L’intervento della FED, le elezioni in Olanda e in Francia, i dubbi sulle proposte di Trump. Ecco come sta cambiando lo scenario sui mercati globali.
Punti chiave
- Il rialzo dei tassi tanto atteso. Come previsto, la Federal Reserve ha ritoccato al rialzo i tassi di interesse USA di un quarto di punto. Il range attuale si trova tra lo 0,75% e l’1,00%.
- L’Olanda scaccia il populismo. Considerando il lungo calendario politico che ci attende nei prossimi mesi, l’Europa tira il primo sospiro di sollievo dopo le elezioni in Olanda: la vittoria dei liberali di centro-destra guidati da Mark Rutte ha scacciato nel Paese lo spettro di un’ascesa dei populisti, che fino a poco prima delle elezioni erano in testa ai sondaggi politici.
- La Cina non è più quella di una volta. Nella riunione annuale del Governo, il Premier cinese ha annunciato che il Paese crescerà del 6,5% nel 2017, in calo rispetto al 6,7% del 2016, e ai minimi dal 1990.
- La Brexit è realtà. L’ambasciatore britannico ha consegnato alla Commissione Europea la lettera che sancisce l’avvio dei negoziati per il “divorzio”del Regno Unito dall’UE. Il parlamento scozzese per tutta risposta ha approvato il referendum 2.0 per l’indipendenza da Londra.
Grafico del mese
Nel mondo c’è un eccesso di petrolio. Il taglio della produzione deciso dai Paesi OPEC a novembre non è bastato a ridurre l’offerta di greggio, che continua a crescere ad un ritmo superiore alla domanda grazie alla produzione di scisto. Risultato? Il prezzo del petrolio è crollato del 6,3% nell’ultimo mese e dell’8,3% da inizio anno.
Commento generale
I mercati si avvicinano all’ora X delle elezioni francesi in netta contrapposizione a quello che ci aspettavamo. I listini europei guadagnano terreno rispetto ad un mercato azionario USA che sembra ormai stanco di vivere di sole aspettative. I rendimenti obbligazionari si adeguano all’aggiustamento delle previsioni di crescita economica ed inflazione, mentre i mercati emergenti hanno la piena fiducia degli investitori, in un momento in cui la FED alza i tassi d’interesse e la Cina mantiene la barra dritta sulla sua trasformazione economica in corso.
Mettiamo in ordine le idee.
Sul fronte macroeconomico non ci sono grandi novità. I dati hard (come la produzione industriale, che non contiene aspettative) seguono i dati soft (basati invece sulle aspettative degli operatori) e, salvo sorprese dell’ultima ora, l’economia mondiale sembra in discreta salute. Tra l’altro, gli analisti stanno alzando le previsioni di crescita del PIL sia del Giappone che della zona euro.
Il rischio sistemico globale, misurato dal Barometro del rischio, è ampiamente positivo ed in miglioramento. Anche sull’Europa pian piano sta tornando il sereno (anche se il Barometro è ancora inferiore alla soglia critica di 50). Tirando le somme, sussistono le condizioni affinché prevalga un atteggiamento complessivamente positivo verso gli attivi rischiosi.
Negli Stati Uniti, il mercato ha subito una battuta d’arresto, così come l’amministrazione Trump che ha dovuto fare un passo indietro sullo smantellamento dell’Obamacare. Va detto che da tempo si sapeva che il Congresso non era d’accordo sull’accantonare completamente la riforma sanitaria. Per ora l’Obamacare è salva e il Governo tornerà alla carica con le riforme più interessanti per i mercati finanziari (riforma fiscale e deregulation), su cui ci sono più margini di manovra. Come abbiamo detto più volte, la partita è lunga e prima di fine anno difficilmente si riuscirà a chiudere il cerchio. Noi rimaniamo dell’idea che i fondamentali siano ancora buoni e, al momento, consideriamo la flessione dei mercati come una pausa fisiologica e non un cambio drastico di direzione.
L’Europa rimane il grande nervo scoperto. Siamo dell’idea che il mercato stia sottovalutando il rischio Frexit e la recente sovraperfomance rispetto alla piazza USA ne è la prova. I sondaggi danno Marine LePen sconfitta al secondo turno quasi ovunque: il vento di cambiamento populista che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca non sembra soffiare per lei (ma si vedrà). Perciò la combinazione tra la vittoria dalla LePen ed il “SI” ad un referendum per far uscire la Francia dalla zona euro ci sembra uno scenario del tutto improbabile – ma non impossibile – a cui comunque il mercato ci sembra del tutto impreparato. A costo di sbagliare la direzione del mercato comunque, il nostro DNA da risk-manager ci impedisce di eccedere in posizioni pro-Europa.
