I fatti salienti della settimana
Dazi rischiosi per l’economia USA. In settimana sono usciti i verbali dell’ultima riunione del FOMC, il Federal Open Market Committe della banca centrale USA: già il 21 marzo la Federal Reserve sosteneva che la guerra dei dazi è un rischio per l’economia del Paese. Dalle note emerge un maggiore ottimismo sulla ripresa dell’inflazione. Ergo – ma non è una novità – i tassi continueranno a salire.
Via i limiti alle partecipazioni straniere. Mentre rimane aperta la tensione Stati Uniti-Cina sui dazi (ma l’impressione è che le diplomazie siano al lavoro per evitare la famigerata guerra commerciale che non converrebbe a nessuno), il governatore della People’s Bank of China Yi Gang ha fatto sapere che le partecipazioni estere nelle società di intermediazione mobiliare e nelle compagnie di assicurazioni vita in Cina potranno superare l’attuale limite del 50% dal prossimo giugno, mentre nell’arco di tre anni dovrebbe essere possibile la piena proprietà.
Preoccupazioni nell’area euro. Nell’eurozona la produzione industriale è scesa inaspettatamente per il terzo mese consecutivo, aggiungendosi così ai segnali di un rallentamento della crescita dopo il record decennale registrato nel 2017.
In tale contesto, i funzionari della Banca Centrale Europea non si sentono ancora pronti a prendere una posizione netta sulla conclusione del programma di acquisto di obbligazioni, sebbene il presidente Mario Draghi abbia espresso cauta fiducia sulle prospettive della regione.
Parole buone per la blockchain. Nel suo Fiscal Monitor, il rapporto preparato in vista degli Spring Meetings di Washington, il Fondo Monetario Internazionale afferma che continua a vedere delle opportunità nella blockchain, la tecnologia sottostante al Bitcoin. Il sunto del discorso è: può aiutare a garantire l’autenticità delle informazioni presentate, dato che tutte le transazioni sono registrate.
Aliquote progressive contro la disuguaglianza. A quei Paesi industrializzati – come l’Italia – che hanno un’aliquota uguale per tutti su asset e risparmi privati l’OCSE ha rivolto l’invito a prendere in considerazione un certo grado di progressività per contrastare la crescente disuguaglianza, rilevata nel nostro Paese attraverso l’indice di Gini. Una possibile soluzione, ha detto l’OCSE, è una tassa sul patrimonio nei Paesi in cui la tassazione sul reddito da capitale è bassa e non ci sono tasse di successione.
Care banche, aggregatevi. E mentre anche in Italia prendeva il via la stagione delle trimestrali, incluse ovviamente quelle bancarie, e a Milano si svolgeva il Salone del Risparmio su MiFID II, PEPP e futuro degli investimenti, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dichiarato che gli istituti del nostro Paese devono recuperare capacità competitiva. “Oltre a comprimere i costi, bisogna cercare sinergie di ricavo e pensare anche ad aggregazioni o a operazioni consortili, che sono una risposta perché possono portare a economie di scala e di scopo, che consentono di far fronte alle pressioni competitive”.
Grafico della settimana
Asset tangibili e intangibili. Uno degli effetti della rivoluzione tecnologica attualmente in corso lo si può notare osservando il radicale mutamento delle risorse delle aziende. Nel secolo scorso si parlava di “asset tangibili”, termine che indicava i beni fisici e finanziari di un’azienda (macchinari, impianti, strumentazioni) che concorrevano alle formazione del capitale.
Con il nuovo millennio, invece, hanno preso sempre più piede gli “asset intangibili”, cioè quelle risorse non direttamente “misurabili” né fisicamente esistenti. Stiamo parlando del capitale tecnologico, intellettuale e strategico che, anche se non si può toccare o misurare, concorre significativamente alla formazione del capitale delle attuali società tecnologiche, da Facebook (in settimana si sono svolte le audizioni del numero uno Mark Zuckerberg al Senato e alla Camera USA) alla matricola Spotify.
