Punti chiave
- Guerra commerciale. Al G20 di Buenos Aires, il Presidente Trump e Xi Jinping sembravano pronti a chiudere definitivamente la questione; invece l’arresto della direttrice finanziarie di Huawei ha rimesso tutto in discussione.
- Brexit appesa a un filo. Domenica 25 novembre i 27 Stati dell’Unione Europea hanno approvato la bozza di accordo su Brexit. Lo scoglio resta il Parlamento UK, dove la votazione è stata rinviata a data da destinarsi.
- L’economia mondiale decelera. Per il Fondo Monetario Internazionale l’economia internazionale ha perso smalto: le previsioni di crescita per il 2018-2019 potrebbero essere riviste al ribasso (attualmente la crescita mondiale si dovrebbe attestare intorno al 3,7% nel 2018-19).
Grafico del mese
La crescita del PIL deludente in Giappone e nell’Eurozona del terzo trimestre costringe gli analisti a rivedere le stime di crescita. Purtroppo, potrebbe trattarsi di un calo non passeggero, dato che le aspettative dei direttori d’impresa, riassunte dall’indice PMI, continuano a peggiorare. Il traino della crescita mondiale sono sempre gli USA, mentre il resto del mondo decelera o è in fase di stabilizzazione.
Commento generale
Per un attimo sembrava fatta. I tweet conciliatori di Trump in occasione del G20 sulla guerra commerciale hanno per qualche ora ridato fiato ai mercati azionari; ma l’arresto di Meng Wanzhou, direttore finanziario di Huawei, ha smorzato subito gli entusiasmi. La volatilità degli ultimi 10 giorni ha confermato quanto stiamo vedendo da inizio anno: le Borse rimbalzano quando si diffondono buone notizie sul fronte commerciale; al contrario scendono quando aumenta l’incertezza. Comunque, nulla di veramente nuovo, è un po’ che si va avanti così.
Anche sul fronte obbligazionario nessuna grande novità negli aspetti fondamentali del mercato. La decelerazione dell’economia ha ridotto ulteriormente le aspettative d’inflazione e, nei Paesi dove le pressioni inflazioniste sono relativamente più alte (UK, Canada, USA), le curve dei tassi d’interesse sono sempre piatte, con scarsa differenza tra tassi a breve e a lungo. Cosa vuol dire tutto ciò? Che la Fed e la BCE possono continuare a ridurre la liquidità senza dover rincorrere l’inflazione. E, nel caso, prendersi anche una pausa di riflessione. A ridurre ulteriormente la pressione sull’inflazione ci ha pensato anche il petrolio, sceso nell’ultimo mese del 13,1%.
Gli indicatori di rischio sistemico sono in lieve peggioramento, ma non segnalano vere criticità, almeno per ora.
Valutazione per asset class
A fine 2017, il P/E di G&D dell’indice azionario globale era poco superiore a 22; dopo un anno nel quale l’indice è sceso dell’1,3% e gli utili per azione sono saliti del 22,8%, il rapporto prezzo / utili è sceso a 20, riavvicinandosi alla media storica di 19.
Anche il dividend yield e il Price/Book – due indicatori fondamentali molto efficaci – sono vicini alla media storica. Tutto questo per dire che, complessivamente, il mercato azionario resta in una zona neutra: né troppo cari, né a buon mercato.
Se scendiamo di un livello geopolitico e analizziamo le Borse a livello di macro-blocchi, i Paesi Emergenti hanno valutazioni migliori rispetto ai Paesi Sviluppati, in particolare rispetto al Nord America che, nonostante il miglior momentum, è l’area geografica con il peggior rapporto tra prezzi di mercato e fondamentali.
Sul fronte obbligazionario, la risalita dei rendimenti dell’ultimo anno non è stata sufficiente a ridare fiato ad un’asset class che si trova ancora molto lontana dai valori d’equilibrio. Preferiamo il segmento statunitense rispetto a quello europeo (sia governativo che societario), così come la qualità dell’Investment Grade rispetto all’High Yield, se si parla di obbligazioni societarie.
I portafogli
Mantenere una buona dose di diversificazione geografica e privilegiare obbligazioni con scadenze brevi ci ha permesso di limitare i danni, ma non di eliminarli. Con il senno di poi, avremmo dovuto ridurre la quota azionaria dopo l’estate. Ma del senno di poi sono pieni i fossi e vale la pena ricordare che noi non l’abbiamo fatto per le seguenti ragioni fattuali e numeriche:
- le valutazioni azionarie erano accettabili e migliori di quelle obbligazionarie;
- l’outlook di liquidità e oro era grigio;
- il rischio sistemico era sotto controllo.
Ora, nel complesso, nonostante i cali sensibili (ma nulla di eccezionale) degli indici azionari dell’ultimo mese, le condizioni non sono variate. Inoltre, nel 2019 si entrerà nel vivo della riduzione di liquidità, con una crescita meno robusta del previsto, ma con valutazioni azionarie migliori e rischio inflazione basso: è uno scenario positivo per investire nel medio-lungo termine. Con attenzione alla qualità e ai fattori più rilevanti – ne parliamo a seguire.
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