I nostri risparmi depositati in banca sono protetti dal Fondo di Garanzia Interbancaria fino alla somma di 100.000 euro, questo lo sappiamo. Ma capita di destinare parte del patrimonio, sotto varie forme, ad altri istituti, diversi dalle banche: una cooperativa di consumo di cui siamo soci, e a cui forniamo mezzi finanziari attraverso il “prestito soci”; oppure società finanziarie regolamentate dall’art. 106 del TUB o ancora al mercato dei “minibond” e del “crowdfunding” (la raccolta tramite web).
Questi depositi sono davvero al sicuro?
Per la classica “legge di Bazzica”, più una banca o un’istituzione è solida, più basso è il tasso di interesse che offre: sono le realtà con una minore “reputazione” e una maggiore necessità di mezzi finanziari a offrire tassi attivi più allettanti per attrarre depositanti. Con tassi attivi virtualmente negativi, la tentazione di ottenere “qualcosa in più” è forte: sapremo resistere?
Bankitalia ha avviato una consultazione sulla revisione della disciplina in materia di raccolta del risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche, fra cui appunto le cooperative di consumo, le società finanziarie regolate, e il “social lending” o “crowdfunding”.
L’obiettivo della revisione è semplice: rafforzare i presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a realtà non bancarie.
Ma come funzionano le regole? Vediamone alcune, per singole tipologie di raccolta.
- Minibond: fra gli strumenti di raccolta rientrano i “minibond”, anche nel caso prevedano la partecipazione agli utili aziendali. I limiti di raccolta di mezzi finanziari attraverso questo strumento sono quelli previsti dal codice civile, quindi entro 2 volte il capitale sociale versato.
- “Prestito sociale” delle cooperative: questa modalità di raccolta, che è stata oggetto di recenti vicende giudiziarie per gravi violazioni di legge, è consentita fino a un importo massimo pari a 3 volte il patrimonio aziendale (si sale fino a 5 volte se il prestito è assistito per almeno il 30% da una garanzia rilasciata da un soggetto vigilato). Si tratta di limiti assai elevati, che se non adeguatamente controllati dagli organi preposti, potrebbero condurre a nuovi casi di “malagestio”.
- Società finanziarie regolamentate: il limite di 5 volte il patrimonio vale anche per le società finanziarie ex-art 106 TUB, qualora gli strumenti di raccolta siano quotati. Attenzione: la quotazione si riferisce agli strumenti, non alla società che raccoglie depositi. Anche in questo caso i limiti appaiono assai “generosi” per enti troppo spesso opachi nella loro operatività, nonostante i controlli istituzionali esercitati da Banca d’Italia.
- Social lending: questa modalità di raccolta sta crescendo e potrebbe rappresentare una fonte di finanziamento per le imprese appena nate, le “start-up”.
Al netto delle poche eccezioni sopra citate, Banca d’Italia ribadisce comunque “il generale divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico”. La raccolta è consentita solo nel caso in cui possa “considerarsi effettuata sulla base di un trattativa personalizzata”, cioè quando “i prenditori e i finanziatori che utilizzano il portale sono in grado di incidere sulla determinazione delle clausole contrattuali con la propria volontà negoziale”.
Siamo moderni, ma non troppo.
Maurizio Montigiani / Dicembre 2, 2015
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