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Diversificazione di portafoglio: uno sguardo cinico – Parte II

In un precedente post ho affrontato il tema della diversificazione di portafoglio e di come essa venga meno nelle situazioni di bisogno. In breve, l’idea è che la diversificazione risulti inefficace con mercati finanziari sotto stress, perché le correlazioni tendono ad aumentare in modo generalizzato. Un fenomeno quantomeno indesiderabile. Proprio quello che è successo nel corso della crisi finanziaria del 2008. E anche in questa crisi. Il fenomeno è stato evidenziato in molti articoli (fra gli altri potete vedere questi: articolo 1, articolo 2, articolo 3).

Ma è vero che la diversificazione non funziona? La cruda realtà è che accusare la diversificazione di non proteggere i portafogli degli investitori in situazioni come la crisi del 2008 equivale a dare un giudizio affrettato.

Innanzitutto non è certo una novità che il rischio e le correlazioni (la correlazione misura quanto due o più investimenti “si muovono insieme”.) tra le attività più rischiose, ad esempio varie tipologie di investimenti azionari, tendano a crescere sensibilmente durante i crash dei mercati. Qualunque professionista finanziario lo sa (o lo dovrebbe sapere vista la mole di articoli sul tema, uno per tutti questo). Ignorare questa “asimmetria” del rischio ed aspettarsi che la diversificazione funzioni sempre allo stesso modo in tutte le situazioni di mercato è come minimo un”ingenuità. Ma spesso c’è dell’altro: nel nome di questo concetto un po” superficiale di “diversificazione”, in anni recenti banche e società di gestione hanno venduto molti prodotti finanziari agli investitori. Non sempre senza colpe di omissione d’informazione.

In secondo luogo, se le correlazioni crescono, ma restano inferiori a 1, non si ha assenza di diversificazione, soltanto minore diversificazione. Soprattutto si ha meno diversificazione rispetto alle aspettative. Resta ora da vedere se le aspettative sulla diversificazione fossero realistiche, oppure esagerate (e questo riporta dritti al punto “Con quali motivazioni sono stati venduti certi prodotti ai risparmiatori?”).

Piccola digressione. Mi si stringe il cuore a parlare di correlazione: è un concetto davvero riduttivo. Si possono infatti abbattere ettari di foresta amazzonica per coprire il fabbisogno di carta necessaria a descrivere quanto la correlazione sia inadeguata a descrivere come le attività finanziarie si muovano di concerto. Ma per favore accettate questa rude approssimazione: il blog non reggerebbe al colpo inferto da una disquisizione tecnica sull’argomento…

Ciò detto, per apprezzare l”idea che anche con correlazioni elevate si hanno benefici di diversificazione, considerate questo grafico.

 

Il grafico è “scolastico” (se qualcuno è interessato, fornirò i dettagli) e ha il solo scopo di mostrare come diminuisce il rischio di un portafoglio, investito in parti uguali in due strumenti con caratteristiche finanziarie paragonabili, al variare della correlazione, rispetto al caso base di “zero diversificazione”. Si può notare che si ha una riduzione del rischio, e quindi un beneficio dalla diversificazione, anche per correlazioni alte: con una correlazione di 0.7-0.8, simile a quella fra molti mercati azionari in tempo di crisi, il rischio diminuisce del 5%-10%. Ovviamente i benefici sono nettamente maggiori se le due attività hanno correlazione più contenuta. Ora, ribadisco, questo è un esempio scolastico, la realtà è diversa, più complessa e sfavorevole all”investitore; tuttavia il principio vale lo stesso.

Ma questo è un blog di consigli ai risparmiatori. Quindi siamo pragmatici: in che modo un risparmiatore può mettere in pratica il concetto di diversificazione di portafoglio?

