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Evergrande: la bolla immobiliare cinese sta per scoppiare?

Dice: e che sarà mai, è in Cina, mica sta succedendo in Italia. Eppure, da un anno e mezzo circa siamo tutti alle prese con qualcosa che era in Cina e che poi ha rapidamente colonizzato il globo intero. I disastri finanziari non sono meno rapidi e, anzi, possono essere assai più efficienti di una pandemia nel propagarsi.

Teniamolo a mente mentre ci chiediamo cos’è Evergrande e perché, da qualche giorno a questa parte, se ne sta parlando.

 

Chi è Evergrande e perché se ne parla?

China Evergrande Group è un gruppo immobiliare cinese che è arrivato a totalizzare ben 305 miliardi di dollari USA di debiti. Giovedì 23 settembre scadranno i termini per il rimborso di 84 milioni di dollari di interessi. Ma – e qui sta il problema – il gruppo China Evergrande non ha i soldi per soddisfare i suoi creditori.

Potete bene immaginare quale effetto stia avendo questa situazione sul titolo in Borsa: siamo a un -84% dall’inizio del 2021.
 

evergrande | amCharts
 
Perché se ne parla? Perché tutti i media da giorni ci stanno spiegando in lungo e in largo che un default della società non si ripercuoterebbe solo sull’economia cinese ma su tutti noi: a fare da cinghia di trasmissione i grandi investitori di tutto il mondo, che le obbligazioni cinesi se le son messe in portafoglio. E si sprecano i paragoni con il caso Lehman Brothers.
 

Come siamo arrivati a questo punto?

Noto in precedenza come Hengda, il gruppo China Evergrande fino a non molto tempo fa era il secondo gruppo immobiliare del Paese per vendite. La sua fondazione risale al 1997 e si deve a un’iniziativa di Hui Ka Yan, indicato agli inizi del 2020 da Forbes come la terza persona più ricca della Cina. Salvo poi scendere, a fine anno, alla decima posizione1.

Evergrande ha proliferato nel quadro dello spettacolare boom immobiliare cinese: pensate che ha portato a termine quasi 1.300 progetti commerciali, residenziali e infrastrutturali. Nel tempo ha diversificato il business, come si dice: non solo immobiliare ma anche cibo, assicurazioni sulla vita, tv e film, tempo libero.

Ha pure una sua squadra di calcio, la Guangzhou FC. E si è buttato pure sulle auto elettriche, fondando l’unità a ciò dedicata nel 2019: ma al momento non risulta sia stato messo in commercio alcun veicolo.

Il colosso sta affondando sotto una montagna di passività – per un totale di oltre 300 miliardi di dollari dopo anni di prestiti raccolti per finanziare la sua rapida espansione. Il periodo “no” è iniziato nel momento in cui, nell’agosto del 2020, Pechino ha introdotto nuove misure per contenere il livello di debito totale dei principali operatori immobiliari2.

A questo punto, la palla è di nuovo nelle mani del governo centrale: permetterà al colosso di fallire oppure lo salverà in extremis? In queste ore sono in corso le trattative per scongiurare il default. Fatto sta che il settore immobiliare è uno dei principali motori della crescita cinese e il fallimento di una società così importante avrebbe enormi ripercussioni. Non solo, come detto, sull’economia e sulle piazze finanziarie del gigante asiatico.
 

 

L’altro crac: tutto cominciò con Lehman

Come siamo arrivati a questo punto? Per rispondere, dobbiamo ripartire da lì: e cioè da Lehman Brothers. Di fronte alla crisi finanziaria del 2008, il governo cinese approvò uno stimolo economico di 4 mila miliardi di yuan. Dal canto suo, la Banca Popolare Cinese ridusse in modo significativo i tassi d’interesse: dal 4% circa di giugno 2008 all’1% di inizio 2009.

