I “roboadvisor” ottengono un nuovo importante riconoscimento nel Regno Unito, da sempre considerato la “patria del Fintech”. La Financial Conduct Authority (FCA), l’equivalente inglese della nostra Consob, ha dato infatti la sua benedizione all’utilizzo della tecnologia nell’ambito della consulenza finanziaria: “la tecnologia e in particolare i modelli di consulenza automatizzata, possono giocare un ruolo chiave nel ridurre i costi della consulenza finanziaria e nello sviluppare nuovi modi per intercettare i consumatori”, si legge nell’ultima Financial Advice Market Review della FCA diffusa a marzo 2016.
W i roboadvisor
Proprio per questo motivo, l’authority intende creare una nuova unità volta a incentivare lo sviluppo di modelli di consulenza automatizzata “mass market”, i roboadvisor, nella speranza che possano contribuire a ridurre gli squilibri tutt’ora esistenti sul mercato. Offrire consulenza finanziaria personalizzata di qualità, osserva la FCA, è infatti un’attività costosa e questo si riflette inevitabilmente sull’investitore finale, che spesso si trova a dover pagare per il servizio una cifra sproporzionata rispetto all’ammontare che desidera investire. Inoltre molti investitori rinunciano in partenza a una guida per i loro investimenti a causa della crisi di fiducia generalizzata nei confronti delle istituzioni finanziarie.
Non solo. Le stesse società di consulenza si trovano loro malgrado costrette a respingere potenziali clienti: con la nuova normativa infatti (la cosiddetta Rdr, Retail distribution review), non sarebbe remunerativo per loro offrire consulenza a soggetti con piccole somme da investire o bisogni semplici, come quello di costruirsi un “cuscinetto” da utilizzare in caso di imprevisti. Addirittura Rbs – è notizia di pochi giorni fa – ha annunciato che ridurrà di 220 unità la sua squadra di consulenti finanziari e dirotterà parte della clientela su servizi di advisory online, mantenendo i professionisti in carne e ossa solo per investitori sopra le 250mila sterline.
Al risparmiatore serve più consapevolezza, non un servizio che gli svuoti le tasche
C’è da dire poi che molti utenti non sono nemmeno disposti a pagare per un servizio di consulenza personalizzata: secondo l’indagine condotta dalla FCA, spesso l’esigenza del piccolo risparmiatore si ferma a un consiglio generico e più informale, una sorta di guida all’investimento che gli consenta di compiere scelte consapevoli e in linea con i propri obiettivi di vita.
Ecco allora che entrano in gioco i cosiddetti roboadvisor, che permettono di ottenere qualche risposta – anche se non tagliata su misura – semplicemente collegandosi a internet e rispondendo a una serie di domande.
Ma esiste anche un’altra categoria di consumatori da non sottovalutare, avverte la FCA: si tratta delle persone che si disinteressano totalmente delle proprie finanze e che non richiederebbero una consulenza nemmeno se potessero riceverla in modo più informale e a prezzi più accessibili.
Per cercare di aumentare la consapevolezza anche in questa fascia di persone, l’authority britannica suggerisce di mettere a punto una serie di alert da inviare nei momenti cruciali della vita (dal punto di vista del risparmio) e una lista di regole basilari da seguire per non perdere la retta via (una di queste potrebbe essere: “da giovani ci si può permettere di prendere dei rischi nei propri investimenti, ma questi rischi vanno ridotti man mano che si invecchia”).
Mai dimenticarsi della pensione
Tra i temi su cui si sofferma il report c’è poi quello della pensione: dai risultati della ricerca è emerso infatti un elevato bisogno di consulenza nel momento in cui una persona smette di lavorare. Per venire incontro a questa necessità, la FCA propone di consentire ai lavoratori di utilizzare una parte dei risparmi accantonati per la pensione proprio per pagare un servizio di consulenza. Ma il problema, avverte l’authority, andrebbe affrontato ben prima di quel momento: “una consulenza finanziaria professionale – se ricevuta per tempo – può avere un impatto significativo sul reddito da pensione”, riporta lo studio. Per questo la Financial Advice Market Review auspica che il Governo valuti la possibilità di versare alle persone una piccola parte dei loro fondi pensionistici per pagare un servizio di advisory già dieci anni prima di raggiungere l’età minima di pensionamento. In questo modo, gli individui potrebbero avere il tempo di pianificare e magari incrementare i risparmi in vista della pensione.
Sempre allo scopo di favorire la consapevolezza sul proprio reddito in età post-lavorativa, la FCA suggerisce la messa a punto di una sorta di “pannello di controllo della pensione”. L’idea è quella di sfruttare la tecnologia per creare un sistema che raccolga tutti i contributi versati durante la vita lavorativa anche in diversi piani pensionistici, in modo che il contribuente possa avere sempre a disposizione un quadro completo della propria situazione.
Il Fintech porta a casa un’altra vittoria. E in Italia?
Insomma, per la FCA non c’è dubbio: la tecnologia applicata al mondo degli investimenti è una risorsa potente, anche se ad oggi non è ancora sfruttata al massimo. Superate le resistenze, potrebbe portare enormi vantaggi al sistema nel suo complesso, da un lato democratizzando l’accesso ai servizi di consulenza, dall’altro aumentando la consapevolezza e l’educazione finanziaria delle persone, anche quelle più restie ad avvicinarsi al mondo del risparmio. Il report diffuso dall’authority britannica è un altro importante punto a favore del Fintech. Chissà se anche in Italia le istituzioni riconosceranno l’importanza e le potenzialità di questo fenomeno. Tutti – i risparmiatori per primi – avrebbero solo da guadagnarci.