Mentre l’Europa si avvita in una crisi economica e politica, dall’altra parte dell’Oceano gli Stati Uniti non se la ridono.
A maggio l’economia americana ha creato “solamente” 69.000 posti di lavoro, le attese erano 165.000! Anche i dati di marzo ed aprile sono stati rivisti al ribasso di 49.000 unità. Il tasso di disoccupazione è salito all’8,2% dall’8,1%, tasso elevato ma con una nota positiva: è aumentato il numero dei partecipanti alla forza lavoro (di coloro che non hanno un lavoro ma che si sono messi a cercarlo).
Molti analisti si sono dunque affrettati a cambiare la loro “call” sulla Fed, ossia le aspettative circa le future azioni di politica monetaria della Banca Centrale Usa; Morgan Stanley attribuisce l’80% di probabilità ad un QE3 (Quantitative Easing, un’operazione di immissione di liquidità nel sistema, sarebbe il terzo dall’inizio della crisi) da parte della FED già al prossimo incontro.
Nel rapporto sul mercato del lavoro oltre ad indicazioni circa le nuove buste paga, il tasso di disoccupazione ed altri indicatori della situazione occupazionale americana, possiamo trovare anche l’indice aggregato delle ore lavorate negli Stati Uniti. L’indice, come vedete dal grafico, è un buon indicatore della direzione della crescita del PIL; il dato odierno, insieme ai due precedenti, ha fornito segnali di rallentamento e induce a pensare che la Fed sarà orientata ad attuare nuove misure di stimolo all’economia.