La situazione della zona Euro è controversa: da un lato i dati macroeconomici positivi, dall’altro lato la situazione politica preoccupa sempre di più.
I dati economici
Mettiamo per un attimo da parte lo scenario politico e concentriamoci sugli ultimi dati economici: cosa ci raccontano?
- il tasso di disoccupazione non ha ancora raggiunto i livelli pre-crisi, ma il miglioramento è costante e attualmente si trova ai minimi dal 2009, mentre il numero degli occupati ha già superato la cifra di 154 milioni di occupati del 2007;
- a settembre il PMI Composito è salito a 56,7 (un valore al di sopra di 50 anticipa un’economia in espansione), questo vuol dire che i direttori delle imprese manifatturiere e servizi si aspettano un’ulteriore aumento dell’attività industriale, in altre parole ci si attende maggiori commesse, migliore produzione, il tutto supportato da una maggior quantità di lavoro. Entusiasmo condiviso anche dai consumatori europei: le vendite al dettaglio sono robuste e la fiducia è ai massimi dal 2007.
Il vento è cambiato nella seconda metà del 2016 ed il progressivo miglioramento dei dati economici ha spinto il Fondo Monetario Internazionale a ritoccare al rialzo le stime di crescita al +2,1% per il 2017 e al +1,9% per il 2018. Il FMI ha posto l’accento su due variabili chiave: il recupero del commercio mondiale che ha favorito l’export e la diminuzione dell’incertezza politica che ha invece invigorito la domanda interna. E adesso? Il commercio mondiale ci sembra in salute, la politica invece fatica a trovare un momento di tranquillità.
Solo la politica può rovinare tutto
La zona Euro e l’Europa ruotano intorno ad un processo politico complesso, in questo modo l’interesse generale è sempre ostaggio dell’interesse nazionale e della prossima elezione. Ecco un riassunto per i principali Paesi la situazione.
[accordion title=”La Spagna alle prese con la crisi spagnola”] La crisi catalana si è congelata ma non è per nulla terminata. Madrid ha imposto a Barcellona di fare chiarezza in merito alla dichiarazione di indipendenza entro il 18 ottobre. La situazione è fluida e tocca agli indipendentisti capire cosa fare, sulla loro testa pesa il famoso articolo 155, ossia la possibilità del Governo spagnolo di destituire l’autonomia della Catalogna.Nessuno sa cosa possa succedere dopo. Secondo le ultime notizie, il Governo Catalano potrebbe indire delle nuove elezioni per demandare al prossimo Governo il problema. Al momento, le aziende stanno iniziando a programmare il trasferimento per non perdere l’accesso al mercato unico europeo, i mercati rispecchiano questa incertezza e la borsa di Madrid, rispetto ai principali listini europei è leggermente sotto tono e la situazione rimane accesa. [/accordion]
[accordion title=”Italia cresce, ma meno degli altri”]Con il voto della nuova legge elettorale l’Italia è entrata ufficialmente in campagna elettorale, stando ai sondaggi il prossimo Governo sarà il frutto di una grande coalizione. Il Parlamento ha votato la risoluzione al DED (Documento di Economia e Finanza), ora la palla passa alla Commissione Europea che si deve esprimere entro il 30 novembre. Per il 2018 non si sono grandi novità e la crescita italiana rimane molto sensibile al contesto mondiale. Oltre al rischio politico le banche rimangono un nervo scoperto: negli ultimi giorni il settore finanziario ha risentito dei rumors riguardo le nuove norme della BCE sui Non Performing Loans (NPL). [/accordion] [accordion title=”La Grecia è tornata sui mercati ma il costo del debito rimane un limite”]Sebbene la Grecia abbia ricominciato a respirare (nel secondo trimestre del 2017 il PIL è cresciuto del +0,8%) è ancora troppo presto per dire che il Paese è uscita definitivamente dalla palude. Questo perché, il debito greco resta ancora un problema, sia come stock (179% del PIL), sia come flusso, inteso come scadenze dei pagamenti. Il grafico sottostante che mostra le scadenze di debito da onorare, vedono ancora due anni molto difficili, la cosa interessante è notare che dopo il 2019 i pagamenti si riducono drasticamente, periodo che coincide con le nuove elezioni che si terranno, per ora fissate, ad ottobre 2019.[/accordion] [accordion title=”Germania”]Anche in questo caso il problema è principalmente legato alla politica, e nel particolare, alla continuità di quest’ultima. Sebbene Angela Merkel abbia vinto le elezioni e fatto grandi cose in passato vi sono timori che non riesco a governare in modo assoluto, considerata la perdita del partito alleato da una vita; il partito socialdemocratico di Martin Schulz. Al momento lo scenario più probabile è un governo di larghe intese, chiamato ironicamente “Jamaica” per via dei colori delle bandiere dei singoli partiti (CDU, Liberali e Verdi). In questa fase, l’attenzione degli analisti è volta a capire come la Merkel riuscirà a tenere insieme un governo che ha posizioni sul futuro dell’Europa molto diverse, e a conciliare queste con le posizioni espresse da Macron. In particolare i temi più insidiosi riguardano proprio il cuore del progetto di riforma, come la politica economica, le regole di bilancio fiscale e le regole di mutualizzazione del debito.[/accordion] [accordion title=”Francia”]Tra i paesi “grossi” è quello che al momento fa meno paura, complice anche l’ascesa di Macron e della sua visione prettamente Europea, non a caso l’euro ha guadagnato, dal primo turno delle elezioni ad oggi, ben più del 10%. Mettendo da parte il lato politico, ricordiamo che la Francia resta comunque il Paese più indebitato d’Europa (inteso come debito complessivo, ossia sommando quello privato con quello pubblico). [/accordion]
Sebbene non si intravedano tempeste all’orizzonte per ora, ci limitiamo a continuare il viaggio, anche se, sono giorni caldi e non sono escluse sorprese negative.