Le passate vicende di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara (solo per citarne alcune) e delle loro obbligazioni subordinate1 hanno insegnato ai risparmiatori che l’investimento in questi bond non è da prendersi alla leggera.
Ecco allora 10 domande da fare (e da farvi) prima dell’acquisto di un’obbligazione bancaria, per evitare di incorrere in errori marchiani e potenzialmente letali per il vostro patrimonio, piccolo o grande che sia.
1) Che tipo di seniority ha l’obbligazione?
Imparate a conoscere i vari gradi di seniority e subordinazione delle obbligazioni, dai bond subordinati junior Tier 1 alle obbligazioni senior garantite, perché il loro rischio è assai differente. In caso di bail-in della banca le varie tipologie di obbligazioni saranno interessate in modo assai differente, con conseguenze diverse per i vostri investimenti.
2) Qual è il rating dell’obbligazione e dell’emittente?
Certo, il rating non la dice tutta. In effetti, le agenzie di rating in passato hanno preso enormi cantonate2, e spesso si sono mosse con grande ritardo rispetto ai mercati finanziari. Ma da lì a dire che il rating è del tutto inutile, ne passa: resta una misura importante del rischio di default. Tenete a mente che le obbligazioni cosiddette “Investment Grade”, di qualità medio-alta, hanno rating pari o superiore a BBB, mentre al di sotto di tale livello si entra nel mondo High Yield, o “obbligazioni speculative”, a più elevato rischio di default. Quindi: siate attenti e consapevoli del rating di ciò che acquistate.
Il rating, se assegnato, si trova indicato nella Scheda Prodotto e nel Prospetto informativo, generalmente consultabili dal sito della banca.
3) È quotata ed è liquida?
Verificate innanzitutto che le obbligazioni proposte siano quotate su un mercato regolamentato, come ad esempio il MOT o l’EuroTLX. Se così non fosse, per venderle prima della scadenza avreste in sostanza un solo possibile compratore: la banca che ve le ha vendute. La stessa banca potrebbe non volere o non essere in condizioni di riacquistarle. Quindi evitate se possibile i titoli non quotati, perché rischiano di trasformarsi in una trappola per i vostri risparmi.
È fondamentale poi guardare i controvalori scambiati e il book di negoziazione3: offrono informazioni importanti in merito alla liquidità del titolo. Un book semi-deserto o vuoto significa che l’obbligazione è illiquida, perché ci sono poche persone disposte ad acquistare e a vendere il titolo.
Inoltre occorre osservare quanto è ampio lo spread denaro-lettera (o bid-ask). Meglio guardarlo rispetto al prezzo, ossia: 100x(prezzo lettera – prezzo denaro )/prezzo mid. Se questo numero è troppo ampio, cioè se non parliamo di punti base (es. 0,25%), ma di punti percentuali (es. 2%), significa che il titolo è piuttosto illiquido. Il che significa che in caso di necessità, venderlo e tornare in possesso del vostro denaro potrebbe non essere una passeggiata di salute.
4) Quali sono gli oneri impliciti?
La remunerazione per chi colloca all’emissione un’obbligazione bancaria presso i risparmiatori è data dagli oneri impliciti: costi dichiarati nel prospetto informativo, ma che non sono evidenti all’acquirente distratto. Ma possono essere elevati e incidere pesantemente sul risultato dell’investimento.
5) È un titolo strutturato?
Gli strutturati sono titoli che pagano le cedole o rimborsano il capitale in base all’andamento di un paniere di titoli, a indici finanziari o divise estere, talvolta in modo complesso e assai poco intuitivo. Sono a mio parere da evitare, perché spesso più rischiosi (e comunque di solito non particolarmente redditizi). Non acquistate mai ciò che non comprendete.
6) È un perpetual?
Le obbligazioni perpetual sono, nella sostanza, prive di scadenza. Normalmente sono titoli fortemente subordinati, cioè con elevato rischio di essere penalizzate in caso di difficoltà della banca o default. Traetene un po’ voi le conseguenze…
7) È convertibile?
Vi sono obbligazioni che consentono all’emittente, cioè la banca, di convertire l’obbligazione in azioni – ne abbiamo parlato anche noi, con il caso del bond Veneto Banca.
Da un po’ di tempo a questa parte, poi, è sempre più facile imbattersi nei Coco bond: obbligazioni ibride convertibili che si trasformano automaticamente in azioni della banca che li ha emessi in determinate condizioni, legate ad un andamento patrimoniale della banca negativo (più precisamente, se il “Core Tier 1 ratio” scende sotto il 5%). In questo modo la banca alleggerisce la sua esposizione debitoria. Ma l’obbligazionista ne è penalizzato, perché si trova a sopportare il rischio di un’azione di una banca che sta andando male. Meglio evitare, che cosa ne dite?
8) Com’è calcolata la cedola?
Dovete aver chiaro se la cedola è a tasso fisso, a tasso variabile o misto (fisso più variabile o variabile con minimo e massimo). A parità di altre condizioni, infatti, una cedola a tasso fisso è più rischiosa di una a tasso variabile, perché allunga la duration dell’obbligazione, aumentando la sensibilità ai tassi d’interessi.
9) Quanto rende più di un BTP di pari scadenza?
Ovviamente, le obbligazioni di una banca italiana convengono unicamente se a parità di scadenza rendono di più di un titolo di Stato italiano: forse la banca è più solida dello Stato? Mmmhhh. Tuttavia se lo spread, cioè la differenza di rendimento tra le due obbligazioni è molto ampia, significa che il bond bancario è molto più rischioso del bond governativo. Quindi, soppesate bene i pro e i contro.
10) Ho già altri titoli della banca?
Questa è una domanda che dovete fare a voi stessi. Perché magari la vostra banca è stata abile nel farvi sottoscrivere troppe sue obbligazioni. Ciò viola elementari regole di diversificazione di portafoglio, concentrando in modo eccessivo gli investimenti.
Noi di AdviseOnly siamo da sempre sostenitori del risparmio autonomo e consapevole, anche e soprattutto per evitare spiacevoli episodi come quelli di Banca Etruria, Banca Marche e Cassa Ferrara.
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