Avete mai sentito parlare di Tesla Motors?
Beh, in questo momento è una delle aziende più ammirate e anche discusse. Per chi non la conoscesse, Tesla (che deriva il suo nome dal fisico Nikola Tesla) produce e commercializza veicoli elettrici a emissioni zero.
Come mostra chiaramente il grafico del suo prezzo, finora ad avere ragione sono stati i suoi sostenitori, che la vedono come la vera rivoluzione nei trasporti e scommettono sulla capacità imprenditoriale del suo a.d. Elon Musk, tra l’altro co-fondatore di PayPal.
Questo però è il passato: nonostante uno storno dai massimi di $280 fino ai $200 attuali, il prezzo del titolo rispecchia uno scenario niente-può-andare-storto (“priced to perfection”), proprio nel momento in cui Tesla sta cercando di trasformarsi da società di nicchia con un prodotto innovativo, ad azienda automobilistica di livello globale.
Quali prospettive per Tesla?
A chi mette in dubbio il suo radioso futuro, i sostenitori rispondono solitamente che non viene compresa l’essenza dell’azienda, usando però due argomenti che sono più di marketing che di sostanza:
- Tesla non è una società automobilistica, ma un’azienda tecnologica;
- Tesla è la nuova Apple.
Si tratta di un’enorme semplificazione: ogni auto è oggi più tecnologia che industria, basta guardare l’elettronica installata anche nei modelli di base. E gli investitori devono sperare che Tesla rimanga un’azienda automobilistica perché nel settore tecnologico la competizione è ancora maggiore e la “vita utile” di un prodotto più breve: cosa pensate che mantenga più valore dopo tre anni, una Mercedes o uno smartphone?
Nel confronto con Apple bisogna ricordare che durante l’inarrestabile ascesa della società di Steve Jobs, a partire dalla seconda metà degli anni 2000, il prezzo dell’azione ha seguito fedelmente gli utili, che ne hanno sostenuto la valutazione: Apple raramente ha trattato ad un P/E superiore a 25x ed è questo il motivo principale per il quale gli investitori sono stati in grado di guadagnarci.
Inoltre Apple è un’azienda globale che vende prodotti per (quasi) tutti con margini del 60%; Tesla produce veicoli per clienti di élite (quasi) nella sola California e, nel farlo, ci perde anche dei soldi.
Infine, se si vuole utilizzare Apple come paragone, non bisogna dimenticare BlackBerry: nel 2010 BlackBerry era considerato uno dei migliori 50 marchi a livello mondiale assieme a Microsoft, Adidas e Nestlè, mentre oggi è quasi scomparsa. Blackberry era una società innovatrice e con prodotti che tutti volevano; il problema è che anche i concorrenti (Apple, Samsung, Google) volevano un pezzetto del suo successo, così come Toyota, GM e Mercedes lo vogliono di Tesla. Essere degli innovatori da un buon vantaggio alla partenza, ma ti mette anche un bersaglio sulla schiena.
Il punto critico è il seguente: vendere auto elettriche nel segmento mass-market è una maratona in salita per tutti. Sia che si tratti di Nissan (Leaf), General Motors (Chevrolet Volt) o Toyota (Prius), il mercato di massa è stato molto restìo fino a oggi a spostarsi verso le auto elettriche per quattro motivi:
- Ricarica: è necessario avere accesso a un garage con un sistema di ricarica delle batterie.
- Costo vs Risparmio: è ancora bassa la propensione a “pagare di più oggi per risparmiare domani” (che diminuisce in maniera esponenziale con i miglioramenti nell’efficienza dei consumi delle auto tradizionali).
- Long run: i consumatori che hanno solo un’auto hanno necessità di qualcosa che vada bene per i lunghi viaggi, un fattore che ha la precedenza su quanto eco-friendly sia il mezzo.
- Petrolio: in questo momento il prezzo del petrolio è particolarmente basso e, per quanto probabilmente non per sempre, ad oggi è un ulteriore ostacolo.
La conclusione è abbastanza scontata: un conto è vendere un’auto da $80.000 a ricchi californiani preoccupati per l’impatto ambientale, un altro è competere nel segmento di mass-market.
Se fino a oggi la competizione nei veicoli elettrici è stata limitata, adesso diventa feroce: GM, Volkswagen e BMW stanno introducendo modelli con prezzi a partire da $30.000. Spostandosi verso il mercato di massa, Tesla quindi è costretta a rincorrere gli altri: ma può veramente restare al passo in un segmento nel quale non ha né l’esperienza né le risorse finanziarie per farlo?
Una valutazione di Tesla
La capitalizzazione attuale di Tesla è di $25 miliardi, un valore molto elevato se paragonato ad esempio a Porsche, che è stata acquistata da Volkswagen a una valutazione complessiva di circa $11 miliardi.
Secondo il Financial Times il costo complessivo (ricerca, sviluppo, produzione) del primo veicolo, la sports car Tesla Roadster, fu “soltanto” di $125 milioni. Calcolando tutte le spese per investimenti e ricerca e sviluppo, il quotidiano britannico stima che il valore di rimpiazzo degli asset di Tesla sia di circa $3,1 miliardi. Anche se può sembrare elevato, è soltanto il 50% di quanto Apple ha speso in ricerca nel 2014 e un quarto di quanto speso da Microsoft.