Infine, il Regno Unito ha ufficialmente avviato il processo di negoziazione con la Commissione Europea (a livello aneddotico, per quel che vale, molte delle nostre conoscenze londinesi che lavorano in finanza verranno presto ri-allocate sul Continente). D’ora in poi si potranno cominciare ad apprezzare gli effetti della Brexit sull’economia, ma al momento la notizia non ha minimamente scalfito l’umore dei mercati – sterlina a parte.
Snapshot Mercati
Valutazione per asset class
La risalita dei mercati azionari ha rinvigorito il momentum, soprattutto sui mercati europei. Tuttavia, in termini di valutazioni relative lo scenario non è cambiato: l’Europa continua ad essere il peggiore mercato tra i Paesi Sviluppati. Il buon momentum del mercato azionario coinvolge anche gli emergenti, che riducono la distanza nei confronti dei Paesi Sviluppati (ma questi ultimi restano i nostri preferiti). L’India è, tra i BRIC, il mercato con le valutazioni migliori, e il momentum è appena tornato positivo.
I rendimenti sul fronte obbligazionario sono saliti di qualche punto base, ma in aggregato i rendimenti europei e quelli dei Paesi periferici rimangono davvero magri. Tra il 2,4% offerto dal decennale USA ed il 2,1% italiano crediamo ci sia più valore in quello statunitense. Tra l’altro, fino ad ora, gli acquisti della BCE hanno messo un tetto ai tassi d’interesse, ma se tutto va come deve andare il QE potrebbe ben presto finire. Ciò implica un aumento dei costi di finanziamento, che si ripercuoterà inevitabilmente sull’equilibrio debito pubblico/PIL.
Invece, è più interessante il segmento corporate, che ha sì sofferto la recente fase di mercato, ma senza presentare ancora chiare evidenze che la qualità del credito sia peggiorata. Perciò i rendimenti sono tutto sommato interessanti.
Le commodities si confermano l’asset class con le migliori valutazioni anche se il momentum è tornato negativo.
I portafogli
Il mese di marzo ha praticamente azzerato le perfomance positive di inizio anno. I portafogli sono stati penalizzati dall’esposizione al mercato USA (sia sul fronte azionario che obbligazionario) e dal calo delle materie prime. Al contrario, hanno retto bene i Paesi Emergenti.
Per il momento riteniamo che la flessione del mercato americano sia passeggera, e che il mix tra valutazioni e fondamentali sia ancora in suo favore, specialmente rispetto al mercato europeo. Il mercato azionario italiano in questa fase gode di un sostegno tecnico davvero notevole. Il fattore PIR sta provocando la presenza di ingenti flussi di risparmio sul mercato azionario italiano, che i gestori sono obbligati a riversare su un mercato piccolo, dai volumi modesti. L’offerta di titoli azionari è piuttosto rigida, ma la domanda è in crescita: se questa situazione perdura è pressoché inevitabile che, da un punto di vista meramente tecnico, i prezzi delle azioni “papabili” per i PIR debbano salire, almeno nel breve periodo.
Sul fronte obbligazionario, la risalita dei rendimenti non è sufficiente a rendere appetibili scadenze più lunghe. Per quanto riguarda il rischio di credito non sono cambiati i fondamentali, perciò rimaniamo corti di duration, esposti all’inflazione e al segmento corporate.
[accordion title=”Portafogli Obiettivo”]Non abbiamo fatto cambi di asset allocation, ma nei portafogli Reddito abbiamo aggiunto un’esposizione al mercato australiano che ha un dividend yield decisamente interessante, superiore agli altri mercati (oltre il 4,0%). Gli altri portafogli non sono cambiati.
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[accordion title=”Portafogli Tematici”]
Non abbiamo effettuato variazioni di asset allocation.
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[accordion title=”Portafogli Tattici”]
In base alla propensione al rischio dei portafogli, abbiamo inseriro un tilt sull’azionario italiano (azioni a media capitalizzazione), per cavalcare l’onda dei PIR.
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