Ci piace, a volte, illustrarvi le varie possibilità della previdenza complementare e integrativa perché – lo sapete – le prospettive a medio-lungo termine della previdenza obbligatoria non sono esattamente “meravigliose e progressive”. Qui, oggi, vogliamo prendere spunto da quanto riporta nella sua relazione annuale 2020 la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione. In sintesi, COVIP 1.
A un certo punto – ve lo anticipiamo – riproporremo il raffronto tra il rendimento delle varie forme pensionistiche complementari e integrative e la rivalutazione del TFR, il Trattamento di Fine Rapporto.
I rendimenti riportati sono al netto dei costi di gestione e dell’imposta sostitutiva per tutte le forme pensionistiche incluse nella tavola che troverete più avanti, e anche per il TFR la rivalutazione è al netto dell’imposta sostitutiva. Detto questo, in capo a chi sono i valori più interessanti? Ma, soprattutto: che c’azzecca il TFR con la previdenza complementare?
TFR in azienda o in un fondo pensione
Chi ci segue lo sa. I lavoratori dipendenti del settore privato possono decidere se:
A. lasciare il TFR in corso di maturazione in azienda o presso il fondo di tesoreria gestito dall’INPS (per i dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti);
B. destinarlo a un fondo pensione.
In base alla scelta che si opera, il TFR ha un suo rendimento. In particolare:
A. se lo si lascia in azienda, il rendimento equivale a un 1,5% fisso sommato al 75% dell’inflazione annua, secondo la cosiddetta “rivalutazione”;
B. se lo si versa in un fondo pensione, il rendimento dipende dai risultati della gestione finanziaria e dalle performance degli strumenti finanziari nei quali il fondo investe, così come dai costi.
In ultimo, dobbiamo tenere presente che:
A. il TFR lasciato in azienda verrà tassato nel momento in cui il lavoratore lo incasserà sotto forma di liquidazione, a conclusione del rapporto di lavoro: sarà sottoposto a tassazione separata, secondo l’aliquota media degli ultimi cinque anni e sulla base degli scaglioni IRPEF;
B. il TFR versato al fondo pensione verrà tassato quando il lavoratore lo incasserà sotto forma di rendita pensionistica o, nei limiti previsti, capitale, da un massimo del 15% a un minimo del 9%, sulla base del numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa.
Dalle azioni ai titoli di Stato: breve sintesi del 2020
Tutto ciò premesso, vediamo com’è andato l’anno, L’andamento dei mercati finanziari nel 2020 – spiega la COVIP nella sua relazione annuale – è stato caratterizzato da una prima fase positiva seguita da una breve ma violenta perturbazione, in scia alle reazioni alla pandemia e ai conseguenti cali dei corsi dei titoli. A seguire, ha avuto luogo un progressivo recupero dei mercati finanziari, supportato dalle iniziative di sostegno e rilancio messe in atto da governi e banche centrali.
In questo contesto, abbiamo che:
• i rendimenti dei titoli governativi hanno continuato a scendere in modo marcato anche nel corso del 2020, portandosi su valori mai registrati in precedenza: in Germania, i rendimenti del decennale sono arrivati fino al -0,57%;
• lo spread tra Germania e Paesi periferici dell’area euro si è pure ridotto: in Italia, i premi per il rischio sovrano si sono attestati a fine 2020 a 110 punti base;
• sui listini azionari, dopo la caduta a cavallo tra febbraio e marzo, si sono progressivamente registrati sostanziali recuperi: e nel quarto trimestre “gli indici hanno beneficiato anche delle prospettive di futura ripresa grazie ai progressi emersi nella produzione dei vaccini”;
• sui mercati valutari, nel 2020 l’euro si è apprezzato nei confronti del dollaro USA, portandosi a fine anno intorno a quota 1,23 dall’1,12 di fine 2019.
L’effetto sulle forme pensionistiche complementari
Tutte tendenze, queste, che hanno avuto un riflesso sui risultati delle forme pensionistiche complementari: anch’esse, ci dice la relazione COVIP, hanno recuperato le perdite registrate all’inizio del 2020. Così, come si vede nella tabella, i rendimenti aggregati, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati in media positivi (il riferimento è ai rendimenti netti medi annui composti, con le gestioni separate dei PIP che, lo segnaliamo, contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato).
