Proprio mentre il sistema bancario italiano è sotto i riflettori a seguito dei recenti crolli in Borsa, il presidente del Consiglio del Belpaese, Matteo Renzi, è volato a Berlino nei giorni scorsi per un faccia a faccia con la leader della maggiore potenza europea, la cancelliera tedesca Angela Merkel.
L’incontro si è svolto senza sorprese e i toni sono rimasti pacati, secondo le prime ricostruzioni della stampa: Merkel ha espresso apprezzamento per il programma di riforme italiano, mentre Renzi ha detto che l’Italia deve fare il possibile per ridurre il suo debito pubblico.
Ma al netto di lodi e promesse, proviamo a guardare più da vicino il sistema finanziario della Germania, a partire proprio dal suo settore bancario, per capire quali sono le differenze e gli eventuali punti di contatto con l’Italia.
Un gigante dai piedi di argilla?
In scia alle discussioni relative all’Unione bancaria europea, partita il 4 novembre con l’inizio della vigilanza bancaria affidata alla BCE, vi sarà capitato di sentire qualcuno affermare che la Germania è un colosso dai piedi di argilla.
“Forte” da un punto di vista industriale e di finanza pubblica, imponente per il suo surplus di bilancia commerciale, negli ultimi vent’anni la Germania ha tuttavia mostrato una marcata debolezza e inefficienza strutturale del suo sistema finanziario.
Se le grandi banche tedesche che controllano una parte ridotta del mercato presentano risultati economici e finanziari in serio peggioramento, i piccoli e medi istituti, molto più numerosi ed esclusi dalla vigilanza bancaria della BCE, non si trovano in condizioni meno pietose.
La struttura del sistema bancario tedesco
Una caratteristica del sistema creditizio tedesco è il modello di banca universale, ovvero un modello di banca operante su tutti i comparti del mercato del credito e di quello dei titoli.
Diversamente dal sistema creditizio americano, di tipo “market based”, in Germania, come in altri paesi dell’area euro (Italia inclusa), il sistema è di tipo “bank based”, ovvero imperniato sul rapporto diretto tra banche ed imprese, o singoli cittadini.
La struttura del sistema bancario tedesco è divisa in tre livelli dimensionali:
- le banche private;
- le banche di diritto pubblico, che includono le Landesbank (istituti regionali, casse di risparmio e casse rurali);
- le banche di credito cooperativo.
Scoppia la crisi, il sistema bancario inizia a scricchiolare
Lo scoppio della bolla internazionale del 2008 ha investito l’intero sistema bancario tedesco mettendo in evidenza debolezze ed inefficienze. Infatti, la condizione anomala della zona euro, un’area valutaria imperniata attorno a un Paese strutturalmente esportatore, cioè la Germania, ha creato non pochi problemi al Paese stesso.
L’imponente surplus commerciale della Germania, in particolare negli anni del boom, è stato infatti largamente impiegato all’estero, spesse volte in maniera imprudente e sconsiderata.
Si pensi ai molti soldi prestati alla Grecia, ma anche alla Spagna (negli anni della bolla immobiliare), o all’Irlanda. Tutti crediti che, con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e poi dell’eurozona, le banche tedesche hanno dovuto recuperare. Oppure si pensi agli impieghi delle grandi banche tedesche in “titoli spazzatura” (junk bonds) americani.
Con lo scoppio della Grande Crisi del 2008, il Governo tedesco è quindi dovuto intervenire per salvare alcuni istituti bancari. E lo ha fatto sfruttando la sua posizione politica dominante. Le ristrutturazioni del debito di Paesi in difficoltà, volute da Bruxelles ed in particolare dal governo tedesco, sono in effetti servite in diversi casi (in particolare nel caso greco, come testimoniano i verbali del FMI) a limitare il deterioramento dei bilanci delle banche tedesche e francesi.
La situazione delle grandi banche
Alcuni istituti privati come Postbank o Dresdner Bank sono passati nella mani di grandi banche come Deutsche Bank o Commerzbank, le cui sofferenze non sono certo finite.
Il caso della Deutsche Bank, una delle maggiori banche internazionali è esemplare. Costretta a mantenere un elevato tasso di leverage (cioè un’alta leva finanziaria, investendo più del capitale proprio, finanziandosi) per essere competitiva sui mercati internazionali, e coinvolta in diverse liti giudiziarie, svalutazioni ed oneri di ristrutturazione, ha chiuso il 2015 con una vistosa perdita netta di 6,7 miliardi di euro ed un rapporto tra capitale e attività ponderate per il rischio (Cet 1) intorno all’11%.
La condizione delle altre banche
Non è meno penosa. Con la scoppio della bolla dei mutui subprime, il governo tedesco si è trovato a dover affrontare la crisi delle stesse Landsbanken. Molte banche medie e piccole (in particolare casse di risparmio) si trovano oggi in difficoltà ed hanno bisogno di una radicale ristrutturazione.
La Germania continua a fare i propri interessi
In questo discorso degli aiuti di Stato, numerose voci si sono levate contro i favori che la Germania avrebbe ricevuto dalla UE, e di come in effetti sia la stessa Germania ad ostacolare e ridimensionare l’ambizioso progetto dell’Unione bancaria europea.
Da una parte infatti la Germania si è opposta ad un soccorso finanziario comune in caso di difficoltà di qualche banca, dall’altra ha ottenuto che la vigilanza bancaria da parte della BCE si applicasse alle sole banche più grandi. Ciò la avvantaggia, evitandole situazioni altrimenti difficili da gestire.
In totale i controlli sono stati applicati a 120 banche di rilevanza sistemica in tutta l’area euro, lasciando così fuori ben 1697 banche tedesche, in gran parte casse di risparmio, banche popolari e cooperative, banche di rilevanza regionale in discutibili condizioni di salute. Sembra proprio che la Germania abbia fatto proprio il detto “i panni sporchi si lavano in famiglia”, dati gli stretti legami tra piccoli e medi istituti di credito ed i poteri politici locali.
In altri termini, ritardi e ritirate su obiettivi meno ambiziosi del progetto di Unione bancaria sono il risultato delle idiosincratiche peculiarità del sistema bancario tedesco, concentrato sulla necessità di lasciare alla propria politica nazionale i tempi di soluzioni dei gravi problemi delle sue banche.
In conclusione, avere un progetto di Unione bancaria europeo “a metà”, con una pluralità di controlli nazionali, offre grandi vantaggi ai Paesi politicamente forti come la Germania che riescono a sgattaiolare tra regole e peculiarità proprie del sistema di controllo nazionale.