“Mamma mia dammi cento lire, che in America voglio andar”, canticchiava di quando in quando mia nonna, classe 1916, ricordando una canzone popolare risalente alla metà dell’Ottocento. Oggi un viaggio verso le Americhe sarebbe di sicuro meno periglioso. Ma non basterebbero di certo cento lire.
Di sicuro, non basterebbero a chi in America non vuole andare, ma vuole investire. “Sembra che non esista un modo economico per ottenere un’esposizione azionaria all’economia statunitense”, scrive oggi Cormac Mullen, cross-asset reporter ed editor per Bloomberg News a Tokio, nella newsletter mattutina.
Un’economia “in piena espansione”, ricorda Mullen. E in effetti di recente il Fondo Monetario Internazionale, nell’ambito di una generale revisione al rialzo delle stime di crescita un po’ in tutto il mondo, ha ritoccato quelle USA portandole al +6,4% per il 2021 e al +3,5% per il 2022.
“Gli aggiornamenti sulla crescita globale per il 2021 e il 2022 sono dovuti principalmente a quelli relativi alle economie avanzate”, spiega Gita Gopinath, economic counsellor e direttore del Dipartimento Ricerca presso il Fondo Monetario Internazionale, “in particolare, a una notevole revisione per gli Stati Uniti. Questo rende gli Stati Uniti l’unica grande economia proiettata a superare il livello di PIL che si prevedeva registrasse nel 2022 in assenza di pandemia”1 .
C’è un’entrata secondaria all’azionario USA…
Insomma, oggi l’America sembra un bel vaporetto solido e robusto sul quale sarebbe bello imbarcarsi. Ma come? Comprare le singole azioni si può, ma – a parte tutte le varie questioni pratiche – come ci ha detto Mullen al momento i titoli azionari USA non sono proprio il massimo della convenienza. Un’alternativa, per chi fosse interessato a mettersi un po’ di States in portafoglio, è un fondo comune o un ETF, che rendono tutto indubbiamente più semplice e – nel migliore dei casi – conveniente.
C’è un’altra strada per prendere esposizione all’azionario USA. Una sorta di “entrata secondaria” (“back door”, la chiama Mullen): l’ingresso, però, potrebbe rivelarsi non meno costoso delle azioni USA stesse.
Esiste, infatti, un paniere di 38 titoli azionari europei emessi da aziende le cui vendite sono per la maggior parte localizzate in Nord America – tra queste, il rivenditore di alimentari Ahold Delhaize, la società di advertising Publicis e il produttore di dispositivi medici Smith and Nephew – già scambiati a un premio significativo rispetto ai loro pari europei, secondo i calcoli di Bloomberg.
… ma sembra costosa e poco conveniente
Nel dettaglio, spiega Mullen, queste azioni vengono scambiate in media a quasi 20 volte gli utili dell’anno prossimo, contro le appena 16 volte dello Stoxx 600. “Tale valutazione non è molto lontana da quella dell’S&P 500, che scambia a 20,5 volte gli utili del prossimo anno, ben al di sopra della sua media storica”.
Per giunta, conclude Mullen, “sfortunatamente per gli investitori europei, detenere il paniere esposto agli Stati Uniti non garantisce una performance simile a quella delle azioni americane”. Il portafoglio è indietro sia rispetto ai benchmark azionari statunitensi sia rispetto a quelli europei già di oltre il 9%.