Si fa un gran parlare di inflazione: forse c’è, forse non c’è, forse tornerà presto e saranno dolori per tutti. Chi ci segue lo sa: si parla di inflazione quando si ha un aumento generalizzato dei prezzi1. Ma perché questo tema è così importante?
Semplice: perché le aspettative di inflazione sono al centro di ogni decisione di consumo nelle famiglie e di investimento nelle imprese. Ecco perché la dinamica di queste aspettative è così attentamente monitorata e studiata da accademici, politici e, soprattutto, banche centrali.
Va bene, ma cos’è che guardano accademici, politici e, soprattutto, banche centrali quando vogliono conoscere le aspettative di inflazione? Due sono le fonti comunemente utilizzate: i sondaggi (in primis le rilevazioni statistiche tipo quelle ISTAT) e i prezzi delle attività finanziarie legate all’inflazione. Che hanno i loro pro, ma anche qualche contro:
- i primi riflettono le aspettative di un campione selezionato di specialisti in previsioni, famiglie o imprese, ma sono disponibili a scadenze non ravvicinate, di solito mensili o trimestrali;
- i secondi, al contrario, sono disponibili con un’apprezzabile frequenza, ma sono misure imperfette delle aspettative d’inflazione dei consumatori, riflettendo più che altro le attese degli investitori.
Come se ne esce? Facile: con un tweet.
Cogliere le aspettative di inflazione con Twitter
In un lavoro apparso qualche giorno fa sul sito della Banca d’Italia2, Cristina Angelico, Juri Marcucci, Marcello Miccoli e Filippo Quarta suggeriscono di adoperare Twitter come fonte per cogliere le aspettative di inflazione dei consumatori. Una fonte in grado di coniugare la tempestività tipica delle aspettative basate sui prezzi degli strumenti finanziari legati all’inflazione e l’accuratezza di sondaggi e rilevazioni statistiche. Il tutto grazie a tecniche di machine learning e di analisi testuale.
Indubbiamente Twitter è un bel bacino in cui pescare: negli ultimi anni, fanno notare gli autori del lavoro, “è diventato uno dei social network più famosi, con 200 milioni di utenti attivi al mese in tutto il mondo e circa 10 milioni di utenti attivi in Italia nel 2019”. Le discussioni su questa piattaforma “portano alla luce le opinioni della collettività su diverse questioni di politica, tecnologia, economia e via dicendo. Rappresenta dunque un’opportunità unica per i ricercatori interessati allo studio delle convinzioni dei consumatori”.
Ma davvero i tweet possono rivelare qualcosa sulle aspettative di inflazione? Veramente si possono usare i tweet per ottenere un proxy giornaliero delle aspettative di inflazione? E questo proxy ci consegnerebbe informazioni tempestive e corrette, in aggiunta alle fonti esistenti sulle aspettative di inflazione?
Come estrapolare le aspettative di inflazione da Twitter?
Per rispondere a tutte queste domande, gli autori del paper hanno prima selezionato alcune parole chiave rilevanti per identificare i tweet relativi ai prezzi di beni e servizi (attuali e attesi) in Italia e costruito il dataset iniziale.
Hanno quindi raccolto tutti i tweet pubblicati in lingua italiana tra il primo giugno 2013 e il 31 dicembre 2019 aventi nel testo almeno una tra le parole chiave selezionate. Hanno così ottenuto un gran numero di tweet – ben 11,1 milioni – riguardanti l’inflazione e la dinamica dei prezzi attesi, ma anche pubblicità, siti di e-commerce e vendite.
Per ridurre il rumore e costruire un set di indicatori giornalieri basati su Twitter, hanno adottato una procedura in tre fasi (chi è interessato, può trovare tutti i dettagli sul paper), a seguito della quale, per convalidare il segnale estratto dai tweet, hanno analizzato quanto gli indicatori proposti si correlano con le fonti disponibili sulle aspettative di inflazione, vale a dire sondaggi e mercato. Risultato?
C’è forte correlazione con i sondaggi e le attese di mercato
Ebbene sì: c’è una forte correlazione sia con i sondaggi ISTAT sia con le “spie” del mercato. Vedere per credere: a pagina 90 del paper, gli autori mostrano come l’andamento degli indicatori delle aspettative di inflazione basati su Twitter3 (indicatori calcolati sulla base di una serie di elementi come verbi e parole riferiti al futuro: il discorso è un po’ più complesso di così, ma qui vogliamo semplificare al massimo) nel periodo che va da giugno 2013 a dicembre 2019 di fatto ricalchi quello delle rilevazioni ISTAT.
Stesso discorso per il confronto tra gli indici giornalieri basati su Twitter e la misura basata sul mercato, sempre nel periodo che va dal primo giugno 2013 al 31 dicembre 2019: il termometro delle aspettative del mercato è in questo caso il tasso sull’Inflation Swap a un anno legato all’inflazione italiana (Italian Inflation Swap 1Y).
Morale della storia
Gli indicatori basati su Twitter catturano bene la dinamica delle aspettative di inflazione dei consumatori. Quella proposta, dunque, potrebbe essere una nuova fonte di dati sulle aspettative di inflazione, disponibile con grande frequenza proprio come i dati basati sul mercato ma, rispetto a questi, in grado di coinvolgere un’ampia varietà e un gran numero di individui. Una fonte di dati che, peraltro, non è specificamente legata ad alcun Paese e può essere utilizzata e replicata in altri casi.
Certo, non tutte le zone d’ombra sono state illuminate. “Sono necessarie ulteriori ricerche su questo argomento, che hanno bisogno dell’apporto incrociato di informatici, statistici ed economisti”, concludono infatti gli autori dello studio.
1. #ABCFinanza: che cos’è l’inflazione?
2. Si possono misurare le aspettative di inflazione usando Twitter?
3. Gli indicatori giornalieri sono qui rimodulati secondo la frequenza mensile, in accordo con le rilevazioni ISTAT.