Lo Stato è un po’ come una famiglia, con le sue entrate e le sue uscite. Le sue spese, nel migliore dei mondi possibili, servono a dare adeguati servizi ai cittadini e a sostenere crescita economica e investimenti. Sempre nel migliore dei mondi possibili, le entrate sono sufficienti a coprire tali spese.
Quando non bastano, lo Stato contrae un debito, chiamato per l’appunto “pubblico” (essendo in capo a tutta la collettività, cioè di fatto a ciascuno di noi). In termini più tecnici, possiamo dire che il debito pubblico è l’insieme dei debiti che uno Stato contrae per fronteggiare il suo fabbisogno1.
Come sa chiunque di noi abbia mai chiesto e ottenuto un mutuo o un prestito, il debito non è fatto solo dell’importo del finanziamento che ci è stato erogato, ma anche degli interessi applicati a quell’importo. Tali interessi, nei fatti, rappresentano la “ricompensa” che spetta al creditore a fronte del rischio che si è assunto prestandoci del denaro.
Stesso discorso vale per lo Stato.
Ma con chi, e come, si indebita uno Stato?
Quando in passato ho avuto bisogno di un mutuo, mi sono rivolta a una banca. Che ha esaminato la mia situazione finanziaria e fatto le sue valutazioni circa la mia affidabilità e il mio merito creditizio. Per lo Stato il meccanismo sottostante è lo stesso, solo che non c’è una banca che dà un prestito ma un tot di soggetti – pubblici e privati, italiani ed esteri, piccoli risparmiatori e grandi investitori, anche istituzionali (fra i quali possono esserci anche le banche, perché no) – che sottoscrivono le sue emissioni obbligazionarie.
Tutti loro, esattamente come la mia banca, fanno le debite considerazioni anche sulla base della valutazione già espressa dalle principali agenzie di rating2, e poi decidono se finanziare oppure no il debito dello Stato. Per l’esattezza, chi ha in mano il nostro debito e da quali titoli è formato? Seguirà presto un post proprio su questo tema.
Nel frattempo, la domanda è: come fanno risparmiatori e investitori a prestare denaro allo Stato? Tramite, appunto, la sottoscrizione delle obbligazioni emesse dallo Stato stesso (per essere più precisi, dal ministero dell’Economia). Tali obbligazioni – note anche come “titoli di Stato” – possono essere a breve, media e lunga scadenza. Quelle forse più conosciute presso i piccoli risparmiatori del nostro Paese sono i Buoni ordinari del Tesoro (BoT), con scadenza dai tre ai 12 mesi, e i Buoni del Tesoro poliennali (BTp), le cui scadenze sono a medio e lungo termine, fino ai 30 anni e anche oltre. Ma ce ne sono pure altri3 .
Debito pubblico italiano: come siamo messi?
Riducendo l’ammontare del suo debito e, in generale, migliorando lo stato di salute dei suoi conti pubblici, un Paese può presentarsi in forma migliore ai suoi potenziali investitori. Ma come si fa ad avere un’idea della dimensione del debito di un Paese? Semplice: con una percentuale. L’avrete sentita menzionare nei tiggì o letta in qualche articolo: quella italiana, al momento, anche per effetto collaterale della crisi pandemica in corso, si sta vertiginosamente avvicinando al 160%.
Ma il 160% di che? Ebbene, tale percentuale è data dal rapporto tra debito e Prodotto Interno Lordo. Il PIL, lo ricordiamo, è un po’ il reddito di un Paese e rappresenta il valore totale dell’attività produttiva, inclusi beni e servizi, in un anno. “Interno” perché considera tutti i beni e servizi prodotti sul suolo italiano, comprendendo nel computo quelli prodotti in Italia da operatori esteri ed escludendo invece quelli prodotti da operatori italiani ma all’estero.
Ma torniamo al rapporto debito/PIL italiano. Come siamo potuti arrivare (quasi) al 160% quando, approvando il cosiddetto “fiscal compact”, nel gennaio del 2012, l’Unione Europea ha imposto a tutti gli Stati membri l’obbligo di pareggio di bilancio e la progressiva riduzione del rapporto debito/PIL fino al 60%?
Ci siamo arrivati perché è da anni ormai che viaggiamo sopra quota 100, e le crisi che si sono susseguite dal 2008 in poi non hanno reso facilissimo il rispetto del “regime dietetico” imposto da Bruxelles.
Ma il peccato originale, quello che ha fatto esplodere il nostro debito, come spiegava tempo fa Mattia Losi su Il Sole 24 Ore4, “risale al periodo compreso tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta”, quando per varie ragioni “l’Italia abbandona una normale disciplina di bilancio alimentando senza controllo la spesa pubblica”.
Ecco dunque la progressione del nostro debito, fotografata dal Fondo Monetario Internazionale.
1. E già questo punto è oggetto di dibattito: per i tradizionalisti ciò è vero, ed è la ragione per la quale lo Stato deve badare al suo debito; per chi supporta l’MMT, invece, non è così e il debito non è un problema pazzesco. Della MMT abbiamo parlato nel post “Cos’è la Modern Monetary Theory e perché tutti ne parlano”
2.#ABCFinanza: le agenzie di rating, cosa sono e a cosa servono
3. #ABCFinanza: che cosa sono le obbligazioni?
4. Debito pubblico: cos’è e perché è importante calcolarlo insieme a deficit e Pil