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Calcoliamo il malessere dei paesi europei dalla crisi dei mutui subprime ad oggi. Ancora troppe differenze

Lo scoppio della crisi dei mutui sub-prime prima e del debito per i paesi europei dopo ha ulteriormente amplificato le divergenze tra i livelli di benessere e malessere delle nazioni. In questo post cercheremo di spiegare, analizzando la situazione economica dei diversi paesi dell’euro zona, come si è modificato lo stato di benessere di alcuni di questi e dell’Unione Europea nel suo complesso, dallo scoppio della “Grande  Crisi”. A tale scopo, ci focalizzeremo su due grafici:

Prima di addentrarci nei grafici, spieghiamo brevemente quali saranno gli strumenti della nostra analisi.

La curva di Phillips (studiata da Phillips nel 1958 e oggetto di analisi successive da parte di Samuelson e Solow) rappresenta una relazione empirica che stabilisce l’esistenza di una correlazione negativa tra tasso di disoccupazione e tasso d’inflazione (il cosiddetto trade-off ossia a livelli più bassi di inflazione corrispondono livelli crescenti di disoccupazione e viceversa). Semplificando, la curva di Phillips ci dice qual è il livello del tasso di inflazione che la società deve accettare dato un determinato livello del tasso disoccupazione.

L’indice di malessere di Okun ha invece l’obiettivo di fornire un’idea sintetica dell’evoluzione economica di un paese e anch’esso parte dalle stesse misure: il tasso di disoccupazione (u) e il tasso d’inflazione (ṗ). Il calcolo non è altro che una somma delle due componenti (u e ṗ). Un aumento di questo indice, a causa di un maggior tasso d’inflazione e/o disoccupazione, rappresenta un aumento del malessere per la società nel suo complesso. Viceversa nel caso opposto.
L’indice di Okun non è, ovviamente, esente da critiche in relazione alla metodologia di costruzione: ad esempio chi l’ha detto che disoccupazione e l’inflazione sono due “mali” di pari gravità, così come è implicito nella costruzione dell’indice?

Un’ulteriore osservazione riguarda la curva di Phillips; come noterete dai grafici la relazione (non lineare) non è sempre negativa; empiricamente si osserva che in un ottica di lungo periodo e/o a fronte di shock che colpiscono l’economia la correlazione tra tasso di disoccupazione e tasso d’inflazione è mutevole.

Relazione tra tasso d’Inflazione e  di disoccupazione 2007-2012

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germania-piigs-italia-eurozona

Veniamo alla situazione reale, concentrandoci su paesi della zona euro.

In Germania nel periodo che va dall’inizio della crisi sino ad oggi, domina una correlazione positiva tra le due grandezze. Ciò significa che al diminuire del tasso d’inflazione, il tasso di disoccupazione si è ridotto. La Germania ha perseguito politiche economiche in grado di far crescere l’economia senza innescare una crescita dei prezzi (ne abbiamo parlato in un altro post di questo blog: Germania vs PIIGS).

In Paesi come Francia ed Italia invece, almeno fino al 2009, la relazione è stata negativa: ad un rallentamento nel tasso di variazione dei prezzi, si sono registrati aumenti del tasso di disoccupazione, così come prevede la teoria.

Infine, Paesi come Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (PIGS) stanno sperimentando una situazione di stagflazione (cioè contestuale aumento di inflazione e disoccupazione).

La risultante di queste dinamiche mostra per l’area dell’euro nel suo complesso una relazione negativa tra le due grandezze, u e ṗ. Va detto però che, a seguito delle notevoli divergenze che caratterizzano i Paesi dell’Unione, nel secondo trimestre dell’anno, il tasso d’inflazione è stato pari  all’1,3% (livello decisamente basso) a fronte però di un tasso di disoccupazione molto elevato 11,09%. Questo risultato evidenzia la profonda “lontananza” tra l’economia tedesca rispetto a quelle degli altri Paesi dell’euro zona.

Tali differenze si riflettono in diversi livelli di malessere tra i paesi.

Clicca per ingrandire.

indice di malessere di Okun: somma tra il tasso di disoccupazione e tasso di inflazione

Il grafico mostra l’evoluzione dello stato di benessere/malessere di alcuni paesi e dell’Unione Europea nel suo complesso. Nonostante si tratti di aree ristrette e relativamente integrate, si notano ampi divari fra i paesi a causa delle differenze strutturali delle economie considerate e la fragilità finanziaria dell’euro sistema.

So what?

Dai grafici si intuisce che se la Germania accettasse un livello dei prezzi più elevato (al costo di un maggiore tasso di disoccupazione) ne beneficerebbero in termini di crescita e di benessere i Paesi periferici della zona euro.

