Le obbligazioni governative sono una componente importante di ogni portafoglio ben diversificato.
La maggior parte degli investitori italiani ha una buona esposizione alle obbligazioni governative europee ma, con l’attuale livello mediamente basso dei rendimenti, è possibile che molti di voi stiano valutando di investire nei Paesi Emergenti2, oppure che il vostro consulente abbia fatto questa scelta al posto vostro.
Dunque vale la pena chiedersi: quali rischi si corrono a investire in obbligazioni governative dei Paesi Emergenti?
I rischi di investire in titoli di stato dei Paesi Emergenti
Su questo blog abbiamo approfondito in lungo e in largo cosa sono le obbligazioni1 e quali siano i rischi a essere connessi, e ci siamo anche occupati nello specifico del rischio di cambio
Ricapitolando, quando decidete di comprare un’obbligazione emessa da un Paese Emergente, di fatto vi esponete a tre tipologie di rischio:
- il rischio di tasso di interesse (se i tassi salgono, il prezzo scende);
- il rischio di credito (il Paese sarà in grado di rimborsare il mio prestito?);
- il rischio valuta (se la divisa estera si deprezza, il rendimento scende).
Se l’obbligazione è detenuta fino alla scadenza, l’investitore quindi ha un approccio “da cassettista”, il rischio di tasso diventa irrilevante – per semplificare il discorso, ragioneremo in base a questa ipotesi.
Per avere accesso più facilmente ai mercati internazionali, i Paesi Emergenti non si sono limitati a emettere obbligazioni nella propria valuta. Vendono titoli anche in valuta estera, in particolar modo in dollari. E questo è un elemento di grande importanza nella valutazione di un investimento in obbligazioni governative dei Paesi Emergenti.
Come sappiamo, i mercati sono piuttosto volatili e questo succede perché gli operatori cambiano idea molto spesso. Perciò, ogni volta che il mercato cambia idea sulla sostenibilità finanziaria di un Paese Emergente, ciò si riflette sia sul rischio di credito che sul rischio valuta e il vostro investimento subirà (in positivo o in negativo) gli effetti del cambio di giudizio.
L’opinione complessiva degli operatori sulla capacità di un Paese di onorare i propri debiti è sintetizzata dalla curva dei tassi di interesse. Vediamo un esempio pratico nel grafico sotto.
Il grafico mostra, a titolo di esempio, l’opinione (in data 17 luglio 2019) dei mercati su tre curve di debito differenti:
- in giallo, l’insieme dei rendimenti offerti da un investimento in titoli di Stato messicani in valuta locale (peso messicano);
- in verde, l’insieme dei rendimenti offerti da un investimento in titoli di Stato messicani in dollari;
- in azzurro, infine, rendimenti offerti da un investimento in titoli di Stato USA (in dollari).
La differenza tra le curve dei rendimenti del grafico riassume il valore dato dal mercato ai vari rischi legati a questo investimento.
Più in dettaglio, la differenza tra la curva gialla e quella verde dà una misura di come il mercato stima il rischio di cambio: infatti, sulla scadenza a 10 anni, l’obbligazione in pesos offre un rendimento superiore del 4% rispetto allo stesso investimento in dollari.
Invece, la differenza tra la curva verde e quella azzurra sintetizza il rischio di credito: rispetto a un investimento in titoli di Stato USA, quelli messicani con scadenza 10 anni, offrono un rendimento superiore dell’ 1,8% circa.
I rischi dell’investimento nei Paesi Emergenti: due esempi concreti
Come suggerisce l’esempio del grafico, c’è una bella differenza ad essere esposti verso un titolo di Stato in valuta locale oppure in dollari. Vediamo due casi.
Caso 1: investo “da cassettista” in un obbligazione governativa in valuta locale
In questo caso vi state esponendo sia al rischio cambio che al rischio credito. La variazione dei tassi di cambio può limitare notevolmente il rendimento nominale offerto da questo investimento, anche nel caso in cui venisse rimborsato regolarmente.
Caso 2: investo da cassettista in un obbligazione in dollari
In questo caso, state limitando il rischio di valuta rispetto al caso precedente, ma non lo azzerate completamente. Nell’ottica di un investitore europeo, infatti, rimarrete comunque soggetti alle variazioni del tasso di cambio euro/dollaro. Per quanto riguarda il rischio di credito, ovviamente, si resta esposti al rischio di default dell’emittente.
Tuttavia, per un risparmiatore non è sempre facile investire in obbligazioni dei Paesi Emergenti. In un prossimo post vedremo concretamente come fare.
1 – #ABCFinanza: che cosa sono le obbligazioni?
2 – Financial Brief | Chi sono oggi i Paesi Emergenti?