Se dividiamo la capitalizzazione corrente per questo ammontare, otteniamo un valore di Tobin Q di 8x. In altre parole, il mercato sta valutando Tesla 8 volte quello che costerebbe a qualcuno replicarla da zero.
Per giustificare una simile valutazione Tesla dovrebbe possedere qualcosa che la rende inimitabile. Confesso di non essere un esperto del settore automobilistico, ma possiamo comunque fare qualche considerazione.
- Economie di scala: Tesla a differenza di Porsche continua a non generare profitti, nonostante i suoi veicoli costino come quelli dell’azienda tedesca. Questo significa che le economie di scala rimangono un ostacolo insormontabile per qualsiasi produttore di auto: si devono costruire (e ovviamente vendere) molte unità soltanto per coprire gli enormi costi fissi, e Tesla non fa eccezione.
- Barriere all’entrata: i veicoli di Tesla sono senz’altro tecnologicamente avanzati, probabilmente il meglio oggi disponibile, e questo porta molti a considerare questa tecnologia superiore come una barriera per i concorrenti. Per determinare se è effettivamente così, dobbiamo chiederci quanto sia facile costruire un’auto di elevato livello e possiamo farlo guardando all’esperienza del team di Formula 1 Red Bull Racing. Red Bull, un produttore di bevande energetiche (!), decise alcuni anni fa di entrare nel mondo della Formula 1 per ragioni di marketing. Assunse le persone giuste, spese un sostanzioso ammontare di soldi e riuscì non solo a competere con Ferrari e McLaren, ma addirittura a vincere 4 titoli mondiali consecutivi. Certamente l’esecuzione della strategia di Red Bull fu perfetta, ma questo significa che se qualcuno è disposto a investire abbastanza soldi, costruire un’auto elettrica cool&fast è un obiettivo raggiungibile in poco tempo (e certamente fattibile per Toyota, Mercedes, etc…). L’attuale superiorità tecnologica di Tesla non è un vero moat: gli investitori devono essere in grado di separare la qualità del prodotto dall’azione, perché il mercato inevitabilmente lo farà.
Conclusioni
Mi sono sempre chiesto perché le altre case automobilistiche, che già producono auto elettriche o ibride, non siano entrate in diretta competizione con Tesla. La risposta potrebbe essere che stanno usando Tesla come apripista: la sfruttano per testare gratuitamente il mercato e, quando le auto elettriche saranno maggiormente accettate, entreranno in massa sfruttando la loro capacità già installata. Nel frattempo, non sprecano tempo e denaro.
Valutare in maniera precisa e puntuale un’azienda come Tesla è tuttavia un esercizio molto complicato e, quindi, non sono in grado di offrire un’opinione argomentata se sia effettivamente sopravvalutata oppure no. Si tratta inoltre di una fashion stock, quindi è molto difficile scommetterle contro: in fondo è sempre possibile che Tesla venga acquistata proprio da Apple per una valutazione ancora più assurda come ipotizzato in questo articolo su calacanis.com.
E le stesse considerazioni valgono per molte altre start-up: sicuramente alcune di loro potranno diventare le Google di domani, ma le valutazioni iper-ottimistiche che stiamo vedendo in molte transazioni private per queste aziende sembrano sempre più simili a quanto già sperimentato nella bolla Internet. Se è così, non ci resta che aspettare.
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Massimo Vicari / Marzo 31, 2015
Ottimo articolo, apre a molte riflessioni.
In sostanza, o Tesla raggiunge un know how tale da poter essere un valido e ghiotto bocconcino, oppure prepara una joint venture (sull’esempio della Smart) con qualche big. La terza via di reggersi da sola mi pare poco percorribile se non cambia qualcosa. In fondo Porche fa un sacco di utili…ma alla fine è stata acquistata da VW
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Matteo / Marzo 31, 2015
Una big entrerebbe in una JV (mettendoci il soldi) se Tesla ci mette un know-how che la big non può ottenere in nessun altro modo.
Se invece questo know-how è facilmente replicabile spendendo un po’ di soldi (il tempo non sembra essere un problema, non è un mercato dove il primo che arriva si prende tutto), nessuno vorrà fare una JV nella quale poi devi dividere i profitti.
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Massimo Vicari / Aprile 1, 2015
Queste considerazioni credo le abbiano già fatte anche loro, c’è da capire a cosa miri il loro business plan. In che modo vogliono raggiungere un vantaggio competitivo? Know how? Fashion Brand? non gli interessa fare soldi perchè hanno altri redditi? Sono davvero curioso.
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Matteo / Aprile 3, 2015
Warren Buffett’s new auto dealership business isn’t under any threat from Elon Musk or his Tesla distribution model, the billionaire said Tuesday.
Speaking to CNBC at a forum hosted by the National Automobile Dealers Association, J.D. Power and the New York International Auto Show, Buffett said he did not anticipate much of a threat from the electric car company’s direct-to-consumer model because of Tesla’s relatively small market.
“I would doubt if it picks up much steam,” he said of the company’s sales model. “What Tesla does with it, we’ll find out. But I do not see the distribution system changing in any major way.”
“I don’t see any serious volume potential there, and their pricing for what they build may be fine, but it’s certainly at the upper end, so I just don’t see it as a volume product,” he said.
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