La Germania potrebbe:

  1. permettere alla BCE di comportarsi come vero prestatore di ultima istanza;
  2. favorire una migliore crescita salariale (in senso contrario alla politica di moderazione salariale finora adottata che si è tradotta in un diverso grado competitività tra i paesi della zona euro).

In conclusione, emerge la necessità di un coordinamento delle politiche economiche tra i vari paesi dell’eurozona in senso cooperativo. Questo si tradurrebbe in un aumento del benessere complessivo dell’area euro e dell’UE.

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Ultimi commenti
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    Italia e Spagna stanno prioprio male! E gli altri PIIGS? E poi, quali sarebbero i problemi dell’indice di Okun?

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      Ciao
      Michela, grazie per le domande. Gli altri Paesi della Periferia come scrivo nel
      post stanno soffrendo entrambi ‘ i mali ‘ per cui come puoi capire il livello
      di malessere sofferto dai loro cittadini è alto.
      L’indice di Okun non è esente da critiche che impongono una riflessione quando lo si
      utilizza per misurare il livello di malessere di una collettività:

      1.l’indice pone sullo stesso piano la disoccupazione e l’inflazione attribuendo lo stesso peso (pari ad uno) ai due “mali”. Questo cosa significa? che ad esempio un punto percentuale in più d’ inflazione vale quanto un aumento percentuale di ugual misura di disoccupazione.

      2.Una conseguenza del punto precedente è che
      poiché i due “mali” vengono posti sullo stesso piano la diminuzione del benessere causata dalla variazione di uno dei due tassi è sempre compensata da una pari variazione in senso opposto dell’altro a prescindere dalla situazione di partenza in cui si trova la collettività.

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        Grazie Pasquale!

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    Aridajen! Pasqualen crede che le colpe della crisi sono della Germania, invece a rubare per anni sono stati i paesi del Mediterraneo. Adesso volete tirarci tutti a picco, compresi noi che abbiamo una politica esemplaren e abbiamo fatto le riformen, a vantaggio di tutti.

    Meno spaghetten, più laforo!

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      Angela di responsabilità ce ne sono molte e da varie parti ma che è colpa nostra…un certo senso lo fà!
      giusto per puntualizzare è la vostra visione di policy che ci sta portando a picco ma questo è ampiamente riconosciuto da varie parti. Riguardo le riforme “esemplari” di cui parli riporto quello che semplicemente avete dichiarato per bocca di Roland Berger (tuo consulente): <<…posso solo sottolineare il successo delle riforme tedesche, iniziate nel 2003 con una liberalizzazione del mercato del lavoro e un aumento degli stipendi reali inferiore all' incremento della produttività. Poi è seguito il taglio dei costi del sistema sociale, l'aumento dell' età pensionabile a 67 anni, la creazione di un segmento di bassi salari. Nel frattempo la Germania ha ridotto le imposte all' industria ma aumentato quelle indirette». In altri termini mi sembra di capire che quanto ho detto in un altro post (vedi link sopra all'interno del post) circa la vostra politica mercatilista siete voi stessi ad affermarlo!
      Che dire in Italia lavoriamo tanto più di voi ma in aggiunta mangiamo gli spaghetti 🙂

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        Ah Pasqualen, non discuto i tuoi punti ma io un po’ do ragione a sora Angela la dò. Leggendo i giornali di questi tempi un po’ di germanizzazione per noi italiani sarebbe tutta salute

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          Cara Serena mettiamola così se ci riferiamo allo stereotipo tedesco in base al quale il pendolo pende più verso il rispetto delle regole in termini di comportamento beh credo che noi italiani dovremmo tenerli in considerazione (non imitarli almeno noi abbiamo sempre bratelle e cintura quando ci troviamo davanti ai problemi) ma che noi abbiamo rubato ed è colpa nostra credo che questa visione oltre ad essere distorta, non è funzionale ma rischia di peggiorare la crisi. Infatti, questo bombardamento mediatico che colpevolizza i Paesi periferici rischia di spostare l’angolo visuale verso argomenti che purtroppo hanno reso dominante l’ideologia (fallimentare) più mercato e meno Stato (povero Keynes). Penso che la colpa non è mai da una parte è anche italiana… La mia opinione (non è originale è scritta sui libri testo) è che l’euro è uno strumento di lotta di classe più in generale in un regime di cambi fissi dato che si perde lo strumento del cambio e quindi la possibilità di svalutare, se il sistema non è congeniato correttamente, provoca necessariamente una pressione salariale che nel tempo tende ad indebolire la classe lavoratrice. Purtroppo come mostra l’articolo le disuguaglianze nella distribuzione del reddito e quindi il malessere, sono aumentate. Ripeto la colpa non è mai da una parte è l’anomalia italiana è nota a tutti già prima della crisi.

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