Basta industriali europei: i grandi marchi del lusso mondiale dipendono dai petrolieri. Più di quanto possiamo immaginare.
Il lusso in crisi?
In tutto il mondo i marchi del lusso stanno registrando un periodo di forte calo delle quotazioni in Borsa. Una sofferenza generalizzata e trasversale che coinvolge diverse aree geografiche e diverse categorie di prodotto, dagli alcolici all’automotive, passando per la moda di alto livello e la gioielleria.
“Sì ma di recente è sceso praticamente tutto” – direte voi.
Avete ragione, ma l’indice globale che traccia l’andamento di un esteso paniere di società legate al lusso segna un calo del 12,87% nell’ultimo anno e negli ultimi 24 mesi ha avuto una performance peggiore rispetto all’aggregato dell’azionario mondiale, come si vede chiaramente in questo grafico.
Le spiegazioni per questa fase di crisi, come spesso accade, sono molteplici e complesse. In primo luogo bisogna considerare il difficile periodo che stanno vivendo i Paesi Emergenti, ormai di diritto tra i principali consumatori di beni di lusso, legato soprattutto a questioni macro: instabilità politica, tassi di cambio volatili, guerre civili e ciclo economico. In questo caso stiamo parlando di Brasile, di Cina, e di Estremo Oriente più in generale.
Un’altra problematica che ha influito pesantemente sui fatturati del lusso è il terrorismo, che ha recentemente colpito il cuore dell’Europa, riducendo di fatto il turismo di origine asiatica, spesso legato allo shopping nelle capitali europee.
Sono molteplici dunque gli elementi negativi che pesano negativamente sull’industria del lusso. Ora però vogliamo andare più a fondo e provare a formulare un’ipotesi: può il calo del prezzo del petrolio aver messo in difficoltà le aziende che producono beni d’élite?
AAA cercasi petrodollari
Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto aiuto ai dati (e alla statistica), cercando una correlazione tra il recente crash del prezzo del petrolio e il prezzo delle azioni delle principali holding e marche del lusso mondiale.
Guess what? La correlazione c’è ed è piuttosto forte.
Tabella di variazione dei prezzi
Il criterio con cui abbiamo creato questa comparazione è relativamente semplice: abbiamo confrontato il prezzo del Brent al barile con l’indice MSCI Luxury che replica l’andamento di un ampio paniere di società di questo settore, aggiungendo poi alcuni dei brand e holding più rappresentativi (Ferrari, Kering, Burberry, Dior, Hermès, Louis Vuitton Moët Hennessy) e l’indice azionario mondiale.
Il risultato è piuttosto chiaro: i titoli azionari delle principali società legate all’industria del lusso si muovono in modo più o meno coordinato con l’andamento del prezzo del petrolio. Mentre si discostano significativamente dai movimenti dell’indice azionario mondiale.
La correlazione non implica causazione, si sa, ma il sospetto è forte. L’ipotesi di partenza era, se vogliamo, piuttosto scontata. Anche nell’immaginario comune, i grandi petrolieri del mondo vestono gli abiti della sartoria italiana, bevono i migliori champagne francesi e guidano le supercar più esclusive del mondo. Non a caso nei negozi e nelle boutique si parla spesso arabo e russo. A seguito di una delle più grandi crisi energetiche della storia era dunque lecito aspettarsi una sorta di spending review a discapito dei beni più futili, almeno agli occhi di noi mortali.
No news?
La considerazione davvero interessante però emerge dal fatto che una crisi nel settore dell’estrazione di petrolio è riuscita ad influenzare significativamente e in modo diretto l’intera industria del lusso, in modo trasversale e generalizzato. Questo significa che è ormai completo il processo di trasformazione della clientela di riferimento di questo settore, che tradizionalmente faceva affidamento alle economie avanzate (Europa e USA, in primis).
Ora tra i principali consumatori dell’industria del lusso ci sono quei Paesi che basano la propria economia sull’export di prodotti energetici (gas e petrolio).
L’economia mondiale è un animale bizzarro e come un essere vivente è soggetto a cambiamenti, spesso radicali. In questo caso siamo di fronte ad un’evoluzione su larga scala che può rappresentare un’interessante fonte di discussione per il futuro. Torneremo a parlarne, senza dubbio.
Quale futuro per il luxury?
Il prezzo del petrolio è sotto i riflettori da diversi mesi ormai. Il recente vertice di Doha si è concluso con un nulla di fatto soprattutto a causa dell’iperattività iraniana. Il Paese mediorientale, fresco di accordi commerciali ed energetici con gli USA ha annunciato di non avere nessuna intenzione di ridurre la produzione di greggio, come invece auspicato dal resto dell’OPEC. Vedremo come proseguirà il negoziato, ma al momento è difficile prevedere l’andamento futuro dei prezzi. Probabilmente la volatilità farà da padrone sui mercati, sia per il petrolio che per i titoli azionari delle aziende del lusso.
Meglio stringere bene le nuove scarpe di Prada e allacciare le cinture di sicurezza della nostra Lamborghini.