Francesco Iacobelli / Novembre 27, 2014
tutto ok, sono però in totale disaccordo sull’affermazione “Se l’obbligazione è detenuta fino alla scadenza, l’investitore quindi ha un approccio “da cassettista”, il rischio di tasso diventa irrilevante” in quanto se è vero che a scadenza mi viene rimborsato il valore nominale, è anche vero che per tutto il periodo, ho realizzato un rendimento netto inferiore ai rendimenti correnti, pertanto, da un punto di vista finanziario ho comunque subito una perdita, il ragionamento corretto è infatti, secondo la mia modesta opinione, quello di considerare che, se nello stesso periodo avrei potuto guadagnare di più, equivale a dire che ho perso, poco importa se alla scadenza riavrò il mio capitale. Mi spiego meglio se compro un titolo con scadenza 10 anni, con un rendimento netto del 4% e dopo due anni, a parità di rischio il mercato offre per una scadenza a 8 anni il 6%, equivale a dire che sto perdendo il 2% all’anno per i prossimi 8 anni.
Se volete diffondere cultura finanziaria, che è cosa buona e giusta, fatelo nel modo corretto.
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Francesco Iacobelli / Novembre 27, 2014
tutto ok, sono però in totale disaccordo sull’affermazione “Se l’obbligazione è detenuta fino alla scadenza, l’investitore quindi ha un approccio “da cassettista”, il rischio di tasso diventa irrilevante” in quanto se è vero che a scadenza mi viene rimborsato il valore nominale, è anche vero che per tutto il periodo, ho realizzato un rendimento netto inferiore ai rendimenti correnti, pertanto, da un punto di vista finanziario ho comunque subito una perdita, il ragionamento corretto è infatti, secondo la mia modesta opinione, quello di considerare che, se nello stesso periodo avrei potuto guadagnare di più, equivale a dire che ho perso, poco importa se alla scadenza riavrò il mio capitale. Mi spiego meglio se compro un titolo con scadenza 10 anni, con un rendimento netto del 4% e dopo due anni, a parità di rischio il mercato offre per una scadenza a 8 anni il 6%, equivale a dire che sto perdendo il 2% all’anno per i prossimi 8 anni.
Se volete diffondere cultura finanziaria, che è cosa buona e giusta, fatelo nel modo corretto.
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Jacopo Caretta Mussa / Novembre 28, 2014
Ciao Francesco non è esatto quello che dici perché per avere
un obbligazione che rende il 2% in più a parità di scadenza o non ha lo stesso
rischio oppure i tassi sono aumentati ed il prezzo dell’obbligazione che hai in
portafoglio è sceso annullando quel 2% di guadagno in più che ti offrirebbe la
nuova obbligazione (se ci aggiungi i costi di transazione poi..).
Se c’è un obbligazione con la stessa scadenza che rende il
2% in più vuol dire che non ha lo stesso rischio, nel senso che il mercato in
quel momento non gli attribuisce lo stesso rischio. Se tu credi che il mercato
si sbagli allora la compri, ma è una tua scelta. Questo modo di ragionare al “cassettista”
semplicemente non interessa.
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Jacopo Caretta Mussa / Novembre 28, 2014
Ciao Francesco non è esatto quello che dici perché per avere
un obbligazione che rende il 2% in più a parità di scadenza o non ha lo stesso
rischio oppure i tassi sono aumentati ed il prezzo dell’obbligazione che hai in
portafoglio è sceso annullando quel 2% di guadagno in più che ti offrirebbe la
nuova obbligazione (se ci aggiungi i costi di transazione poi..).
Se c’è un obbligazione con la stessa scadenza che rende il
2% in più vuol dire che non ha lo stesso rischio, nel senso che il mercato in
quel momento non gli attribuisce lo stesso rischio. Se tu credi che il mercato
si sbagli allora la compri, ma è una tua scelta. Questo modo di ragionare al “cassettista”
semplicemente non interessa.
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Francesco Iacobelli / Novembre 29, 2014
mi dispiace, evidentemente mi sono spiegato male, allora ti rifaccio l’esempio, esaspererò il concetto con dei numeri macroscopici, così magari mi spiego meglio. Immaginiamo che io compri un’obbligazione a 10 anni, che abbia una cedola lorda pari al 3 %, e ipotizziamo pure che l’ho comprato in sottoscrizione a 100. Ora nessuno potrà dirmi che per 10 anni io non guadagnerò il 3% lordo e, come sostieni tu, per un cassettista questo non dovrebbe più essere fonte di preoccupazione perché non l’espone a nessun rischio. Bene. Ora immaginiamo che i tassi salgono e che dopo tre anni, lo stesso emittente emetta sul mercato un titolo a 7 anni con una cedola al 6% lordo, perché appunto i tassi sono saliti. Se un altro risparmiatore compra questo secondo titolo, ha lo stesso rischio emittente del primo risparmiatore, la stessa duration (7 anni) ma un rendimento molto più alto. Se è vero che il primo risparmiatore porterà il titolo a scadenza ed incasserà il 3% lordo, è pur vero che per 7 anni (vita residua del proprio titolo) sta di fatti perdendo il 4% lordo, e, credimi, non credo proprio che non deve interessarsi del problema solo perché è un cassettista, secondo me è invece un “fesso” perché di finanza capisce veramente poco. E’ lo stesso discorso per chi, si trova in portafoglio titoli comprati a 100 e che oggi il mercato prezza a corsi molto più alti e che di fatti hanno un rendimento effettivo netto vicino allo zero, ma si ostinano a tenerli in portafoglio solo perché la loro cedola è alta, ma in finanza non bisogna guardare la cedola, che non esprime proprio un bel nulla, ciò che conta, quando bisogna decidere cosa fare, è esclusivamente il rendimento effettivo netto.