Come si sono mossi i mercati
Settimana positiva per i listini. L’Eurostoxx50 chiude la settimana in positivo, mentre in Italia – malgrado la persistente incertezza attorno alla formazione del nuovo governo – il Ftse MIB, indice di riferimento della Borsa milanese, conferma il superamento dei 23.000 punti (lo avevamo lasciato, venerdì scorso, poco sotto questa soglia).
A Wall Street, dove pure è iniziata la stagione delle trimestrali, gli indici si avviano verso il week end in rialzo rispetto ai valori di venerdì scorso. I listini emergenti hanno beneficiato dei tentativi di distensione sul fronte dei rapporti commerciali globali.
Stallo sul nuovo governo, sale lo spread. In settimana si è registrato un moderato rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi europei “core”, in linea con quelli USA, mentre sono calati gli spread periferici eccezion fatta per il BTp italiano, che ha un po’ risentito dell’ipotesi di un incarico per la formazione del nuovo esecutivo al leader della Lega Matteo Salvini (ma di fatto c’è ancora un certo stallo).
Le tensioni USA-Russia pesano sul rublo. Protagonista della settimana, sulla scena valutaria, è stato il rublo, su cui hanno pesato le tensioni geopolitiche tra la Russia e gli Stati Uniti sulla martoriata Siria e le nuove sanzioni imposte da Washington a Mosca, con il presidente russo Wladimir Putin che ha minacciato ritorsioni.
Nota di colore: il presidente Trump in settimana ha accusato il procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller e il vice attorney general Rod Rosenstein di essere i responsabili dei cattivi rapporti con la Russia.
L’euro ripiega sul finire della settimana contro dollaro (siamo sempre sull’1,23) e sterlina, ma si apprezza rispetto allo yen.
Quota 80 è possibile: parola dell’ad di Eni. Secondo Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, è possibile che la quotazione del barile di greggio arrivi a 80 dollari.
Non sarebbe vano, quindi, l’impegno dell’OPEC e di quei Paesi, come la Russia, che non fanno parte del cartello ma che da gennaio 2017 fino almeno a fine 2018 si sono prefissati di ridurre la produzione per riequilibrare il mercato petrolifero mondiale.
Lo shale oil americano invece, secondo Descalzi, non rappresenta una minaccia dal momento che “la domanda sta crescendo”. Il Brent termina la settimana sui 72 dollari e il WTI si piazza attorno ai 67, entrambi in rialzo rispetto a una settimana fa.
In agenda
Di seguito, alcuni dei principali appuntamenti e dati macroeconomici della prossima settimana (fonte: Bloomberg).
Europa – Attese le immatricolazioni auto e la fiducia dei consumatori. Il 18 aprile uscirà l’indice dei prezzi al consumo, con tanto di variazione congiunturale e tendenziale aggiornata al mese di aprile e dato core (al netto cioè delle componenti più volatili come energia e alimentari).
Germania – Martedì 17 aprile verrà diffuso l’aggiornamento sullo ZEW.
Gran Bretagna – E per capire come sta il Regno Unito quando manca meno di un anno alla Brexit, possiamo dare un’occhiata ai dati sul mercato del lavoro che usciranno in settimana: il 17 aprile verrà pubblicato il tasso di disoccupazione rilevato dall’ILO (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, agenzia dell’ONU).
In calendario anche i dati sul CPI (Consumer Price Index) e sul PPI (Producer Price Index).
Italia – Nel nostro Paese segnaliamo la bilancia commerciale verso l’Europa e totale (17 aprile), l’indice dei prezzi al consumo (17 aprile) e gli ordini e le vendite industriali (18 aprile).
Stati Uniti – Fra gli altri, in ordine di rilevanza, attesi la produzione industriale (17 aprile), il Leading Index (19 aprile), l’Empire Manifacturing (16 aprile) e il Philadelphia Fed Business (19 aprile).
Cina – Martedì 17 aprile uscirà il dato sulla variazione annuale del Prodotto Interno Lordo aggiornata al primo trimestre dell’anno: gli analisti si aspettano un dato in linea con il precedente e pari al 6,8%.