La primavera potrebbe portare il sereno anche per l’economia italiana.
Il presidente della Bce Mario Draghi ha detto il 26 marzo 2015 in audizione alla Camera che il Quantitative Easing (QE) dovrebbe far salire il PIL italiano dell’1% entro il 2016. Gli economisti sembrano concordare sul fatto che il calo del prezzo del petrolio e il deprezzamento dell’euro contribuiranno a rilanciare l’economia del Belpaese (a parte l’economista Giorgio La Malfa, che invita alla cautela). Le imprese sono ottimiste: il PMI del manifatturiero è tornato dal febbraio 2015 sopra soglia 50, che segnala espansione dell’economia. Anche Credit Suisse è ottimista e parla di un “nuovo Rinascimento” per l’Italia. Sarà vero?
Qualche primo, timido segnale, sta arrivando. Ma la cautela è d’obbligo.
I consumi
Fanno la parte del leone tra i segnali di ripresa. Innanzitutto, la grande distribuzione, duramente colpita dalla crisi, comincia a rialzare la testa. Secondo Nielsen, nella prima settimana di marzo 2015 il fatturato della GDO (acronimo di Grande Distribuzione Organizzata) è cresciuto dello 0,78% a livello nazionale, trainato soprattutto dal Nord Ovest (+0,30%). Da segnalare anche che gli ipermercati hanno mantenuto stabile il loro giro d’affari.
Ma non sono solo i consumi di beni di largo consumo ad andare meglio. Un rapporto di Credit Suisse per gli investitori rilasciato il 25 marzo 2015 intitolato “Italia tra ripresa e riforme: un nuovo rinascimento?” segnala innanzitutto la ripresa dei consumi di un bene durevole come le automobili. Secondo la Motorizzazione, nel febbraio 2015 sono state immatricolate 134.697 autovetture: +13,21% rispetto a febbraio 2014. Nello stesso periodo, sono stati registrati 377.619 trasferimenti di proprietà di auto usate: +6,90% rispetto a febbraio 2014.
Domanda di credito dalle famiglie
Oltre ai consumi, le famiglie iniziano a prendere più soldi in prestito dalle banche per comprare casa. Secondo il Crif, società specializzata nello sviluppo di sistemi di informazioni creditizie, dopo il crollo del 41% del 2012, le richieste di mutui hanno iniziato a salire dalla fine del 2013. E’ inoltre aumentata la domanda di credito al consumo: +10% nel solo febbraio 2015.
Domanda di lavoro
Un altro ottimo segnale arriva dalle assunzioni. Sarà anche l’effetto degli sgravi contributivi per tre anni per i nuovo assunti introdotti dalla legge di Stabilità 2015, ma fatto sta che “nei primi due mesi del 2015 sono stati attivati 79mila contratti a tempo indeterminato in più rispetto ai primi due mesi del 2014”. Si tratta di un balzo del 35%, ha spiegato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, presentando i dati sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro il 26 marzo 2015. Boom in particolare per la fascia tra i 15 e 29 anni: per loro un aumento del 40%. Però… nella ripresa ci sono anche un paio di “però” da non sottovalutare.
I “però” della ripresa
I tre segnali della ripresa sono da prendere con cautela: come “una rondine non fa primavera”, così un segnale non fa la ripresa. Tant’è che, per ora, questi segnali devono ancora riflettersi sul Pil e sulla produzione industriale italiana, che rasentano ancora lo zero: guardate il grafico.
Questi dati deludenti spiegano anche perché la ripresa tardi a riflettersi dal lato dell’offerta di lavoro (il numero di persone disposte a offrire i propri servizi lavorativi): la disoccupazione in Italia supera il 12% per gli adulti ed è al 41,2% per i giovani (fonte: Istat, dati aggiornati al gennaio 2015). Per un calo consistente della disoccupazione ci vorrà tempo, dato che i primi a ricollocarsi saranno i lavoratori che hanno subìto una riduzione dell’orario di lavoro, che torneranno a essere occupati a pieno regime.
In ogni caso, anche se l’Italia in questo momento può beneficiare di un contesto economico mondiale favorevole alla ripresa, non si deve illudere di potersi affidare in eterno alla “buona sorte”. Non se vuole davvero imboccare il sentiero di una ripresa duratura e sostenibile.