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Jacopo Caretta Mussa / Dicembre 1, 2014
Francesco se ti aspetti che i tassi salgano non devi proprio avere un obbligazione in portafoglio perché ex-post (dopo un aumento dei tassi) è inevitabile che il rendimento offerto dalla nuova obbligazione sia superiore a quelle vecchia, i tassi sono saliti. Nel tuo esempio una volta che l’obbligazione rende il 6%, tu la perdita l’hai già portata a casa. Ma se sai prima che i tassi saliranno allora non avresti dovuto comprarti quell’obbligazione. Ma come sai sapere con certezza cosa faranno i tassi non è una passeggiata. Se tu ci riesci ti faccio i miei complimenti e ti esorto a condividere le tue previsioni sul sito (www.adviseonly.com).
Il punto è che non tutti i risparmiatori hanno voglia/tempo/necessità da fare market timing.
Secondo me, un cassettista non è necessariamente un “fesso”, come dici tu, ma fa una scelta ben precisa e probabilmente diversa dalla tua. Ma questo non vuol dire che sia sbagliato. Ad esempio, nel portafoglio Obiettivo Rendita è più che legittimo cercare delle obbligazioni
con alte cedole e portarsi lo strumento fino a scadenza. In quel caso infatti
si cerca di integrare una rendita.
Per inciso, nel post non dico che il cassettista non ha nessun rischio, anzi, ma semplicemente che facendo quella scelta decide di ignorare il rischio tasso.
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Francesco Iacobelli / Novembre 29, 2014
mi dispiace, evidentemente mi sono spiegato male, allora ti rifaccio l’esempio, esaspererò il concetto con dei numeri macroscopici, così magari mi spiego meglio. Immaginiamo che io compri un’obbligazione a 10 anni, che abbia una cedola lorda pari al 3 %, e ipotizziamo pure che l’ho comprato in sottoscrizione a 100. Ora nessuno potrà dirmi che per 10 anni io non guadagnerò il 3% lordo e, come sostieni tu, per un cassettista questo non dovrebbe più essere fonte di preoccupazione perché non l’espone a nessun rischio. Bene. Ora immaginiamo che i tassi salgono e che dopo tre anni, lo stesso emittente emetta sul mercato un titolo a 7 anni con una cedola al 6% lordo, perché appunto i tassi sono saliti. Se un altro risparmiatore compra questo secondo titolo, ha lo stesso rischio emittente del primo risparmiatore, la stessa duration (7 anni) ma un rendimento molto più alto. Se è vero che il primo risparmiatore porterà il titolo a scadenza ed incasserà il 3% lordo, è pur vero che per 7 anni (vita residua del proprio titolo) sta di fatti perdendo il 4% lordo, e, credimi, non credo proprio che non deve interessarsi del problema solo perché è un cassettista, secondo me è invece un “fesso” perché di finanza capisce veramente poco. E’ lo stesso discorso per chi, si trova in portafoglio titoli comprati a 100 e che oggi il mercato prezza a corsi molto più alti e che di fatti hanno un rendimento effettivo netto vicino allo zero, ma si ostinano a tenerli in portafoglio solo perché la loro cedola è alta, ma in finanza non bisogna guardare la cedola, che non esprime proprio un bel nulla, ciò che conta, quando bisogna decidere cosa fare, è esclusivamente il rendimento effettivo netto.
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Jacopo Caretta Mussa / Dicembre 1, 2014
Francesco se ti aspetti che i tassi salgano non devi proprio avere un obbligazione in portafoglio perché ex-post (dopo un aumento dei tassi) è inevitabile che il rendimento offerto dalla nuova obbligazione sia superiore a quelle vecchia, i tassi sono saliti. Nel tuo esempio una volta che l’obbligazione rende il 6%, tu la perdita l’hai già portata a casa. Ma se sai prima che i tassi saliranno allora non avresti dovuto comprarti quell’obbligazione. Ma come sai sapere con certezza cosa faranno i tassi non è una passeggiata. Se tu ci riesci ti faccio i miei complimenti e ti esorto a condividere le tue previsioni sul sito (www.adviseonly.com).
Il punto è che non tutti i risparmiatori hanno voglia/tempo/necessità da fare market timing.
Secondo me, un cassettista non è necessariamente un “fesso”, come dici tu, ma fa una scelta ben precisa e probabilmente diversa dalla tua. Ma questo non vuol dire che sia sbagliato. Ad esempio, nel portafoglio Obiettivo Rendita è più che legittimo cercare delle obbligazioni
con alte cedole e portarsi lo strumento fino a scadenza. In quel caso infatti
si cerca di integrare una rendita.
Per inciso, nel post non dico che il cassettista non ha nessun rischio, anzi, ma semplicemente che facendo quella scelta decide di ignorare il rischio tasso.
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