“Piccolo è bello” scriveva l’economista e filosofo Ernst Friedrich Schumacher negli anni Settanta. Ma vale anche per le aziende in cui investire?
In altri termini, se investire in azioni nel lungo termine è un’opportunità, è meglio investire in piccole aziende oppure in grandi gruppi?
Se vi ricordate, rischio e rendimento dovrebbero andare di pari passo e, secondo la teoria finanziaria classica (il Premio Nobel per l’Economia 2013 Fama fu tra i primi a parlarne), le società di piccola dimensione (Small Cap) dovrebbero offrire un rendimento superiore (premio al rischio) rispetto a quelle più grandi (Large Cap), proprio perché le prime sono più rischiose. Ma spesso la teoria e la pratica differiscono. Vediamo cosa dicono i dati.
Meglio investire nelle Large Cap o nelle Small Cap?
Per mia fortuna c’è Bloomberg, che mette a disposizione due indici globali che fanno buona parte del lavoro e replicano la performance di un paniere di titoli a grande e piccola capitalizzazione (rispettivamente l’MSCI World Large Cap e l’MSCI World Small Cap). Una volta scaricata la serie storica (a partire dal 1995), ho calcolato il rendimento medio annualizzato e due parametri di rischio (Max Drawdown e volatilità).
Note: volatilità e MaxDrawdown sono stati calcolati sulla serie storica al netto dei dividendi.
Questa volta pare che teoria e pratica raccontino la stessa storia. Facciamo qualche considerazione.
- Negli ultimi vent’anni le società a piccola capitalizzazione hanno avuto una performance migliore delle società a grande capitalizzazione, ma hanno anche fatto correre qualche rischio in più. Senza contare i dividendi, il rendimento medio annuo delle “Small Cap” è stato superiore del 2,5% a quello delle “Large Cap”, con una volatilità annua storica e un MaxDrawdown superiori, rispettivamente, del 2% e del 9%.
- Come sempre, i dividendi contano. Se aggiungiamo i dividendi alla performance azionaria il rendimento medio annuo cresce sia per le Small Cap che per le Large Cap, ma diminuisce sensibilmente il premio al rischio relativo (Small Cap vs Large Cap). Infatti, se consideriamo i dividendi il rendimento medio annuo delle “Small Cap” è superiore a quello delle “Large Cap” del 1,5% e non più del 2,5%.
- Passando dai rendimenti medi annui alla performance di periodo, dal 1995 ad oggi il rendimento complessivo dell’indice Small Cap è stato del 303% (dividendi esclusi) mentre per l’indice Large Cap è stato del 158%. Con i dividendi migliorano le performance complessive, ma si riduce il divario (Small Cap: +411%; Large Cap: 296%).
Da questa semplice analisi di rischio e performance emerge che investire in un paniere di titoli di aziende di piccole dimensioni può essere piuttosto remunerativo, a patto di essere disposti ad accettare un po’ di rischio in più.
Il gioco vale la candela?
Una domanda mi sorge spontanea: visti i copiosi rendimenti che questa asset class può offrire, ha senso preoccuparsi di un 2% in più di volatilità annua, oppure di un -9% di MaxDrawdown, ma che non cambia di molto l’entità della perdita potenziale (perdere il 75% o l’84% del capitale non cambia molto)?
Come sosteniamo noi di Advise Only, solo voi potete rispondere a questa domanda: il nostro compito è aiutarvi ad essere consapevoli, offrendovi uno strumento per capire la propensione al rischio, ossia il test del DNA Finanziario e, report chiari su quanto state rischiando e sulla performance state ottenendo.
Come investire in azioni Small Cap?
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SignorGibbs / Marzo 11, 2014
ricordiamo che c’è un effetto bias, le big cap possono diventare small cap ed uscire dall’indice e vicerversa. Questo conta
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