In un momento di forte volatilità sui mercati finanziari, travolti dalla crisi innescata dall’epidemia di COVID-19, gli investimenti socialmente responsabili sembrano reggere il colpo meglio di altri. Come si spiega questo risultato positivo in un momento in cui l’emergenza climatica è stata messa giocoforza in secondo piano da quella sanitaria?
Cosa succede agli investimenti ESG?
Posto che il cambiamento climatico resta un tema urgente esattamente come prima della pandemia, se non di più, quello che sta succedendo alle strategie di investimento ESG – acronimo che sta per Environmental, Social e Governance (ambientale, sociale e gestionale)1 – è un sostanziale spostamento dell’attenzione di investitori e aziende dalla componente ambientale a quella sociale, che proprio in concomitanza con la crisi sanitaria sta assumendo un ruolo di maggior rilievo.
Se prima del coronavirus il focus degli investimenti sostenibili era l’ambiente, con una predilezione per i prodotti green e l’esclusione delle società inquinanti dai panieri di investimento, ora l’attenzione è rivolta più alle dinamiche sociali – pensiamo alle aziende che hanno fatto donazioni anche notevoli agli ospedali in difficoltà, o che hanno convertito la propria attività principale per produrre mascherine, gel igienizzante per le mani, tute protettive, camici. Tutte mosse che generano un ritorno importante in termini reputazionali.
Ma il clima resta sempre sotto la lente. Tra gli osservatori del mercato c’è chi sostiene che il crollo del prezzo del petrolio dovuto anche alla pandemia di COVID-19 potrebbe imprimere un’accelerazione alle strategie per la transizione climatica.
Diventare parte della soluzione
E chi investe può, con le sue scelte, contribuire a dare forza al nuovo corso senza rinunciare al rendimento. ESG, infatti, non vuol dire no profit: molti dati empirici evidenziano come le aziende che tendono a fare bene in termini di responsabilità ambientale, sociale e di governance siano anche le più solide e proficue a livello di ritorni2. Insomma, prime della classe su tutti i fronti.
Per chi fosse interessato a investire in ottica sostenibile, un’opportunità può essere proprio quella rappresentata dagli ETF. A riguardo, UBS mette a disposizione una vasta gamma di prodotti, sia azionari sia obbligazionari.
Concentriamoci per il momento sul lato equity. Qui l’offerta di UBS si articola in strategie ESG e SRI, basate su diversi indici sottostanti: MSCI, S&P 500, EuroStoxx 50.
- Nello specifico, l’integrazione dei fattori ESG viene utilizzata per migliorare l’analisi finanziaria tradizionale identificando potenziali rischi e opportunità: tipicamente, si vanno a selezionare le aziende best in class di un determinato settore in base ai punteggi ESG ottenuti. L’obiettivo principale della valutazione rimane comunque la performance finanziaria.
- L’investimento socialmente responsabile, invece, ha una vocazione per così dire più “etica”: utilizza i fattori ESG per filtrare i titoli ed escludere quelli che sono considerati critici – tipicamente aziende legate alle industrie di alcol, tabacco, gioco d’azzardo, armi, energia nucleare e combustibili fossili – e per premiare le aziende che hanno favorito l’aspetto “morale” rispetto agli interessi economici.
Un viaggio lungo un decennio
Per UBS il viaggio nell’investimento sostenibile inizia nel 2011, quando vengono lanciati i primi quattro ETF che replicano l’andamento di altrettanti indici MSCI SRI (EMU, Pacific, USA, World).
Altri prodotti sostenibili lato equity si aggiungono alla gamma nel 2014, con il lancio di MSCI Emerging Market SRI ETF, e nel 2017, con MSCI ACWI SRI e MSCI ACWI ESG Universal, oltre a un ETF tematico sull’uguaglianza di genere, il Global Gender Equality ETF.
Infine, nel 2019 vengono alla luce altri tre ETF azionari, che replicano rispettivamente gli indici S&P 500 ESG, EuroStoxx 50 ESG e MSCI China ESG. Soffermiamoci un momento, per avere un’idea, proprio su questi ultimi tre.
Vuoi saperne di più?
1 – Financial Brief | Investimenti socialmente sostenibili: moda o metodo?
2 – Strategie ESG sotto la lente: l’investimento sostenibile paga?