E nel 2009 l’economia registrò un +9,4% rispetto all’anno precedente, al quale seguì un +10,6% nel 2010. Insomma, gli sforzi non furono vani. Ma una buona parte della crescita si dovette agli investimenti in infrastrutture e al settore immobiliare. Dove si fece abbastanza in fretta spazio la speculazione.

L’imponente iniezione di denaro, infatti, negli anni ha dato vita a intere città oggi fatte e finite ma sotto-abitate o completamente – e tristemente – disabitate. In un suo articolo sul quotidiano online IlGiornale.it, Fiamma Invernizzi già nel 2016 citava i casi della “Parigi cinese”, a pochi chilometri da Shanghai, “progettata per accogliere 100.000 abitanti” e “occupata da 2.000 persone”, o di Yujiapu, la “piccola Manhattan cinese”, eretta dal 2008 per diventare un centro finanziario da affiancare a Shanghai e Hong Kong. Ma la lista è lunga, come ricorda anche Il Post3.

In ogni caso, l’indebitamento di compratori e costruttori è salito nel tempo in modo importante. Per contrastare il surriscaldamento dell’economia in generale e del settore immobiliare in particolare, il governo ha iniziato a fare marcia indietro. Fino a quando, nell’estate del 2020, ha inaugurato la nuova politica delle cosiddette “tre linee rosse”, in riferimento ai tre criteri di controllo del debito, per evitare il sovraindebitamento degli imprenditori. Ulteriori misure sono poi seguite, così come altre sono state adottate in precedenza. L’obiettivo, a tutt’oggi, non è dei più semplici: sgonfiare la bolla senza farla scoppiare. E, soprattutto, senza far deragliare la crescita economica.

E se ora a detonare fosse proprio China Evergrande?

 

La bolla immobiliare cinese sta per esplodere?

Tutto questo, naturalmente, non sarebbe senza conseguenze: la Cina è attualmente la seconda economia al mondo dopo gli Stati Uniti4 (e punta al sorpasso) e nel quadro della sua produzione il comparto immobiliare ha un peso non indifferente. Ecco quindi spiegata l’ansia con cui anche chi non ha investito in China Evergrande sta seguendo l’evoluzione delle sue vicende: se crollasse un colosso come Evergrande, il mercato immobiliare potrebbe seguirlo più o meno a ruota, e con esso l’economia del Dragone.

Ed ecco che, per l’appunto, torna alla mente quanto avvenne negli Stati Uniti a metà settembre del 2008: Lehman Brothers che chiede il Chapter 11 e l’intera economia statunitense e mondiale che nel giro di poche settimane/mesi finisce in testacoda.

Anche allora, guarda caso, tutto partì dal settore immobiliare. Il ballo del mattone è bello, ma non bisogna strafare col ritmo.

 



1. I miliardari cinesi
2. Why Evergrande is close to collapse
3. La bolla immobiliare cinese
4. Dati Banca mondiale

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Scritto da

Nata a Rieti, gli studi universitari a Roma, lavora a Milano dal 2007. Dopo un'esperienza di quattro anni in Class CNBC, canale televisivo di economia e finanza del gruppo Class Editori, si è spostata in Blue Financial Communication, casa editrice specializzata nei temi dell'asset management e della consulenza finanziaria. A dicembre 2017 si è unita al team di AdviseOnly.

Ultimi commenti
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    Sinic Holdings stessa fine?

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    Grazie, signora. Una chiarezza di linguaggio ammirevole!

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    Dottoressa Paolucci , grazie per l’artIdolo. Gradirei, se possibile, qualche previsione quantitativa sull’impatutto in caso di scenario peggiore, sui fondi obbligazionari ed immobiliari americani ed europei. Oltre ai 300 miliardi di debiti, dobbiamo pensare anche alle conseguenze per fornitori, dipendenti. Quanto si estende fuori della Cina il problema? Grazie.

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    i vostri articoli sono sempre molto interessanti

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