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Roboadvisor e FinTech, i falsi miti da sfatare

Tutti parlano di FinTech e di Roboadvisor, ma le idee in merito sono poche e confuse. Ecco cosa è emerso da una delle conferenze organizzate sul tema nel corso dell’ultimo Salone del Risparmio.

Cosa sono i roboadvisor?

FinTech e Roboadvisor sono ormai sulla bocca di tutti nel mondo della finanza, e sono stati protagonisti indiscussi dell’ultimo Salone del Risparmio, andato in scena a Milano tra il 6 e l’8 aprile scorsi.

Ma anche se tutti ne parlano, spesso le conoscenze in materia sono poche e confuse – in alcuni casi del tutto fuorvianti. È questa la sensazione emersa dal panel “Io Robot: la tecnologia al servizio della consulenza. Sviluppi internazionali ed esperienze locali”, organizzato da Assogestioni.

Nel corso della discussione – a cui ha preso parte l’a.d. di AdviseOnly, Serena Torielli, insieme a Roberto Ferrari, direttore generale di Che Banca!, Giovanni Daprà, co-fondatore  e ceo di Moneyfarm, e Paolo Sironi di Ibm, che ha introdotto i lavori – sono emersi alcuni dei “falsi miti” che ruotano attorno al mondo della cosiddetta roboadvisory.

Miti da sfatare

Tanto per cominciare, per usare un’espressione cara a Serena Torielli, “I roboadvisor non sono né robot né advisor”, motivo per cui ha più senso usare la definizione di “soluzioni di digital wealth management”. Stiamo parlando infatti di piattaforme digitali supportate da algoritmi finanziari che propongono soluzioni di investimento facili e a basso costo. Una cosa molto diversa dalla consulenza finanziaria vera e propria, che presuppone una relazione personale e un rapporto complesso, che implica la conoscenza della situazione patrimoniale e gli obiettivi di investimento di una persona e della sua famiglia.

Inoltre non è poi così vero che i roboadvisor vivono soprattutto grazie ai Millennials, cioè i giovani nati tra gli anni ’80 e gli anni 2000. Se sicuramente gli appartenenti a questa generazione saranno i principali depositari del risparmio negli anni a venire, oggi come oggi i principali clienti delle maggiori realtà FinTech in Italia – pensiamo ad AdviseOnly e Moneyfarm – hanno un’età media di circa 46 anni, un target che coincide sostanzialmente con quello delle banche tradizionali.

Del resto, hanno rilevato i partecipanti alla tavola rotonda, ormai quasi tutti riescono a interagire con la tecnologia, non solo i Millennials: molte delle persone che si affidano a una piattaforma di roboadvisory, ha osservato Giovanni Daprà, “hanno già dei rapporti in essere con altre banche e dei risparmi da parte, ma vogliono provare qualcosa di nuovo e quindi fanno un tentativo, magari con una piccola fetta del loro patrimonio”.

Oggi in Europa, ha evidenziato da parte sua Roberto Ferrari,  le persone “affluent” digitalizzate – cioè in grado di utilizzare il mondo online – sono in tutto circa 60 milioni: “esiste  quindi chiaramente un’area di conflitto tra roboadvisor e banche tradizionali. Ma secondo me l’obiettivo di queste piattaforme di digital wealth management è più che altro quello di allargare la base di clientela, perché c’è tutta una fascia che oggi non è seguita bene dalle realtà di consulenza finanziaria tradizionale”.

Educazione finanziaria prima di tutto

Ma come fare per attrarre questa clientela rimasta tagliata fuori dai servizi di advisory? “Prima di tutto facendo leva sull’educazione finanziaria”, argomenta Serena Torielli. “In questo campo tra l’altro, le start-up hanno un vantaggio rispetto alle banche, perché sono più smart e parlano un linguaggio più semplice. Inoltre per le realtà indipendenti come AdviseOnly, che non vendono prodotti finanziari, entra in gioco anche un fattore di maggiore credibilità”.


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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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