Il Parlamento inglese ha respinto in modo schiacciante (432 voti contrari, 202 favorevoli) la bozza di accordo1 sulla Brexit definita dal governo del primo ministro Theresa May e dai negoziatori UE. Subito dopo il voto, che si è svolto nella serata di martedì 15 gennaio, May ha rigettato l’ipotesi di sue dimissioni, esortando l’opposizione a proporre una mozione di sfiducia, che il leader dei Labouristi Jeremy Corbyn ha infatti prontamente presentato. Il voto sulla mozione di sfiducia è atteso per le 20:00 di oggi (ora italiana).
Stando alle ultime dichiarazioni sulle intenzioni di voto, la probabilità che la mozione di sfiducia passi sono molto basse. Il primo ministro May dovrebbe quindi rimanere in sella, seppure con poche frecce nel suo arco.
Tre strade per il Regno Unito
Di fronte a sé, May avrebbe sostanzialmente 3 opzioni:
- negoziare un nuovo accordo con l’UE, che però dovrebbe passare nuovamente attraverso l’approvazione dei 27 Stati europei e del Parlamento UK e che, quindi, potrebbe rendere necessario un rinvio della Brexit da fine marzo a data ignota (ipotesi, questa, resa critica dalle elezioni europee di fine maggio, appuntamento al quale si vorrebbe arrivare con un Regno Unito finalmente fuori dal limbo);
- indire un secondo referendum, al quale finora May si è sempre detta fortemente contraria, ma che potrebbe essere sostenuto dal Labour e dai Tories;
- andare incontro al “no deal”: in questo scenario, il 29 marzo il Regno Unito uscirebbe dall’Unione Europea entrando in un territorio sconosciuto, in assenza di un quadro che regoli chiaramente i rapporti tra le due aree e una serie di questioni spinose come il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda.
In ogni caso, il tempo stringe e la data del 29 marzo è molto vicina.
La reazione dei mercati
Le ripercussioni sulla Brexit del voto del 15 gennaio vanno lette su due piani distinti:
- in termini di politica interna;
- sotto il profilo del rischio sistemico.
Sul piano interno, il rallentamento del ciclo inglese è in linea con quello del resto d’Europa e del mondo. Come abbiamo detto in diverse occasioni, finora l’ipotesi “hard Brexit” non ha pesato sulla crescita economica, ma bisogna tenere a mente che le vere ripercussioni si vedranno solo più avanti.
Sul fronte del rischio sistemico, non ci sono particolati segnali di pericolo. La sterlina ha già recuperato la discesa di ieri, la Borsa inglese ha aperto in leggero calo, ma il resto dei listini europei è positivo, e sul mercato interbancario non ci sono movimenti rilevanti. A queste condizioni, il rischio sistemico è contenuto.
Al momento, non aggiorniamo il nostro scenario di rischio.