  1. Ricordarsi sempre che poca diversificazione è meglio di zero diversificazione. O forse preferireste concentrare tutti i vostri risparmi in un solo investimento? Come suggerisce il buon senso, è sempre meglio ripartire i rischi, anche se l’effetto di questa suddivisione è contenuto.
  2. Utilizzare l’utilizzabile. Cioè utilizzate le classi di attivo che diversificano nelle situazioni di stress dei mercati. Se tornate alla tabella della prima parte di questo post, pubblicato a giugno, noterete che l’oro, titoli di Stato e monetario/liquidità sono poco correlati con le altre classi di attivo. Lì si può ottenere un po’ di protezione durante le crisi di mercato. Se esiste rischio fondato d’inflazione, investite una porzione dei propri risparmi in titoli indicizzati all’inflazione e, nei limiti della propria tolleranza al rischio, in azioni e un pizzico di commodities – può essere una buona idea.
  3. Variare strategicamente la composizione dei portafogli. In altre parole utilizzare l’Asset Allocation – è vero che l’eccesso di movimentazione del portafoglio genera più che altro danni, ma quando occorre variare (anche sensibilmente) la composizione di portafoglio bisogna farlo: quando è ora è ora. Un buon consulente finanziario potrà certamente aiutarvi.
  4. Sfruttare tutte le tecniche di costruzione di portafoglio. Sebbene diversificare sia forse il più universale e semplice precetto per l’investitore prudente, non è l’unico e di certo semplifica eccessivamente l’idea di costruzione di portafoglio. Infatti è bene considerare esplicitamente che durante i crash di mercato rischio e correlazioni crescono bruscamente e non si comportano come ci aspettiamo. E che qualunque stima sulla dinamica futura dei mercati utilizzata per costruire il portafoglio è estremamente incerta e soggetta ad errore (un po’ triste, ma è così – e non ammetterlo è un atteggiamento pericoloso): esistono metodi per trattare con le giuste pinze il problema “Come costruire un portafoglio?”. Occorre poi monitorare regolarmente il rischio del portafoglio e dei mercati, per poter intervenire all’occorrenza. Queste tecniche di costruzione di portafoglio e gestione del rischio sono generalmente oltre la portata diretta del risparmiatore: ciò che il risparmiatore può fare, tuttavia, è sincerarsi che chi si prende cura del suo portafoglio sappia ciò che sta facendo. Analogamente a quanto si fa se si vuole una casa nuova: ci si rivolge ad un buon architetto. Oppure ci si attrezza per un fai da te coscienzioso. A questo proposito vi propongo un giro su www.adviseonly.com, dove ad esempio potete avere libero accesso al portafoglio “Tempo Stabile (si trova nella sezione Analisi Mercati, tra i portafogli AdviseOnly), che attua la strategia basata sul Barometro del Rischio descritta in un passato post: un modo semplice di difendere il portafoglio quando i mercati diventano molto rischiosi. Per ora, con questa crisi, la strategia si è comportata più che dignitosamente.
  5. Non avere paura ad utilizzare pesantemente le attività prive di rischio (e quindi con rendimenti molto bassi). Quando i mercati sono turbolenti e sembra non ci sia riparo da nessuna parte, esiste un’unica soluzione: i titoli di Stato a breve termine di “paesi sicuri” (un concetto che varia nel tempo…). Oltre naturalmente alla liquidità. Prestando attenzione alla solvibilità della banca presso la quale si depositano i risparmi.
  6. Non esagerare con la ripartizione dei rischi. Come in quasi tutte le attività umane l’eccesso fa male: avere portafogli con troppe attività non serve a nulla, annacqua le eventuali buone idee inserite nel portafoglio ed appiattisce i risultati. Non è questo l”obiettivo.

Spero che questi semplici consigli vi serviranno a migliorare la qualità del vostro portafoglio: la cosa peggiore per un investitore è non tentare nemmeno di diversificare.

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

Ultimi commenti
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    Alcune domande a Raffaele per restare pragmatici. Dovendo scegliere attivi come fondi comuni, su quale periodo è conveniente calcolare la correlazione? Da quanto ho letto qui e negli articoli citati, si va da un anno a oltre 20 anni; tre anni è un periodo significativo, tenendo conto che la composizione di un portafoglio non resta ferma a lungo?
    Inoltre, quale frequenza dei valori .- mensile, settimanale, giornaliera – è preferibile usare? Ho visto che la correlazione a tre anni cambia in modo trascurabile con queste tre frequenze.
    Infine, come valutare la correlazione? Da alcune prove fatte sulle categorie Morningstar, valori medi del rendimento della categoria a tre anni, ho trovato generalmente correlazioni a mio parere elevate. Ad esempio:

    Azionari Europa – Azionari USA –> +0.90/0.99 (senza distinzione di capitalizzazione)
    Azionari Europa – Azionari Giappone –> +0.81/0.97
    Azionar USA – Obbligazionari Governativi Eur –> +0.86/0.94
    Azionari Europa – Obbligazionari Governativi Eur –> +0.76/0.87

    Soltanto tra gli Azionari Settore… e tra questi e altre categorie le correlazioni sono anche molto basse e negative.

    Grazie.

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