L’irruzione nel settore finanziario di colossi tech come Google, Amazon e Facebook da un lato, la regolamentazione che fatica a stare al passo con l’innovazione dall’altro. Nel mezzo, la diffidenza di risparmiatori e banche tradizionali: sono queste le principali sfide con cui è alle prese il settore fintech, in Italia e non solo.
A identificare prospettive e possibili ostacoli da superare sono stati alcuni tra i principali protagonisti del settore a livello nazionale, in occasione di una tavola rotonda organizzata a Milano dalla società di gestione indipendente Ver Capital: la nostra Serena Torielli, CEO e co-founder di Virtual B, Mario Bortoli, a.d. della società di investimento digitale Euclidea Sim, Francesca Todeschini, co-fondatrice della piattaforma di factoring digitale Credimi, Matteo Tarroni, fondatore della società Workinvoice (attiva nella vendita di fatture prima della loro scadenza tramite cessione del credito) e Massimiliano LaGreca, head della piattaforma di Borsa Italiana Elite Club Deal, nata per mettere in contatto le medie aziende con gli investitori.
Un’opportunità, più che una minaccia
I relatori si sono trovati d’accordo sul fatto che le banche tradizionali, che con la loro struttura complessa faticano a innovare, dovrebbero lavorare insieme alle realtà fintech, per loro natura più agili e flessibili. In effetti alcune ci stanno provando, tramite partnership e incubatori di fintech, ma in generale prevale un certo scetticismo, con gli operatori tradizionali in dubbio se considerare le nuove startup come alleate o nemiche.
Così facendo però, osserva Serena Torielli, le banche perdono l’occasione di sfruttare le fintech come una risorsa per innovare il proprio business senza soccombere alla vera minaccia, costituita piuttosto dall’avanzata delle cosiddette big tech: “la partita del futuro si giocherà sui dati, e su questo Amazon, Facebook & co. sono inarrivabili: loro da sempre lucrano con i dati, ne hanno a disposizione una quantità spropositata e li sanno sfruttare molto meglio delle banche”.
In effetti in alcuni settori le big tech hanno già preso il sopravvento – il mondo dei pagamenti ormai è loro appannaggio. La nuova normativa PSD 2 in questo gioca un ruolo fondamentale. Essa elimina il monopolio degli operatori tradizionali sui dati dei consumatori, introducendo l’obbligo di condivisione di tali informazioni con i Third Party Providers (TPP), se autorizzati dal consumatore stesso, e alzando quindi la palla proprio ai nuovi incumbents del settore.
Da sinistra: Moyra Longo, giornalista del Sole 24 Ore e moderatore dell’evento; Matteo Tarroni; Francesca Todeschini; Serena Torielli, Massimiliano LaGreca; Mario Bortoli.
Regolamentazione, che fatica stare al passo col cambiamento
Proprio la regolamentazione costituisce un altro nodo importante per l’evoluzione del fintech: “pur nella convinzione che sia giusto essere regolamentati, penso che sia impossibile fare innovazione se non si ‘sfida’ un po’ la regolamentazione esistente”, sostiene Matteo Tarroni. “Pensiamo a Uber o a Airbnb: entrambe per affermarsi hanno dovuto mettere in questione le norme nate nel passato”.
Tra l’altro nel settore finanziario i regulator sono intervenuti in modo massiccio negli ultimi anni, inibendo un po’ l’innovazione. Stando a uno studio di Boston Consulting Group, dal 2008 a oggi sono state emanate 200 normative sul sistema bancario, di cui la metà solo in Europa: “insomma, siamo stati bombardati da una pioggia regolamentare e questo scoraggia il cambiamento, perché le regole restringono i margini di manovra”, commenta Mario Bortoli. Tanto più in un contesto in cui interi settori sono stati lasciati invece sostanzialmente privi di regole, creando asimmetrie e incongruenze.
Insomma, ad oggi la sensazione condivisa tra i relatori è che regulator e politica abbiano un po’ perso il controllo sulla tecnologia e che si muovano in modo scoordinato in una sorta di inseguimento della rivoluzione in atto.
Certo, la regolamentazione ha un ruolo importante e non deve essere vista solo come qualcosa di punitivo. Fatto sta che esiste indubbiamente un problema nell’approccio, commenta Serena Torielli: “se ci si comporta da follower si resterà sempre un passo indietro, è inevitabile. Invece i regolatori dovrebbero tentare di pensare non dico come start-up, ma sicuramente nell’ottica dell’innovazione. La regolamentazione non deve quindi porsi come una nemica dell’innovazione, anche perché oggi la tecnologia è fondamentale per regolazione e controllo”.
Quale sarà il nuovo volto del settore finanziario?
Per chiudere, i relatori sono stati chiamati a una riflessione sullo stato attuale e sulle prospettive del settore: stando al Fintech Adoption Index messo a punto da Ernst Young, oggi a livello mondiale il 33% della popolazione digitalmente attiva dichiara di fare uso di servizi fintech, mentre in Italia la quota si ferma al 16% (qui i dati sono dell’Osservatorio del Politecnico di Milano), anche se siamo tra i Paesi con una maggiore diffusione di smartphone al mondo.
Colpa soprattutto della scarsa educazione finanziaria dei risparmiatori italiani, ma anche di una culturale diffidenza verso la tecnologia. Insomma, ci vorrà un po’ di pazienza: del resto l’adozione di nuovi modelli – di risparmio, ma non solo – è una cosa che richiede tempo e grandi capitali.
L’Italia e l’Europa dunque non sono ancora pronte alla trasformazione: un esempio lampante è quello dei roboadvisor, ancora in netta minoranza rispetto ai consulenti finanziari in carne e ossa. Qui forse una transizione completa non ci sarà mai, e alla fine prevarrà un modello ibrido. Resta il fatto che, già oggi, gli operatori tradizionali non possono prescindere dalla tecnologia.
In quest’ottica il futuro non potrà che portarci a una più profonda e proficua collaborazione tra operatori tradizionali e realtà fintech. O tra queste ultime e i grandi colossi del web. “Certi cambi di paradigma sono già qui oggi”, conclude Serena Torielli. “Nei prossimi anni immagino che i protagonisti del settore saranno sicuramente le big tech, le aziende finanziarie più smart e le fintech”. In che modo e con quali quote di mercato è ancora tutto da vedere. La partita è quanto mai aperta.