Fondi negoziali | 1 anno dal 31.12.2019 |
3 anni dal 31.12.2017 |
5 anni dal 31.12.2015 |
10 anni dal 31.12.2010 | 20 anni dal 31.12.2000 |
---|---|---|---|---|---|
Performance totale | 3,1% | 2,5% | 2,6% | 3,6% | 3,0% |
Garantiti | 1% | 0,6% | 0,7% | 2,0% | – |
Obbligazionari puri | 0,7% | 0,3% | 0,2% | 0,8% | – |
Obbligazionari misti | 3,5% | 2,8% | 2,8% | 3,9% | – |
Bilanciati | 3,3% | 2,9% | 3,0% | 4,1% | – |
Azionari | 5,6% | 3,9% | 4,4% | 5,7% | – |
Fondi aperti | 1 anno dal 31.12.2019 |
3 anni dal 31.12.2017 |
5 anni dal 31.12.2015 |
10 anni dal 31.12.2010 | 20 anni dal 31.12.2000 | Performance totale | 2,9% | 2,1% | 2,4% | 3,7% | 2,0% |
---|---|---|---|---|---|
Garantiti | 1,1% | 0,7% | 0,7% | 1,7% | 2,1% |
Obbligazionari puri | 2,2% | 1,7% | 1,3% | 2,2% | 2,5% |
Obbligazionari misti | 1,3% | 1,2% | 1,1% | 2,7% | 2,5% |
Bilanciati | 3,6% | 2,5% | 2,9% | 4,2% | 2,4% |
Azionari | 3,9% | 3,2% | 4,1% | 5,4% | 2,0% |
PIP “nuovi” | 1 anno dal 31.12.2019 |
3 anni dal 31.12.2017 |
5 anni dal 31.12.2015 |
10 anni dal 31.12.2010 | 20 anni dal 31.12.2000 |
---|---|---|---|---|---|
Gestioni separate | 1,4% | 1,6% | 1,7% | 2,4% | – |
Unit Linked | -0,2% | 1,6% | 2,1% | 3,3% | – |
Obbligazionari | 0,7% | 0,5% | 0,2% | 1,0% | – |
Bilanciati | 1,0% | 1,3% | 1,5% | 2,6% | – |
Azionari | -1,3% | 2,2% | 3,2% | 4,5% | – |
Rivalutazione TFR | |||||
---|---|---|---|---|---|
Performance totale | 1,2% | 1,5% | 1,6% | 1,8% | 2,0% |
Dalla tabella si evince anche come, nello stesso anno, la rivalutazione del TFR sia stata dell’1,2% (anche questo al netto dell’imposta sostitutiva). Nota tecnica a margine: i rendimenti dei comparti garantiti non incorporano il meccanismo della garanzia.
TFR: meglio in azienda o in un fondo pensione?
Domanda impegnativa, alla quale in passato più volte abbiamo provato a rispondere. Ogni volta abbiamo provato a valutare con voi e per voi le due alternative, ragionando su pro e contro2 e proponendo simulazioni3 che possono dare un’idea ma che certamente non possono essere prese come un riferimento valido in assoluto per ogni singolo caso.
Quindi, al di là delle comparazioni e delle elucubrazioni nelle quali periodicamente ci esercitiamo (con il vostro prezioso supporto e riscontro e con l’aiuto degli esperti in materia fiscale), alla fine è sicuramente una questione di preferenze.
Bisogna solo tenere presente che:
• il TFR in azienda equivale a un investimento parzialmente indicizzato all’inflazione, che offre un rendimento reale;
• un fondo pensione può offrire più opzioni di asset allocation – ovvero di ripartizione del portafoglio tra le diverse asset class – ognuna associata a una sua prospettiva di rendimento potenziale.
In ogni caso, lasciando un attimo stare la destinazione del TFR maturando, alla luce delle non fantastiche proiezioni della previdenza obbligatoria, un’integrazione complementare sarebbe quanto mai opportuna: questa sì, ve la consigliamo di cuore.
Previdenza integrativa? Mai più senza
Qui il TFR non c’entra: si tratta di destinare una parte del vostro reddito alla costruzione di una futura rendita integrativa. È un progetto che potete attuare dando vita, con il vostro/la vostra consulente di fiducia, a un portafoglio pensato appositamente per la pensione. E che per esempio abbia dentro un PAC, di cui vi abbiamo tante volte parlato4.
Insomma, fate pure le vostre valutazioni. Ma non fate l’errore di credere che l’assegno pubblico o la liquidazione risolveranno tutti i problemi. Specialmente oggi che nascono meno bambini, si va comunque in pensione sui 60-65 anni e si vive molto, molto a lungo.
1. COVIP
2. TFR, meglio in azienda o in un fondo pensione?
3. TFR e fondo pensione: come cambia la tassazione
4. #ABCFinanza: PIC vs PAC, meglio investire tutto e subito o con gradualità?