Abbiamo già discusso su questo blog dell’oramai imminente sorpasso dei Paesi emergenti sui Paesi sviluppati per ricchezza prodotta: fatto 100 il PIL del mondo, infatti, nel 2012 ben il 50% verrà prodotto da Cina, India, Brasile, Russia, Sudafrica e altri Paesi che continuiamo a chiamare “in via di sviluppo”. Un risultato storico che inevitabilmente porterà enoromi cambiamenti, anche negli equilibri politici del Globo.
In questo post vorremmo focalizzarci però su alcuni fondamentali economici e, nello specifico, analizzare la situazione dei loro conti pubblici.
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Questi Paesi si sono distinti negli ultimi 10 anni per una crescita straordinaria ma, come vediamo dall’immagine, anche se restringiamo l’analisi alla sostenibilità del debito, sembra che la situazione dei Paesi emergenti sia nettamente migliore rispetto ai Paesi di più antico sviluppo. Analizziamo il grafico: sull’asse verticale è mostrato il rapporto deficit pubblico/PIL in termini percentuali, sull’asse orizzontale il rapporto debito pubblico/PIL, sempre in percentuale. L’avete notato anche voi? C’è un un vero e proprio spartiacque in base all’attuale capacità di ripagare il debito pubblico.
Ponendoci dal punto di vista dell’investitore, date le informazioni appena enunciate, si potrebbe pensare che investire nei Paesi emergenti possa essere la soluzione migliore come alternativa ai Paesi europei più instabili. Alzando lo sguardo e provando a immaginare le dinamiche macroeconomiche ci verrebbe da dire che il futuro appartiene certamente a loro.
Tutto questo è molto probabile, ma non è un evento così certo. Il grafico non prende in considerazione i tassi di crescita dell’economia nè tantomeno il tasso di interesse reale, grandezze che consentono di guardare e analizzare la dinamica del debito. Inoltre non dimentichiamo il fattore rischio politico: in molti dei Paesi in via di sviluppo le condizioni economico-politiche sono ben lontane dalla stabilità e, come è risaputo, l’incertezza non piace ai mercati. Un esempio su tutti: l’Argentina ha da poco nazionalizzato la compagnia petrolifera Ypf, espropiandola alla spagnola Repsol.