Habemus bailout
Fumata bianca su Twitter del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dopo 17 ore di dura trattativa a Bruxelles:
EuroSummit has unanimously reached agreement. All ready to go for ESM programme for #Greece with serious reforms & financial support
— Donald Tusk (@eucopresident) 13 Luglio 2015
La discussione è stata dura e, come ha dichiarato il premier italiano Matteo Renzi, nella notte “ci sono state un paio di occasioni in cui siamo stati pericolosamente vicini alla Grexit”.
Di fatto, i leader europei hanno dato al primo ministro greco Alexis Tsipras una scelta piuttosto semplice: cedere su tutta la linea o andar fuori dall’euro. Viene da pensare che si tratti più di un atteggiamento da dominatore che da partner, ma lasciamo perdere. Dopo due settimane di controlli dei capitali, banche chiuse e un’economia sostanzialmente fallita, in effetti la Grecia non aveva molta scelta per aggiudicarsi 86 miliardi di aiuti per tre anni. Oggi l’Eurogruppo discute di un prestito ponte per la Grecia.
Le condizioni accettate da Tsipras in sostanza prevedono il completamento di tutte le riforme non attuate nei due precedenti bailout, inclusi tagli alla spesa, aumenti delle tasse e riforma del sistema pensionistico. È prevista l’istituzione di un fondo, basato in Grecia, nel quale trasferire 50 miliardi di euro di beni statali (circa il 27% del PIL greco) per venderli o generare cassa dalla loro gestione; i proventi verranno utilizzati per ripagare il debito, ricapitalizzare le banche ed effettuare investimenti.
A questo punto la palla passa al Parlamento greco, che dovrà approvare i provvedimenti in pochi giorni (entro il 15 luglio, per la precisione). Il tutto dovrà essere approvato entro il 19 luglio da alcuni Parlamenti nazionali europei, tra i quali gli ostici finlandesi (ma auspicabilmente dovrebbe essere una formalità). Il 20 luglio scade il debito con la BCE, quindi i tempi sono serrati e non c’è spazio per tentennamenti.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato che per la Germania è fuori discussione un haircut del debito, cioè un taglio del valore nominale, mentre una riduzione degli interessi e un’estensione delle scadenze potranno essere discusse una volta che si sarà visto qualcosa di concreto da parte della Grecia.
Quindi, ricapitolando:
- la Grecia per ora resta nell’euro, evitando così la codata violenta del tail risk che avrebbe potuto manifestarsi con una Grexit;
- Tsipras ha ceduto in modo netto;
- ha vinto la dogmatica linea dura tedesca dell’austerity, la stessa che negli ultimi sette anni ha prodotto una favolosa crescita del PIL reale del -4,4% annuo per la Grecia, del –1,4% annuo in Italia e del -0,2% annuo nell’eurozona – senza scomodare grandi modelli econometrici è evidente che non ha funzionato in passato e non funzionerà in futuro. Come ha dichiarato Juncker, si tratta di “un tipico accordo europeo”. Direi addirittura che si tratta di un accordo di scuola italiana: risolvi malamente e senza visione di lungo termine un problema immediato e ne lasci N a lievitare, che si presenteranno gonfi di pus in futuro, pronti ad esplodere. Credo sia chiaro a tutti che né il debito greco sarà ripagato in questo modo, né l’economia greca si riprenderà con la cura teutonica. Dunque i problemi torneranno, e con essi i rischi sistemici.
L’impatto sui mercati
Finora è in linea con la natura dell’accordo raggiunto: cioè modesto. Le Borse sono positive (+1,6% lo Euro Stoxx 50 al momento della redazione del post), i rendimenti e gli spread dei titoli di Stato dei Paesi Periferici sono scesi un po’ (lo spread BTP-Bund è a 122 punti base, poco lontano dalla media a 12 mesi), il cambio EUR-USD fluttua intorno a 1,10, sostanzialmente in trading range rispetto agli ultimi dieci giorni, mentre rifiatano le azioni delle banche dai bilanci zeppi di titoli di Stato.
Sia chiaro, questo accordo nell’immediato è positivo per gli attivi rischiosi ma, non risolvendo i problemi greci e dell’eurozona in modo strutturale, non spazza via i rischi sistematici.
Gianni / Luglio 13, 2015
Riforme pensioni, ritorno di Troika.
Mi sorprende che ai Geci vada bene così, dopo 1 settimana dal referendum in cui chiedevano esplicitamente il contrario. Il 15/Luglio poi è dopo domani.
Mah, forse gli ATM bloccati fanno miracoli.
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Matteo / Luglio 15, 2015
Così come non si può considerare espansiva una politica di bilancio fondata su corruzione, spese scellerate e elargizioni discriminata di privilegi, non si può parlare di politica di “austerity” l’azione riformatrice volta ad eliminare tali distorsioni economiche e sociali.
Depredando il bilancio pubblico (e provocando forti disuguaglianze economiche), i politici greci hanno provocato lo spiazzamento di investimenti produttivi del paese (pubblici e privati), minando durevolmente le possibilità future di ripresa economica. Riformando, invece, si potranno ristabilire, nel tempo, le condizioni basilari per un futuro attecchimento delle potenzialità di sviluppo .
Anche se in molti spingono per attribuire al famoso detto: “chi ha avuto, ha avuto – chi ha dato, ha dato – scordiamoci…” dignità di principio economico, in realtà si tratta di un deprecabile comportamento che viola, quanto viene frequentemente ripetuto, tutti gli altri principi economici.
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