Il giorno 27 marzo, la ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano ha annunciato su Twitter: “Inizia oggi il lavoro del Gruppo data-driven composto da numerosi esperti in materia di salute e di privacy. Gli obiettivi sono la ricognizione sulle tecnologie utili all’emergenza e l’elaborazione di politiche attraverso i dati”.
Insomma, il Gruppo valuterà e proporrà soluzioni basate sui dati per la gestione dell’emergenza sanitaria, economica e sociale legata al coronavirus. Al vaglio anche un app chiamata “Immuni” in grado di tracciare gli spostamenti. Ma che cosa vuol dire, in un’area del mondo come la nostra, così diversa dall’Estremo Oriente, “tracciare gli spostamenti”?
Prima o poi ti traccio
Insomma, come funziona il contact tracing? In pratica, quando una persona risulta positiva al virus, ci si adopera per scoprire chi ha avuto con lei un contatto stretto nell’arco di tempo in cui era contagiosa o potenzialmente tale. Così facendo, si ottiene un perimetro di individui da contattare: familiari, colleghi, compagni di viaggio, eventuali contatti durante un soggiorno al di fuori del proprio comune o Paese di residenza, e via dicendo.
Ma in Italia, come un po’ ovunque in Occidente, è mandatorio trovare il giusto punto di equilibrio fra tracciamento e tutela della privacy. Ed è proprio in questa direzione che si stanno muovendo alcune soluzioni attualmente allo studio: proviamo a fare una panoramica, facendoci aiutare da alcuni recenti contributi apparsi sul sito Agendadigitale.eu1.
App italiane contro la pandemia
Alla base c’è l’idea di utilizzare il GPS per avere dati aggregati o il Bluetooth per tracciare in modo più specifico le persone (seppure con tecniche di pseudonimizzazione e crittografia, per proteggerne l’identità).
Al momento sono quattro le soluzioni che, secondo la panoramica offerta da Agendadigitale.eu2, appaiono tra le più interessanti.
Covid Anonymous Tracker
Nasce con l’idea di monitorare i dispositivi vicini al proprio in maniera anonima. Ovvero? Immaginiamo che ogni dispositivo mobile venga dotato di un unico ID anonimo, installabile a distanza tramite Bluetooth.
Ebbene, l’app Covid Anonymous Tracker esegue una scansione continua in prossimità del luogo in cui noi e i nostri dispositivi mobile ci troviamo e raccoglie l’ID anonimo di quelli vicini, memorizzando il tutto in un database in modalità cloud.
La rete di medici certificati “Covid Anonymous Tracker” aggiorna quotidianamente i dati con l’ID dei dispositivi appartenenti a persone con positività al coronavirus confermata. Se viene fuori che siamo stati in prossimità di un contagiato negli ultimi 14 giorni, riceveremo istruzioni sul da farsi.
L’app del Centro Medico Sant’Agostino
A differenza della precedente, che fa leva sul Bluetooth, questa app utilizza sia il GPS sia alcuni sensori presenti sui dispositivi per poter tracciare nuovi focolai di COVID-19.
L’app può ripercorrere gli spostamenti effettuati dalla persona che poi è risultata positiva e rintracciare e avvertire chi è stato a contatto con lei nelle due settimane precedenti, invitandolo alla quarantena volontaria. Il tutto in condizione di anonimato e con consenso all’installazione dell’app da parte dell’utente.
L’app può inoltre essere utilizzata come un “diario clinico” nel quale appuntare condizioni di salute e sintomi. Prevista anche una chat dedicata per chiedere informazioni e servizi appositi. Importante: non sono richiesti nome, cognome e numero di telefono cellulare, ma solo username e password, obbligatori per registrarsi e utilizzare l’app.
L’app di AIxIA
L’app di AIxIA, Università di Pisa e BeeApp sfrutta i “nodi attivi” distribuiti sul territorio per scansionare le aree circostanti e rilevare la presenza di “nodi passivi”.
I “nodi attivi” sono i luoghi pubblici, come locali e mezzi di trasporto, dove un cartello segnala presenza e attività dell’app e un QRCode esposto al pubblico riporta le condizioni di trattamento dei dati. Anche i cittadini possono diventare “nodi attivi” installando l’app, ma per il funzionamento del sistema ciò non è essenziale.
Tutti noi – i “nodi passivi” – siamo tracciati tramite un qualunque dispositivo mobile dotato di Bluetooth in nostro possesso. Il tracciamento, che non contempla lo scambio di dati personali, avviene ogni volta che un nodo passivo entra in contatto con un nodo attivo.
Gli ID Bluetooth di chi risulta positivo al coronavirus confluiscono in una mappa pubblica che riporta ore e luoghi in cui il contagiato è stato: chiunque, con una ricerca tramite il proprio ID Bluetooth, può scoprire se ci sono stati eventuali contatti.
La “Private Kit” del MIT di Boston
La soluzione del MIT combina GPS e Bluetooth e avvisa l’utente nel caso sia entrato in contatto con una persona positiva. Nell’ottica di proteggere al massimo i dati, quelli relativi ai movimenti degli utenti non vengono salvati in un server centralizzato ma rimangono sul dispositivo.
Soltanto quando l’utente risulterà positivo al test – e posto che a quel punto dia il consenso all’accesso ai dati salvati sul suo dispositivo mobile – le informazioni fino a quel momento rimaste sul dispositivo verranno caricate su un server in modo criptato.
E a quel punto il server inoltrerà le geolocalizzazioni in forma aggregata ai dispositivi che hanno scaricato l’app. Apposite notifiche arriveranno solamente a chi ha incontrato una persona positiva.
Lombardia, Lazio e oltre
A queste iniziative si affiancano quelle locali di Lombardia e Lazio e altri due progetti, uno della Fondazione Ugo Bordoni e uno dei soci dell’Associazione Italian Digital Revolution con il partner tecnologico Sielte (uno dei gestori SPID)3.
La Fondazione Ugo Bordoni ha proposto l’app “Stop Covid”, basata sul Bluetooth e capace di determinare gruppi di persone che sono stati sufficientemente a lungo a distanza di possibile contagio. AIDR e partner hanno invece progettato l’app “Sos Italia”, per l’autocertificazione digitale e con SPID e per il tracciamento delle persone.
Cosa accadrà a emergenza finita?
“Le misure temporanee hanno la brutta abitudine di sopravvivere alle emergenze, soprattutto perché all’orizzonte c’è sempre una nuova emergenza”, ha scritto Yuval Noah Harari. Quando il tracciamento a scopo anti-coronavirus non servirà più, che fine faranno i dati acquisiti attraverso gli ultimissimi ritrovati della tecnologia e della data science?
È un altro quesito da porsi, oltre a quello – più che doveroso – sulla tutela in corso d’opera della nostra privacy.
1 – Agenda Digitale
2 – Articolo a cura di Luigi Mischitelli, Privacy & Data Protection Specialist presso IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza. Trovate il contributo originale qui
3 – Fermare il Covid-19 con le tecnologie è possibile: tutte le sfide privacy e come superarle, fonte: Agenda Digitale