Con un maxi-decreto sul sistema bancario arriva il via libera del Governo all’attesa riforma delle Banche di credito cooperativo, nonché alle nuove misure per la gestione dei crediti deteriorati. Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri – tutto volto a incentivare operazioni di aggregazione tra gli istituti italiani – non contiene certo una formula magica in grado di far sparire nel nulla i problemi del settore, ma, per citare le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi, “pone ulteriori tasselli per il consolidamento del mosaico del sistema bancario”.
Vediamolo nel dettaglio.
La parte del decreto riguardante le sofferenze bancarie – che ammontano in tutto a oltre 200 miliardi di euro, circa 88 al netto degli accantonamenti – recepisce in sostanza l’accordo siglato nei giorni scorsi con la Commissione europea. Le banche italiane potranno deconsolidare le sofferenze dal bilancio, impacchettandole e vendendole a soggetti terzi. Diventa ufficiale anche l’istituzione di una Garanzia pubblica di Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS), che le banche potranno richiedere sulla tranche di debito senior in modo da rendere i loro crediti in sofferenza più appetibili ad eventuali acquirenti. Per poter accedere alla garanzia però, sarà necessario ottenere da un’agenzia di rating una valutazione non inferiore all’Investment Grade.
Quanto al nodo delle banche popolari, la riforma varata dal Governo dispone che le Bcc entrino a far parte (di qui ai prossimi 18 mesi) di un “gruppo bancario cooperativo”, ovvero una holding con un capitale di un miliardo di euro. Una mossa, ha spiegato Matteo Renzi, che va nella direzione di un sistema bancario più forte e solido, composto da istituti di credito di dimensioni maggiori.
Attenzione però: l’adesione al gruppo bancario cooperativo non è un obbligo. Le singole banche potranno decidere di non entrare nella holding e uscire dal sistema del credito cooperativo. Ma per farlo dovranno disporre di riserve per almeno 200 milioni di euro e versare all’erario un’imposta del 20% su queste riserve. Secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, al momento solo una decina di banche sono in grado di soddisfare queste condizioni, su 371 istituti di credito cooperativo esistenti. Va detto, ha sottolineato il ministro, che 18 mesi sono lunghi, quindi ci sarà tempo per prendere una decisione e attrezzarsi di conseguenza.
Il testo approvato dal Consiglio dei ministri non contiene invece alcun chiarimento sui rimborsi agli obbligazionisti dei quattro istituti di credito interessati dal cosiddetto “decreto salva-banche” – Carichieti, Carife, Banca Etruria e Banca Marche – risparmiatori che hanno visto sfumare parte dei loro investimenti. Ma non c’è nessun ritardo, ha assicurato il premier Matteo Renzi: la questione sarà risolta in pochi giorni con la firma di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) e un decreto ministeriale che sono già pronti.
Intanto oggi il Tribunale di Arezzo ha dichiarato lo stato di insolvenza della “vecchia” Banca Etruria, accogliendo il ricorso del commissario liquidatore. Si tratta di un passaggio importante, perché adesso il procuratore di Arezzo potrebbe ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta nell’ambito dell’inchiesta in corso sull’istituto di credito.
Piazza Affari si muove in terreno pesantemente negativo, con i titoli bancari che soffrono le perdite più consistenti.
Carlo Ghiringhelli / Febbraio 19, 2016
Gentile signora Bin , i 200 milioni si riferiscono al patrimonio e non alle riserve (secondo il giornalista Sunseri).
Cordialità. Carlo Ghiringhelli da Gallarate
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