allontanando – almeno momentaneamente – lo spettro del default. Non è una possibilità così remota, se si pensa che la tranche in questione non è poi così corposa e che negli ultimi dieci giorni colossi statali russi come Gazprom e Rosneft hanno effettuato pagamenti in dollari: insomma, forse Mosca potrebbe riuscire a pagare, se solo pensasse che le conviene farlo.
- La Russia non paga, entrando nel “periodo di grazia” di 30 giorni prima del default. E chissà cosa succederà in quei 30 giorni.
- La Russia paga, ma in rubli e non in dollari. Questo violerebbe termini legali delle obbligazioni e sarebbe paragonato all’inadempienza. Quindi si tornerebbe allo scenario numero 2.
Insomma, le incognite sono molte. Quel che appare chiaro, come rilevano alcuni gestori interpellati dall’agenzia di stampa Reuters, è che il conflitto in atto si sta delineando come uno dei pochi eventi sui mercati emergenti in grado di scuotere davvero i mercati finanziari globali. E questo succede perché la Russia – essendo uno dei maggiori produttori al mondo di materie prime – ha mandato in orbita i prezzi delle commodity e, di conseguenza, l’inflazione globale.
Parallelamente, le sanzioni decise da Usa e Ue rischiano di rendere la Russia una specie di stato paria, emarginato come emittente e in generale come controparte finanziaria, e costretto a guardare centinaia tra le più grandi aziende internazionali lasciare il Paese.
gaetano cantisani / Marzo 17, 2022
L’analisi è corretta . peraltro aggiungerei che , una volta espulsa dal IMF , la Rusia non potrà più farne da conto e quindi da sola si troverà a emettere debito di categoria junk e quindi a tassi elevatissimi . Nel frattempo se l’Europa ridurrà l’acquistao di gas e oil da Mosca , verranno meno quelle entrate e la guerra si fermerà . A questo punto chi pagherà i danni di guerra ( 200 bl o più ) ? la Russia ….WE chi vorrà più sedersi a un tavolo negoziale con un tal Putin ? Nessuno , neanche per trattare l’acquisto di un paio di scarpe. Rusultato finale : povertà …
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Luca Dalla Libera / Marzo 18, 2022
Grazie per le preziose informazioni che ricevo costantemente via mail.
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