Non esistono più le crypto di una volta. È bastato un anno per cambiare completamente il panorama, il punto di vista e il sentiment dei mercati nei confronti delle tanto discusse valute virtuali.
A fare da traino – al ribasso – in questo declino generale del settore è stata la criptovaluta più iconica e globalmente conosciuta: Bitcoin.
Al momento in cui vi scriviamo, il suo prezzo si assesta poco sotto i 4.000 dollari USA, fermo restando che la scorsa settimana è stata una delle più nere degli ultimi sette anni: lunedì 26 novembre, infatti, ha toccato quota 3.523 dollari USA, il punto più basso di un 2018 da bear market per le criptovalute.
Un crollo rapidissimo, dalle vette dello scorso dicembre, quando si volava quasi a quota 20.000 dollari USA, agli abissi del presente, con un maximum drawdown complessivo annuale vicino all’80%.
Il collasso di questo nefasto 2018 si avvicina moltissimo a quelli del 2011 (-93%) e del periodo 2013-2015 (-84%). Guardando al settore delle cryptocurrencies in generale, poi, la situazione non migliora, con una riduzione della capitalizzazione di mercato pari a 700 miliardi di dollari USA dai picchi di gennaio, a sottolineare una crisi generale e che potrebbe non aver ancora raggiunto il suo punto più critico.
Le possibili cause del crollo
Quando ci si trova di fronte a un settore complesso e mutevole come quello delle criptovalute, risulta sempre difficile individuare una spiegazione sia per i picchi che per le clamorose cadute.
Quel che possiamo dire è che da sempre questo segmento di mercato è stato caratterizzato da una forte volatilità, e ciò è sicuramente una delle ragioni per cui i grandi investitori istituzionali hanno finora evitato di destinarvi grandi capitali. Questo, unito ai rischi delle transazioni e alle sempre più frequenti restrizioni da parte della SEC (la Securities and Exchange Commission, che è un po’ il corrispettivo statunitense della nostra CONSOB), sta causando la scomparsa prematura di numerose start-up operanti nel settore.
Il risultato di tale diffidenza si è manifestato nell’ultimo mese, con un crollo di Bitcoin che ha ricordato quello delle famose bolle speculative finire ormai sui libri di storia.
Per approfondire:
– Financial Brief | Bitcoin: una “moneta” tra mito e realtà
Ha ancora senso investire in Bitcoin e criptovalute?
Tirando le somme e mettendoci dalla parte dei risparmiatori, ci chiediamo: quanto si può ancora puntare su un investimento in Bitcoin e, più in generale, in criptovalute?
Rispondiamo a questa domanda guardando insieme qualche numero della regina delle valute virtuali. La performance rimane senza dubbio sorprendente: +29.000% dal 2013, equivalente a un +161% annuo. In confronto, il +87% dell’S&P 500 nello stesso intervallo temporale (+11% annuo) sembra quasi una bazzecola.
Questo, però, è solo un lato della medaglia. Il rovescio racconta un’altra (triste) storia. Prendendo in esame, come metrica di rischio, il già citato maximum drawdown, la realtà si fa ben più cupa: la caduta più rovinosa per il Bitcoin è stata pari al -84%, contro il ben più contenuto -14% dell’indice americano dal 2013 ad oggi. E anche la volatilità non scherza: 83% il dato annualizzato di Bitcoin, contro il 15% dell’S&P 500.
Insomma, più che un investimento sembra una scommessa, con tutti i rischi e gli imprevisti annessi e connessi.