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Minibond, cosa fanno i nostri “cugini” europei?

I prestiti obbligazionari a sostegno delle piccole e medie imprese non sono una prerogativa solo italiana. Dando un rapido sguardo all’esperienza di altri Paesi europei però, la sensazione è che nel Belpaese esistano le condizioni ideali per il fiorire di questo mercato.

Un po’ di numeri

I minibond stanno gradualmente prendendo piede in Italia e i numeri lo confermano: secondo i dati dell’Osservatorio Minibond messo a punto dal Politecnico di Milano, nel corso del 2015 le emissioni nel Belpaese sono state in tutto 78, contro le 71 dell’anno precedente, per un totale di 179 collocamenti dal 2012 a oggi, di cui 164 quotati sul mercato ExtraMot Pro, per un controvalore di 5,8 miliardi di euro (dati aggiornati al31 marzo 2016). In particolare, i minibond quotati (cioé emissioni con taglio inferiore ai 50 milioni di euro in negoziazione su ExtraMot Pro) sono in tutto 141, per un controvalore di 1,3 miliardi di euro (da 126 minibond per 1,17 miliardi a fine 2015).

I minibond esistono anche fuori dall’Italia?

Ma i prestiti obbligazionari a sostegno delle piccole e medie imprese non sono una prerogativa solo italiana.

Per comprendere meglio il fenomeno, vale la pena allora spingere lo sguardo al di fuori dei nostri confini e andare a vedere che cosa succede nel resto d’Europa: dalla Spagna al Regno Unito, dalla Francia alla Germania, fino all’esperienza norvegese.

Spagna

In Spagna l’esperienza dei minibond è piuttosto recente: nel 2013 è stato aperto un mercato non regolamentato di titoli di debito dedicato alle PMI, il Mercado Alternativo de Renta Fija (Marf), gestito dalla società Bolsa y Mercados Españoles. Nel Marf sono quotate sia cambiali finanziarie sia obbligazioni e queste ultime sono destinate solo a investitori professionali (il taglio minimo è 100.000 euro). A fine dicembre 2015 risultavano quotati sul Marf 41 minibond, emessi da 18 società diverse.

Regno Unito

La Borsa di Londra, London Stock Exchange, ha aperto una piattaforma (Order book for Retail Bonds, ORB) per emissioni di minibond già nel 2010, ma con risultati decisamente scarsi rispetto ai nostri. Il listino è aperto ai piccoli risparmiatori, al contrario dell’ExtraMot. A fine 2015, le emissioni sul mercato ORB erano arrivate a quota 104: secondo gli stessi responsabili del listino, con gli attuali requisiti il mercato non è efficiente per gli emittenti che vogliono raccogliere meno di 20 milioni di sterline. Il Regno Unito, patria del FinTech, permette di emettere minibond anche su piattaforme specializzate di crowdfunding come Crowdcube, che ha raccolto finora 12,9 milioni di sterline in 11 campagne finanziate da oltre 3.300 investitori.

Francia

In Francia i mercati finanziari dedicati alle emissioni obbligazionarie delle PMI sono tre, tutti destinati sia a investitori istituzionali sia retail: i segmenti B e C del mercato regolamentato Euronext e il sistema multilaterale di negoziazione Alternext. Il taglio minimo dei minibond è di 100 euro e la durata deve essere compresa tra 5 e 10 anni. Gli investitori retail possono sottoscrivere i titoli attraverso banche e broker. In base alla normativa francese sui minibond, i sottoscrittori hanno diritto ad alcuni vantaggi fiscali. A fine 2015 risultavano quotati su Alternext 37 titoli assimilabili ai minibond.

Germania

Ogni piazza finanziaria tedesca ha il suo listino dedicato ai titoli di debito delle PMI. A Francoforte si chiama Entry Standard, a Düsseldorf c’è il Primärmarkt, ad Amburgo-Hannover il Mittelstandsbörse Deutschland e, per finire, a Monaco c’è il M:access bond. A Stoccarda esiste un mercato regolamentato non ufficiale composto da diversi segmenti, uno dei quali è proprio dedicato ai mini-bond, il Bondm: questo mercato permette la negoziazione di titoli emessi da PMI e destinati sia a investitori professionali che al pubblico retail.

Ma l’esperienza dei minibond in Germania non può dirsi finora propriamente di successo, a causa di diversi fenomeni di insolvenza registrati negli ultimi anni da queste emissioni.

Norvegia

Per concludere, anche quella della Norvegia è un’esperienza interessante: qui nel 2005 è nato un mercato non regolamentato, il Nordic ABM, dedicato alla quotazione e allo scambio di obbligazioni e commercial paper fino a 12 mesi di durata (equivalenti alle cambiali finanziarie italiane). Il listino è suddiviso in due segmenti: uno aperto solo a investitori istituzionali e l’altro accessibile anche a investitori retail . A fine 2015 risultavano quotati sul Nordic ABM più di 1.100 minibond, emessi da circa 300 imprese (in gran parte del settore finanziario).

Tornando in Italia…

A conti fatti pare che l’Italia non se la stia cavando affatto male sul fronte dei prestiti obbligazionari a sostegno delle pmi. Del resto il Belpaese è storicamente ricco di piccole realtà imprenditoriali che rappresentano vere e proprie eccellenze italiane con progetti di crescita, innovazione e internazionalizzazione. E i minibond sono lo strumento ideale per sostenerle  Non solo. In un mercato banco-centrico come quello italiano, dove gli istituti di credito hanno un peso superiore rispetto agli alteri Paesi, le aziende stanno iniziando a prendere consapevolezza dell’importanza di diversificare le fonti di finanziamento, svincolandosi dunque dalla totale dipendenza dal canale bancario. E anche in questo caso i minibond offrono una interessante alternativa, sia per le aziende alla ricerca di finanziamenti, sia per gli investitori, che hanno diritto a diversi vantaggi (qui per approfondire). Insomma, sembra che nel Belpaese ci siano tutti gli ingredienti giusti per creare un mercato fiorente sul fronte dei Minibond.

 

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