Come si sarebbe mosso il PIL italiano se l’economia avesse proseguito sulla strada della crescita?
Smanettando su Bloomberg, mi sono imbattuto in un grafico sull’Italia che – nella sua semplicità – mi ha colpito, e che vi ripropongo dopo averlo riprodotto: è una comparazione tra la traiettoria effettiva del PIL reale italiano e quello che sarebbe stato se la nostra economia avesse continuato a crescere al ritmo del quinquennio precedente la crisi del 2008. Eccolo:
La differenza tra l’ipotetico PIL reale dell’Italia e quello che si è concretizzato è pari a 17,3%. Numerone. Ciò significa, in buona sostanza, che l’impatto della crisi finanziaria e del debito che ha investito l’eurozona (con tutti gli strascichi annessi e connessi) è stato pari a oltre il 17% del PIL reale, secondo una grezza valutazione.
Grezza sì, ma che deve comunque far riflettere
Bisogna considerare prima di tutto che il trend medio di crescita dell’economia reale italiana nel periodo 2003-2008 non era esattamente quello della Cina: il PIL cresceva a un mesto 1,26% annuo. La crisi finanziaria ci ha dunque fatto piombare dalla padella nella brace.
E poi, viene da pensare che, in fondo, l’Italia è il simbolo di ciò che non va nell’eurozona: produttività bassa, crescita economica esangue, disoccupazione elevata, inefficienza politica e burocrazia paralizzante.
Tutto ciò è il frutto di scellerati decenni di assenza di politica industriale, un vuoto portato a piena maturazione dalla teutonica politica europea di Austerity, mantenuta rigida anche in piena crisi economica. Ovviamente, stando ai dati economici, politica fiscale restrittiva e stretta creditizia non sono esattamente gli ingredienti migliori per una ricetta di crescita economica.
Qualche miglioramento si vede
In Italia la disoccupazione diminuisce, seppur di poco, e l’economia è tornata a crescere a tassi positivi, anche se mignon. Sono per lo più miglioramenti congiunturali, e non molto strutturali, che dipendono in buona parte da fattori esterni all’Italia, quali il valore dell’euro rispetto alle altre divise e la politica monetaria della BCE. È comunque a mio parere positivo che prenda sempre più piede nell’eurozona un’idea politica tesa a superare l’Austerity (cosa che risponderebbe anche all’avanzata populista in atto in tutta l’Europa).
Serve un cambiamento di portata europea
Ma gli ostacoli da superare sono ancora molti, e ne abbiamo avuto la prova durante il recente meeting del G20 di Shanghai: la divisione sulle soluzioni per rinvigorire l’anemica crescita economica è stata netta, con la Germania pronta a bocciare la proposta del Fondo Monetario Internazionale di un piano di stimoli fiscali e monetari. Resta il fatto che l’Italia dovrà impegnarsi per recuperare il terreno perduto. E difficilmente potrà riuscirci senza un cambiamento di portata europea: con gli attuali vincoli di bilancio, gli spazi di manovra del Governo non sono molti.