“Sarà una settimana decisiva”: quante volte lo sentiamo dire, in riferimento ai grandi eventi economici, finanziari, societari, geopolitici? Ebbene, le ultime due di marzo saranno veramente settimane decisive per la Brexit, che teoricamente dovrebbe scattare alle 23:00 ora di Londra (la mezzanotte italiana) del 29 del mese (un venerdì a mercati chiusi, com’è giusto che sia data la portata epocale dell’evento). Teoricamente, e vediamo perché.
Le ultime da Londra
A così pochi giorni dal B-day, nel Regno Unito persiste la nebbia più fitta riguardo ai possibili scenari dell’uscita dall’Unione Europea, sancita – lo ricordiamo – con la maggioranza del 52% circa dei voti al referendum del 23 giugno 2016. Finora, i notevoli sforzi politici e diplomatici del primo ministro Theresa May – chiamata alla non facile missione di mediare tra il versante inglese e i vertici europei – sono andati abbastanza a vuoto.
Cosa succede adesso? Entro metà marzo nel Parlamento inglese dovrebbe tenersi una serie di votazioni, in primis sull’accordo con Bruxelles in una versione parzialmente rivista dopo la clamorosa bocciatura della prima stesura, lo scorso gennaio. E questa versione revisionata dell’intesa dovrebbe includere una soluzione – convincente per ambo le parti – sul confine irlandese.
L’ipotesi del rinvio
Il punto è che sul dossier finora governo UK e Unione Europea non hanno trovato alcuna alternativa condivisa. Possono quindi aprirsi due strade:
- le due parti non arrivano a un nuovo accordo, e quindi il Parlamento dovrà decidere se uscire in maniera disordinata, con un “no deal”, o chiedere un rinvio rispetto alla scadenza del 29 marzo;
- le due parti arrivano a un nuovo accordo, che il Parlamento UK dovrà comunque approvare o bocciare. E se lo boccia, subito dopo sarà chiamato a decidere se abbandonare l’Unione Europea in assenza di un accordo o se domandare un rinvio dell’uscita rispetto alla data, su cui si è molto insistito finora, del 29 marzo.
I riflessi sul commercio e sulla valuta
Il “no deal” – fra le altre cose – comporterebbe di fatto l’assenza di un accordo commerciale, senza il quale gli esportatori UK dovrebbero affrontare circa 5,2 miliardi di sterline di dazi doganali sulle merci vendute al mercato unico europeo, mentre agli esportatori europei si presenterebbe un conto di circa 12,9 miliardi di sterline, secondo le stime dell’istituto Civitas.
Comunque vada, la BCE e la Bank of England hanno intanto riattivato una swap line creata durante la crisi finanziaria mondiale, che permetterà alla BoE di fornire euro alle banche del Regno Unito in caso di crisi. Per contro, l’Eurosistema – ovvero, l’insieme delle 19 banche centrali nazionali dell’area euro con la BCE – si è reso disponibile a prestare sterline alle banche della zona euro, se dovesse essercene bisogno.
Una misura preventiva, insomma, per evitare che i meccanismi del credito si inceppino creando problemi alle banche e, di riflesso, alle imprese e alle famiglie.
ETF senza rischio di cambio
Tutto ciò, nel quadro di un portafoglio ragionevolmente e adeguatamente diversificato, non dovrebbe scoraggiare gli investimenti nell’area, da effettuare a determinate condizioni. All’interno della gamma di UBS ETF, per esempio, è possibile investire nel mercato azionario inglese proteggendosi dalla dinamica del cambio euro/sterlina attraverso due Exchange Traded Funds. Ecco la loro carta di identità.
UBS ETF (LU) MSCI United Kingdom hedged EUR UCITS ETF
- ISIN: LU0950671239
- Il fondo replica la performance dell’indice MSCI United Kingdom 100% hedged to EUR Total Return Net e pertanto investe in azioni di società a media e larga capitalizzazione del mercato inglese, garantendo allo stesso tempo all’investitore una copertura completa dal rischio di cambio.
- Con i suoi 96 constituents, l’indice (e quindi anche l’ETF che lo replica) rappresenta l’85% circa della capitalizzazione del mercato inglese rettificata per il flottante.
- L’ETF è a replica fisica completa e ad accumulazione: eventuali dividendi vengono dunque reinvestiti nel fondo. Ha inoltre un TER dello 0,30%.
UBS ETF (IE) MSCI United Kingdom IMI Socially Responsible hedged EUR UCITS ETF
- ISIN: IE00BYNQMK61
- Questo secondo ETF, con un TER dello 0,38%, replica invece la performance dell’indice MSCI United Kingdom IMI Extended SRI 5% Issuer Capped 100% hedged to EUR Total Return Net, ed è anch’esso a replica fisica completa e ad accumulazione.
- L’indice sottostante è il risultato dell’applicazione dei criteri ESG (Environmental, Social and Governance) all’MSCI United Kingdom IMI a cambio coperto, al fine di selezionare esclusivamente società caratterizzate da alti profili di sostenibilità sia dal punto di vista ambientale che sociale. Inoltre, è previsto un peso massimo del 5% per emittente.
- In questo caso, l’indice di partenza ha un maggior numero di constituents e un focus allargato che, includendo anche le small cap, copre il 99% circa della capitalizzazione del mercato inglese.
Si potrebbe anche considerare un investimento nell’azionario europeo, tramite l’UBS ETF (LU) MSCI Europe hedged EUR UCITS ETF (ISIN LU1600334798), l’unico ETF sull’indice MSCI Europe 100% hedged to EUR. L’investitore può ottenere così un’esposizione indiretta al Regno Unito (comunque coperta dal rischio di cambio), che ha un peso rilevante (circa il 27%) nella composizione dell’indice.
Infine, per chi abbia fiducia circa il raggiungimento di un accordo (o comunque circa una qualsiasi soluzione diversa dalla “hard” Brexit) e desideri posizionarsi in vista di un eventuale rimbalzo della sterlina, la gamma UBS ETF offre anche le relative versioni a cambio aperto.