Lo abbiamo detto e lo ribadiamo: al giorno d’oggi non è più sufficiente versare i contributi all’INPS. Non si può fare completo affidamento sulla pensione obbligatoria che vi verrà assegnata un domani. Il nostro sistema previdenziale prevede infatti che i contributi versati ogni mese dai lavoratori di oggi vadano a sostenere chi è già in pensione. Ma con la popolazione che invecchia e la vertiginosa diminuzione dei giovani in grado di versare contributi, il modello non è più sostenibile.
Affinché ognuno riesca garantirsi una certa tranquillità economica una volta cessata l’attività lavorativa, conviene correre ai ripari (e farlo alla svelta), optando per una soluzione di risparmio previdenziale. Come sceglierla? Ne esistono di diversi tipi, ognuna con i suoi pro e i suoi contro. Andiamo a vederle una ad una.
Fondi pensione “chiusi” di categoria o aziendali
Costituiscono il cosiddetto “secondo pilastro” della previdenza e sono anche noti come “fondi negoziali” in quanto sono frutto di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali di settori, aziende o categorie specifiche. Ad esempio, il fondo pensione Cometa è destinato ai lavoratori del settore metalmeccanico, mentre Fondoposte è per i dipendenti di Poste Italiane.
Sono prodotti finanziari in cui sia il datore di lavoro che il lavoratore versano mensilmente dei contributi. I dipendenti possono destinarvi il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e la contribuzione è favorita da agevolazioni fiscali. I soldi accumulati nei fondi vengono gestiti da società specializzate che li impiegano sui mercati finanziari con diverse linee d’investimento, chiamate “comparti”, più o meno rischiose (es. in azioni, obbligazioni o garantite). È il lavoratore a scegliere in quale comparto investire: una scelta cruciale (e pertanto rivedibile) per determinare il proprio reddito da anziani.
Il capitale matura nel tempo grazie ai versamenti regolari e ai rendimenti sugli stessi ottenuti dai gestori (dedotti i costi). A priori dunque, non è noto quanto sarà il capitale finale, detto anche “montante”. Al momento della pensione, il lavoratore ha due possibilità: convertire il montante in una pensione (ad integrazione di quella erogata dall’INPS) oppure riscattare non più del 50% del capitale maturato e convertire in rendita (cioè pensione mensile) il resto. Il capitale accumulato nei fondi può essere riscattato anche prima dell’età della pensione, per ragioni straordinarie, per una quota compresa tra il 75% e il 100%: ad esempio in caso di disoccupazione, l’acquisto della casa o per gravi motivi di salute. Inoltre, dopo almeno 8 anni di versamenti, per qualsiasi ragione il lavoratore può ritirare fino al 30% dei capitale maturato.
Fondi pensione aperti e PIP (Piano Individuale Pensionistico)
Si rivolgono a tutti i lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi, di qualsiasi categoria o regione (in pratica si rivolgono a chi non ha disposizione un fondo pensione chiuso) e costituiscono il c.d. “terzo pilastro“. Si dividono in fondi pensione aperti, distribuiti da banche e società finanziarie e PIP, venduti da compagnie di assicurazione.
Funzionano in modo molto simile ai fondi pensione chiusi, in quanto i contributi raccolti e destinati ad un comparto scelto dal risparmiatore vengono investiti sui mercati finanziari dai gestori con l’obiettivo di generare un montante, da convertire poi in rendita al momento del pensionamento. Anche in questo caso è possibile avere il riscatto del capitale in anticipo. Il contributo del datore di lavoro non è automatico, come per i fondi pensione chiusi, anche se i datori di lavoro possono decidere di contribuire al fondo pensione, traendone benefici fiscali.
Piani di risparmio personale
Si tratta di creare volontariamente un portafoglio d’investimento personale con l’obiettivo d’accantonare regolarmente, ad esempio mensilmente, una cifra al fine di costruire un capitale da utilizzare per quando si andrà in pensione. È una soluzione che, in vista della vecchiaia, può essere attuata con diversi prodotti finanziari come obbligazioni, ETF, fondi comuni d’investimento, azioni, i quali possono essere sottoscritti anche attraverso dei Piani d’Accumulo (PAC). Trattandosi di portafogli creati in modo del tutto autonomo non sono soggetti ad alcuna regolamentazione particolare, sicché non hanno vincoli, ma nemmeno sgravi fiscali.
I pro e i contro delle diverse soluzioni
Vediamo insieme, in un’unica tabella, i pro e i contro di ogni soluzione che abbiamo descritto.
PRO | CONTRO | |
Fondi pensione “chiusi” di categoria o aziendali |
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Fondi pensione aperti e PIP (Piano Individuale Pensionistico) |
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Piani di risparmio personale |
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In tutti i casi, attenzione ai costi
I costi sono l’unica componente certa di qualunque investimento e, su un investimento come quello previdenziale che può interessare un periodo lungo, incidono pesantemente.
Continuate a votare!
La scelta della soluzione più adatta spetta naturalmente al singolo investitore, che deciderà in base alle proprie esigenze specifiche. Intanto noi vi diamo uno spunto: è in rampa di lancio un nuovo prodotto previdenziale semplice e a basso costo, con un taglio minimo di accesso contenuto e pensato proprio per i risparmiatori che vogliono mettere da parte qualcosa, accumulando nel tempo anche solo poche centinaia di euro l’anno.
Nelle prossime settimane vi diremo di più (a partire da chi sta dietro questo nuovo prodotto): voi continuate a seguirci e intanto votate per aiutarci a scegliere il nome.
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moris626 / Aprile 20, 2016
Scusate se la domanda è stupida, ma non mi è chiara una cosa vista la mia ignoranza in materia.
Una volta entrato nella tanta agognata fase del pensionato, il capitale maturato come viene restituito? Ok che posso scegliere per il “50% adesso, e il resto a rate” o il “tutto a rate”.
Ma queste rate, come vengono calcolate?
Fino a quando verranno erogate? Se l’interessato viene a mancare poco dopo “e rimane ancora del capitala da erogare”? E se, nel caso contrario il’interessato ha la fortuna di campare cent’anni?
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